Igor' Fëdorovič Stravinskij (17 giugno 1882 - 6 aprile 1971)





La singolarissima vicenda stilistica stravinskiana muove da pagine ispirate ai miti dell'antica Russia, ricche di contrasti violenti, di acidi impasti timbrici, di primitiva forza ritmica, pagine radicate profondamente nella cultura musicale del suo paese, memori dell'abilissimo colore orchestrale rimskiano. L'Uccello di fuoco, Petruska, la Sagra della primavera, le Nozze, cioè le principali opere di Stravinsky composte nel secondo decennio del '900, si sostanziano letteralmente del canto popolare russo ritualizzato, e discnedono direttamente dal culto primitivistico e pagano di Rimski-Korsakov, quale si ritrova a partire da Notte di Maggio. Dopo aver scritto le indimenticabili pagine ora citate, Stravinsky, trasferitosi in Occidente, prima in Svizzera e poi a Parigi e da ultimo negli Stati Uniti, persegue con tenacia il recupero delle forme classiche europee, dei vincoli formali precostituiti. Basti pensare a Pulcinella, costruito interamente su temi di Pergolesi, all'Edipo re, per prendere consapevolezza del "salto" in senso formalista e oggettivista, così lontano (ma forse, come si vedrà, solo in apparenza) dalla violenza fauve delle prime opere. Come scrive Mila, "La parodia diventa la categoria fondamentale dell'arte di Stravinsky, non necessariamente intesa nel senso di caricatura burlesca, bensì di traverstimento: traverstimento a scopo di appropriazione, secondo una pratica ch'era stata ben nota alla musica religiosa del Medioevo, del Rinascimento, della Riforma e della Controriforma.” Diagnosi esattissima, ma sarà bene notare poi subito come la pratica del travestimento venga assunta da Stravinsky con intenti molto diversi da quelli che caratterizzano la prassi antica. Se infatti la musica medioevale può veramente considerarsi come una variazione continua su temi di pubblico dominio, e la parodia una normalisslma operazione compositiva estranea ad ogni intento restaurativo, per il compositore russo l’adozione di atteggiamenti e di materiali della musica classica, di forme del passato, vale come polemica conservatrice contro la critica alle istituzioni e la polverizzazione degli istituti formali in seno alla musica purtate avanti dagli espressionisti. Perciò la definizione di Parodia stravinskiana data da Mila come “non necessariamente intesa nel senso di caricatura burlesca” può essere ritoccata e porta più in là: il travestimento stravinskiano non è mai parodistico nel senso più usuale del termlne, qualora si ritenga la parodia una categoria realistica, Vien fatto dl pensare che il rifiuto dell'eredità romantica, delle responsabilità dlrette che ci legano sempre dialetticamente alle esperienze precedenti, delle corrosioni cromatiche in funzione di sempre più acuto spasimo espressivo, debba approdare ai lidi del neoclassicismo, Forse proprio qui si coglie il motivo di continuità tra il periodo fauve di Stravinsky e quello neoclassico dello stesso autore, al di là degli esteriori sintomi di un presunto eclettismo. Infatti già le opere ispirate ai miti preistorici, al "primitivismo” leggendario russo affidavano non poco del loro fascino e della loro singolarità al ritmo, all'ossessiva ripetizione di poche formule ritmiche, giocate però con estrema abilità e con vivo senso dell’asimmetria, con continui spostamenti di accenti, mentre relativamente in ombra era l'aspetto rnelodico, caratterizzatissimo negli incisi ma fondato anch`esso, conformemente alla struttura portante rappresentata dal metro accentuativo, sul principio della ripezizione. ll primitivismo dello Stravinsky “russo” già porta in sé, dunque, i germi della reazione al rettilineo processo di dissoluzione del linguaggio tonale, una fuga dalla civiltà contemporanea in nome di miti pietriflcati e richiamati in vita fittiziamente, per esorcizzare l'amara constatazione del fallimento umanistico borghese. “Questo dell’ottimismo a tutti i costl, della fiducia preconcetta, e momento centrale del discorso su Stravinsky d’ora in avanti. lnveste l'originalità della sua posizione artistica, la rivela nella sua essenza esistenziale,” scrive Luigi Pesralozza e certamente la coscienza di un processo ritenuto irreversibile, di una crisi di fronte alla quale non esiste possibile alternativa se non quella dell'esautoramento dello psicologismo e della conservazione delle forme ormai svuotate d’ogni ragione ontologica, formano il fascino sottile e irripetibile dello Stravinsky neoclassico, tanto superiore, per l'intrinseco pessirnismo, alle nurnerose copie. Nelle ultime opere Stravinsky, che per decenni aveva osteggiato l'espressionismo viennese e il prodotto tecnico della scuola di Vienna, cioè la dodecafonia, ha nuovamente colto in contropiede critici ed esegeti troppo frettolosi o imprudenti, accettando il principio della strutturazione seriale e proclamando la propria ammirazione per Anton Webern, artefice di "gemme preziose.” Di nuovo però Stravinsky si aggrappa alle forme più che ai contenuti, e appunto per questo accetta i frutti dell’atonalismo solo quando essi, con il lirismo astratto e neo-platonico di Webern, hanno perso l'incandescenza emotiva d’origine romantica, la trafittiva carica critica, conhgurandosi (o potendosi configurare) in un sidereo universo di suoni distillati. Come un tempo Stravinsky aveva posto a materia del suo amaro gioco schemi e moduli del passato remoto e prossimo (da Pergolesi a Ciaikovski) così egli può negli ultimi lustri sostituire ad essi rnoduli recentissirni, appartenenti nientemeno che all’altra sponda, accettati come reperti ormai “storici.” Perciò “l’intenzione restaurativa di Stravinsky non verrà meno nonostante l'apparenza di un sorprendente rinnovamento linguistico, e proprio anche perché l'arte per l’arte stravinskiana coglierà in quel rinnovamento il supremo carattere e il supremo significato rituale che nel periodo così detto nazionale l’aveva sostanziata di magici simbolismi, e che nel periodo così detto neoclassico l’avrebbe destinata alla mistificazione sistematica" (Pestalozza). Dunque l‘eclettismo genialissimo all’insegna del quale la critica per molti decenni ha etichettato Stravinsky, va riconsiderato, inquadrato in una prospettiva critica nuova, più consapevole della problematica destorificazione degli istituti formali a scopo di angosciosa fuga dai concreti nodi terreni ed esistenziali, destorificazione perseguita con reale coerenza. L'ordine tecnico costituito é il filo rosso che unisce ogni possibile esperienza artistica stravinskiana, ogni approccio con stilemi desunti dall'intero arco della storia musicale. Ad un impegno d'ordine e di volontaristica fede risponde, nella musica di Stravinsky, anche la religiosità cattolica.

Armando Gentilucci
 ("Guida all'ascolto della musica contemporanea", Feltrinelli, seconda edizione, 1973)