BKL Recording - 2 CDs - (p) 2001
Giuseppe VERDI (1813-1901)






Messa di Requiem
85' 41"
per soli, coro e orchestra


Compact Disc 1
47' 08"
- 1. Requiem - Kyrie 8' 59"

- 2. Dies irae 2' 35"

- 3. Tuba mirum 3' 17"

- 4. Liber scriptus 5' 02"

- 5. Quid sum miser 3' 55"

- 6. Rex tremendae 3' 39"

- 7. Recordare 4' 05"

- 8. Ingemisco 3' 47"

- 9. Confutatis 5' 18"

- 10. Lacrymosa 6' 26"

Compact Disc 2
38' 33"
- 1. Offertorio 10' 20"

- 2. Sanctus 2' 39"

- 3. Agnus Dei 5' 37"

- 4. Lux aeterna 6' 11"

- 5. Libera me 13' 35"





 
Daniela DESSÌ, Sopran CHOR DER SÄCHSISCHEN STAATSOPER DRESDEN
Elisabetta FIORILLO, Mezzosopran SINFONIECHOR DRESDEN
Johan BOTHA, Tenor Matthias Brauer, Chorus master
Roberto SCANDIUZZI, Bass SÄCHSISCHEN STAATSKAPELLE DRESDEN

Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
Semperoper, Dresden (Germania) - 13/14 febbraio 2001

Registrazione: live / studio
live recording


Executive Producer
Giuseppe Sinopoli, Eberhard Steindorf

Recording Producer
Klaus Hiemann

Tonmeister

Klaus Hiemann

Recording Engineers
Jürgen Bulgrin, Wolf-Dieter Karwatky


Prima Edizione LP
-

Prima Edizione CD
BKL Recording | (senza sigla) | 2 CDs - 47' 08" & 38' 33" | (p) 2001 | DDD

Note
-















L'idea della ricostruzione della Frauenkirche di Dresda ha raggiunto, tra gli anni 1989 e 2001, oltre 600.000 donatori da tutto il mondo, e non solo come mecenati, ma anche come amici. Giuseppe Sinopoli e la Sächsische Staatskapelle Dresden vanno contati tra i mecenati eminenti e fedeli.
Alla sorte particolare della Frauenkirche tra distruzione e ricostruzione Giuseppe Sinopoli dedicò nel 2001, insieme ai solisti Daniela Dessì, Elisabetta Fiorillo, Johan Botha e Roberto Scandiuzzi, oltre al coro della Sächsische Staatskapelle Dresden ed il coro sinfonico Sinfoniechor Dresden e.V. e infine alla Sächisische Staatskapelle, la registrazione dei concerti tradizionali in memoria dell'inferno che Dresda visse nel febbraio del 1945. È per me un vero bisogno ringraziare tutti i partecipanti per aver contribuito con grande impegno e altruismo all'iniziativa di Giuseppe Sinopoli.
Per i concerti del 13 e del 14 febbraio 2001 non a caso Giuseppe Sinopoli aveva scelto l'opera del suo connazionale Giuseppe Verdi, la Messa di Requiem che molto gli stava a cuore. La sua morte improvvisa, avvenuta il 20 aprile 2001, fa di quei concerti, destinati a essere una pietra in più per la ricostruzione della Frauenkirche, anche l'ultima registrazione del grande direttore, e in un certo senso il suo testamento. In tale modo quell'uomo unico e particolare che fu Giuseppe Sinopoli rimane vivo non solo nella sua interpretazione della partitura del Requiem di Verdi, ma anche nella ricostruzione della Frauenkirche di Dresda.
Ludwig Güttler
Direttore artistico dei concerti per la ricostruzione

Il Requiem per il 13 febbraio a Dresda
Fu nell'anno 1951 che Rudolf Kempe - nativo di Dresda e allora direttore generale di Staatsoper e Staatskapelle - per la prima voltà fissò la data di un concerto sinfonico sul 13 febbraio, per conservare con il Requiem di Giuseppe Verdi la memoria della distruzione tremenda della città e delle decine di migliaia di vittime di quella notte terrificante, tre mesi prima della fine della seconda guerra mondiale. "Chi non sa più piangere, lo imparerà di nuovo guardando la fine di Dresda."
Così disse con profonda commozione nel 1945 il vecchio poeta Gerhart Hauptmann sotto l'impressione immediata di quell'evento sia crudele che inutile. Anche sei anni dopo, nel 1951, i sopravissuti conservavano la memoria fresca del terrore di quei bombardamenti; sembravano inguaribili le ferite fisiche e psichiche, le montagne di macerie segnavano tuttora l'aspetto del centro della vittà. Da allora quindi, ogni anno la Sächsische  Staatskapelle interpreta per il giorno della commemorazione un'opera musicale in sintonia con l'evento.
Risuonarono le composizioni da Requiem di Mozart, Brahms, Berlioz, Dvořák, Verdi, Britten oppure Zelenka; la "Missa solemnis" di Beethoven, le "Esequie musicali" di Schütz o la seconda sinfonia di Mahler, cioè opere musicali che riunirono esecutori e ascoltatori nella meditazione e nel silenzio, recando commozione, esortazione, conforto e incoraggiamento. Questi concerti del 13 e 14 febbraio hanno un significato specifico per Dresda, ma nello stesso tempo essi avranno sempre un aspetto attuale e universale, finché esisteranno al mondo la paura e la minaccia, il terrore e la guerra.
Hiroshima e Dresda sono certamente quelle città che più si sono dedicate alla commemorazione dei giorni più dolorosi nella propria storia con intensità continua e mai diminuita. Ciò resterà così anche nel futuro.
La Frauenkirche di Dresda, distrutta nel 1945, per decenni è rimasta un simbolo dell'annichilimento e della morte. Da quando sono state accese alle sue mura in rovina quelle candele che hanno illuminato la strada verso un cambio pacifico nell'est della Germania, essa è diventata davanti a tutto il mondo un simbolo di pace e riconciliazione, e questo vale tanto di più per la fase della sua ricostruzione.
Seguendo un suggerimento del direttore Giuseppe Sinopoli, i concerti del Requiem di Giuseppe Verdi dei giorni 13 e 14 febbraio 2001 alla Semperoper sono stati registrati per la presente produzione Cd con l'obiettivo di far pervenire il ricavato esclusivamente alla ricostruzione della Frauenkirche di Dresda. Solisti, cori e orchestra si sono spontaneamente dichiarati disposti di collaborare in modo disinteressato alla realizzazione di questa idea, che ha approfittato anche del generoso supporto da parte della Dresdner Bank.

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La prima esecuzione pubblica del suo Requiem Verdi lo diresse il 22 maggio 1874 nella chiesa di San Marco di Milano in occasione della prima ricorrenza del giorno di morte del romanziere italiano, poeta nazionale e cantatore della libertà Alessandro Manzoni (1875-1873). Alla memoria di questa figura significativa, molto amata e venerata dal popolo, che Verdi conobbe personalmente nel 1868, il compositore dedicò il suo requiem.
La storia dell'opera risale però a un periodo di alcuni anni prima: già nel 1868 Verdi compose il "Libera me" come contributo a un requiem per Rossini al quale, secondo la proposta di Verdi, avrebbero dovuto collaborare tutti i migliori compositori d'Italia. Ma questo piano fallì e Verdi ne risentì una così forte delusione che ancora nel 1871, quando se ne parlò, rispose irritato che, visto che di requiem ce n'erano tanti, non serviva aggiungervene uno nuovo.
Ora, data l'occasione concreta, Verdi portò a termine la composizione nel mese di dicembre 1873, integrandovi il brano già esistente. Sotto la sua direzione offrì la prima rappresentazione pubblica al sindaco e al magistrato di Milano, la città dove Manzoni era stato seppellito.
Solo pochi giorni dopo che la messa risuonasse per la prima volta nella più famosa e più nobile chiesa di Milano, Verdi la portò alla Scala, dove il pubblico potè ringraziare il compositore con ovazioni frenetiche. Così Verdi realizzò anche nella prassi della rappresentazione quel passo già delineato nella stessa composizione: il suo requiem non è adatto all'uso liturgico. Per il suo volume, le esigenze musicali ed il carattere, esso oltrepassa l'ambito della messa ed è pensato per un grande pubblico in una sala di concerto.
Ma ricordiamo: un compositore dalla statura di Giuseppe Vrdi non si sarebbe impegnato in modo tale per un testo come quello del requiem - indipendentemente dall'occasione e dal luogo del'esecuzione - se non avesse sentito dentro di sè il bisogno, l'urgenza di dire la sua parola.
Verdì considerò il cristianesimo il fondamento del suo modo di vedere la vita. Egli certamente non fu religioso nel senso dogmatico, né diede importanza agli insegnamenti della chiesa, né mai rivelò tendenze bigotte o ascetiche (e non di rado la moglie Giuseppina glielo rimproverò!). agire per lui fu sempre più importante delle professioni di fede. Ma nelle sue composizioni d'opera, qualche scena di preghiera nella sua intensità rivela forse più che non il senso del compositore per un'azione teatrale e drammatica.In questo riguardo vale la pena dare un'occhiata all'opera tarda di Verdi: non fu con la fuga finale del Falstaff "Tutto il mondo è burla" che egli terminò la sua opera, ma con i "Quattro pezzi sacri" che all'inizio non furono destinati all'esecuzione pubblica, ma a essere un riassunto molto personale della vita e del lavoto del compositore. Le ultime parole che Verdi mise in musica nel 1895 nello "Stabat Mater" furono: "Quando corpus morietur, fac ut animae donetur paradisi Gloria. amen." ("Quando il corpo morità, concedi all'anima la gloria del paradiso. Amen.")
Visto che Verdi si sentì colpito personalmente dalle parole del testo della messa, egli si rivolse al pubblico con la stessa immediatezza. Tutta l'ampiezza e la profondità dei sentimenti umani - dolore, lamento, tristezza, paura, coraggio, forza, nostalgia, gioia, speranza, conforto - Verdi la seppe riprendere con i mezzi della sua arte. Non a caso sono i solisti - le singole voci umane - a dominare l'insieme del suono attraverso una gran parte dell'opera.
Il coro e l'orchestra però, con le loro vaste possibilità di espressione caratterizzano egualmente l'espressione e la rendono grande, drammatica, stimolante, introvertita. Il grande drammaturgo che fu Verdi mirò a mettere il testo in musica in modo molto indipendente e con un fortissimo effetto molto interiorizzato. Ma nello stesso tempo egli si inserì nella grande tradizione della musica sacra italiana. Non mancano né la grande arte polifonica, né le reminiscenze del canto gregoriano e del salmi.
Sono però ugualmente presenti l'espressività melodica e drammatica del maestro Verdi, del compositore d'opera, la sua armonica raffinata, caratteristica, un suono vivo, "parlante", colorato, una dinamica differenziata, gradata, una ritmica dagli impulsi decisivi.

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A proposito della presente registrazione
Il presente CD è l'ultimo risultato della collaborazione fruttuosa con il mio amico Giuseppe Sinopoli, che è durata oltre un quarto di un secolo. Giuseppe e io avevamo deciso di mettere il concerto del 13 febbraio 2001 a base di questa registrazione dalla Semperoper. Quel concerto in un giorno di così grande valore simbolico per Dresda proietta sul Requiem di Verdi in modo quasi sinistro gli eventi nefasti, che Dresda visse, allora: il suono che nasce dal nulla, i colpi tremendi e sempre ripetuti del "Dies irae" e il lento fermarsi dei tempi finali del "Libera me" sui due accordi finali come punti interrogativi silenziosi, ma acuti.
Klaus Hiemann