Opere compiute





Das Klagende Lied - Il Canto lamentoso

Per soprano, tenore, coro e orchestra.
I testi sono tratti da un'antica leggenda pubblicata da Ludwig Bechstein ed elaborata da Mahler stesso.




Waldmärchen La fiaba della foresta

Der Spielmann Il menestrello

Hoch zeitsstück Scena di nozze



Periodo di composizione: il testo ultimato il 18 marzo 1878; la partitura il 1° novembre 1880.
Prima esecuzione: in due parti, senza Waldmärchen, Vienna 17 febbraio 1901. Soltanto Waldmärchen, Radio Brno, 28 novembre 1934 (in cèco) e 2 dicembre 1934 (in tedesco). Le tre parti insieme: Radio Vienna, 8 aprile 1935. Le tre parti insieme in concerto pubblico: New Haven, 13 gennaio 1970, con Frank Brieff alla guida della New Haven Symphony Orchestra and Chorale.
Prima edizione: in due parti, senza Waldmärchen, Weinberger, Wien 1902. Soltanto Waldmärchen: Belvin-Mills, New York 1973.
Manoscritto: una completa partitura orchestrale dell'originale versione in tre parti, di mano di un copista, ma con varie note autografe di Mahler, è nella biblioteca dell'Università di Yale, Collezione Osborn.

Tra i tanti lavori e frammenti giovanili di Gustav Mahler, Das klagende Lied fu l'unico a sopravvivere alla sua inesorabile autocritica, l'unico che egli stimasse degno di non essere distrutto. Ancora nel 1896, in una lettera all’amico Max Marschalk, il compositore considerava questa cantata per voci soliste, coro e orchestra come il suo “opus I”. Il testo era opera dello stesso Mahler, che si era tra l'altro ispirato ad una fiaba dello scrittore romantico Ludwig Bechstein (1801-1860) ed era stato già compiuto nel marzo 1878, ancor prima che il compositore terminasse gli studi al Conservatorio di Vienna. La musica, originariamente articolata in tre Parti: Waldmärchen, Der Spielmann, Hochzeitsstück, fu ultimata nell’autunno del 1880, dopo oltre un anno di lavoro. La presentò l'anno seguente al concorso per il Premio Beethoven. Mahler non ottenne riconoscimenti. La giuria del concorso, della quale facevano parte anche Johannes Brahms e Hans Richter, non poteva non accogliere con diffidenza un lavoro come Das klagende Lied dove erano fin troppo scoperte ascendenze wagneriane. Dopo alcune revisioni, dove Mahler oltre a ritoccare l'istrumentazione e a ridurre il numero delle voci soliste eliminò anche l'intera Parte I (Waldmärchen), Das klagende Lied fu dato alle stampe nel 1899 e quindi eseguito per la prima volta a Vienna nel 1901 sotto la direzone dell'autore.
Le prime esecuzionl (radiofoniche) di Waldmärchen risalgono invece al 1934, rnentre la sua pubblicazione avvenne soltanto nel 1973. Questa Parte è incentrata sul fratricidio compiuto da un “cavaliere malvagio” per conquistare la mano d’una “regina orgogliosa”. Nel preludio orchestrale sono introdotti, secondo un modulo all’apparenza wagneriano, numerosi motivi che - legati all’evocazione di figure (i due fratelli rivali, la regina), di situazioni drammatiche, di scenari interiori o di natura - nell’impegno costruttivo dell’intera cantata si riveleranno d’importanza fondamentale. Ma queste idee musicali, fin dal loro primo apparire, sembrano immesse in un campo magnetico straniante, quasi sottoposte ad un gioco di specchi deformanti. Ciò si avverte già nelle battute introduttive del preludio: dopo il duplice segnale dei corni che emerge sul fosco rullo di timpani, risuona (in re maggiore), sempre affidato ai corni, uno dei motivi piu significativi e ricorrenti del Klagendes Lied. Questo motivo con reminiscenze di Weber, che parrebbe evocare una remota dimensione epica in uno sconfinato scenario di natura, si dispiega su un terreno tonale estraneo (triade di fa diesis minore), quasi uno sfondo di allucinazione che ne altera irrimediabilmente la potenziale, spontanea gestualità eroica. Questa cellula tematica è subito riproposta un semitono sotto (con l'urto, o meglio: dissociazione bitonale re bemolle maggiore / fa minore), perdendosi poi in un breve, lugubre inciso cromatico che finisce per disperdere ulteriormente ogni suo virtuale spunto di “positività”.
Un esempio analogo di questa ottica deformante, che segna e lacera in profondità fin dai suoi primissimi accenni ogni assunto espressivo, è offerto dal breve, lento motivo costruito sui gradi della scala minore discendente e ripetuto ogni volta su vari registri (dall'acuto al grave). Tale motivo, che ricorre più volte in Waldmärchen, come ritornello a conclusione delle prime cinque strofe, o ancora là dove si staglia l’immagine del cavaliere pronto a compiere il fralricidio - “Der Alte lacht...” (Il più anziano ride...) - e nel verso finale, ed è poi riproposto nelle altre due Parti - ad esempio alla fine della cantata, sulle parole “Ach Leide!” (Ah, sventura!) intonate dal soprano solista -, ha un indubbio colore “arcaicizzante”, al pari di altri elementi strutturalmente significativi della Parte I. Pensiamo soprattutto all'adozione, nelle prime tre strofe e nell’ultima, di un severo declamato sillabico per gli interventi del coro, musicalmente ispirati ad austeri corali e drammaturgicamente orientati, per la loro funzione di commento, ai modelli dell’antichità classica. Ma al di là di questa cifra “arcaicizzante”, che sembra collocare la vicenda in uno spazio epico primigenio e al tempo stesso sottolinea più che larvatamente le ragioni ancestrali adombrate nella tematica del fratricidio, tale formula melodica, di fissità esasperante, finisce per assumere valenze traumatiche. Ciò si può cogliere soprattutto là dove risuona in corrispondenza di immagini "positive", come il "corpo leggiadro" della regina (I strofa) o il "fiore" (IV strofa); o dove irrompe, in un misterioso pianissimo e nella tonalità inattesa di fa minore, sulla parola “Ruhe” (riposo), dopo che la V strofa sembrava voler concludersi in un fiducioso do maggiore; infine nell’epilogo di questa Parte I, alla parola “Weide” (salice), dove il motivo, condotto lentamente dai tenori e bassi del coro e dagli strumenti del registro grave, dispiega tutta la sua sinistra potenzialità.
E questa atmosfera sinistra della conclusione graverà sull’intera parte seguente, Der Spielmann, dove le dolorose, incessanti interiezioni sulle parole “O Leide! Weh!” (Oh sventura! Ahimè!) assumono funzione emblematica. Ma rispetto all’ambientazione a tratti “operistica” di Waldmärchen, lo scenario che qui si offre è radicalmente mutato. Già nell’introduzione orchestrale si apre infatti un paesaggio solitario segnato dalla desolazione: spezzoni motivici impigliati in scarne orditure contrappuntistiche, improvvise esplosioni dinamiche, cellule ritmiche ripetitive, minacciosi interventi degli ottoni sulle note del Dies irae. Il protagonista di questa Parte II, il menestrello, è evocato in un tema di sapore popolaresco, ma che già all’origine sembra privato di ogni espansione e carica vitale. La breve sezione che segue pare suggerire il vagare del menestrello nel bosco, e i moduli linguistici ivi adottati (configurazione di motivi, condotta di strumenti, equilibri nella scrittura orcheslrale) rimandano inevitabilmente al wagneriano “Mormorio della foresta”, inteso quale spunto tecnico: questo di Mahler è infatti uno scenario privo di suggestioni e di seduzioni.
E qui s’innesta il canto sommesso del contralto, che tra i solisti avrà un ruolo predominante in questa Parte II. Fissità di figure d’accompagnamento, uniformità di disegni ritmici, staticità di linee melodiche conferiscono alle prime strofe un andamento greve, con un’ulteriore accentuazione della tetra tonalità dell'introduzione orchestrale. Nelle ultime due strofe, incentrate sul lamento dell’ucciso e del menestrello girovago, il linguaggio si fa più mosso, l'inventiva motivica e la qualità ritmica sembrano spezzare in parte le maglie di staticità e uniformità delle strofe precedenti, anche in concomitanza con la ripresa di spunti tematici tratti da Waldmärchen. E questo passaggio ad una cifra emotiva più intensa, fino alla culminazione esacerbata alla parola “Weh!” gridata ripetutamente dal coro nell'ultima strofa, rende ancor più lacerante quella morsa di angosciosa solitudine che stringe l’intero brano.
Nella Parte III, Hochzeitsstück, è evocata la festa nuziale con la duplice rivelazione del fratricidio, da parte del menestrello e poi dello stesso cavaliere (ora divenuto re) nel momento in cui accostano alle labbra il flauto-osso per suonarlo. La ripresa di figure, scene, situazioni delle Parti precedenti si riflette puntualmente nella struttura musicale. Il quadro epico che si affaccia nell’introduzione orchestrale e nella I strofa è definito dal frenetico accavallarsi di frammenti motivici e ritmici (di marca Wagneriana) e da un’abbagliante crudezza di colori orchestrali. Nella II strofa questa dimensione, scaduta sempre più a cornice o addiritlura a fondale esteriore, è espressa piuttosto dall’orchestra posta in lontananza (Fernorchester), mentre nella grande orchestra e nelle voci sono registrati gli sviluppi più profondi, “interiori” della vicenda drammatica. Nell'impiego di quest'orchestra lontana, oltre all’intento di dare una chiara organizzazione spaziale alla costruzione sonora, viene dunque a riflettersi emblematicamente l'antitesi di ambiti espressivi eterogenei.
Il precipitare del dramma nelle strofe successive è accompagnato dalla riproposizione di momenti e sezioni cruciali delle Parti I e II. La musica che in Waldmärchen aveva modellato le parole “Der Junge lächelt wie im Traum” (Il più giovane sorride come in sogno), nel momento in cui si compiva il fratricidio, è ora ripresa a partire dal verso “Was ist der König so stumm und bleich?” (Perché è così taciturno e pallido il re?) - è dunque la musica a dare risposta a quest'interrogativo! E quindi alla ripetuta, sempre più inquieta domanda "Was ist der König...?", il materiale motivico e timbrico è dedotto dalla Parte II, per di più inframmezzato dalle interiezioni che l'avevano suggellata. Il mondo angoscioso dello Spielmann incombe ora sulla scena e con assoluta organicità si inserisce a questo punto la riproposizione quasi letterale del lamento dell'"osso cantante" ("Ach Spielmann...").
Nel momento culminante del dramma, alla veste timbrica più tagliente della musica nuziale e alla più concitata partecipazione del coro fa riscontro la linea tortuosa del soprano, segnata da cromatismi e balzi di registro, che dà voce al rinnovato lamento dell’ucciso, divenuto ora atto di “accusa” contro il fraticida (il termine klagen ha anche una sfumatura semantica in tal senso). E sotto il segno d’uno stravolgimento quasi espressionistico è condotto anche l'ultimo, tragico intervento del coro. La cantata si chiude su uno scenario di devastazione: in un’esangue scrittura contrappuntistica, all’ultimo barlume del motivo epico dei corni - accennato dal tenore sulla domanda senza più risposta “Was ist es wohl mit dem Hochzeitsmahl?!” (Che ne è del banchetto nuziale?!) - segue angosciosa e solenne l’esclamazione del soprano “Ach Leide!” sullo sfondo delle sinistre note della scala discendente.
Alla luce della fitta rete di rispondenze e correlazioni strutturali tra le tre Parti del Klagendes Lied, risultano difficilmente individuabili le ragioni per cui Mahler volle eliminate Waldmärchen dal corpus della cantata. Le argomentazioni plausibili sono di vario genere, e di Waldmärchen coinvolgono anche caratteristiche stilistico-formali: una certa diluizione di linguaggio e ampiezza di dimensioni rispetto alle altre Parti. Ma una piena comprensione del Klagendes Lied non potrà mai prescindere dalla sua Parte iniziale, e solo nell’articolazione ternaria originaria si potrà cogliere in tutta la sua complessità di concezione e originalità di linguaggio la prima grande prova del genio creativo di Mahler.




testo di Gabriele Cervone - © 1992