DG - 1 CD - 453 437-2 - (p) 1997

Gustav MAHLER (1860-1911)






Das Lied von der Erde
63' 52"
Symphonie für eine Alt- und eine Tenorstimme und großes Orchester


- 1. Das Trinklied vom Jammer der Erde (Allegro pesante)
8' 43"

- 2. Der Einsame im Herbst (Etwas schleichend Ermüdet) 9' 48"

- 3. Von der Jugend (Behaglich heiter) 3' 17"

- 4. Von der Schönheit (Comodo. Dolcissimo) 6' 53"

- 5. Der Trunkene im Frühling (Allegro) 4' 45"

- 6. Der Abschied (Schwer) 30' 26"





 
Iris VERMILLION, contralto (Alt) STAATSKAPELLE DRESDEN
Keith LEWIS, tenor Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
Lukaskirche, Dresden (Germania) - gennaio 1996

Registrazione: live / studio
studio


Executive Producers
John Fischer, Ewald Markl

Recording Producer
Werner Mayer

Tonmeister (Balance Engineer)
Klaus Hiemann

Recording Engineer
Oliver Rogalla

Editing
Mark Buecker

Prima Edizione LP
-

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 453 437-2 | LC 0173 | 1 CD - 63' 52" | (p) 1997 | 4D DDD

Note
-















"OSCURA È LA VITA, È LA MORTE" - MAHLER E "IL CANTO DELLA TERRA"
Dopo l’Ottava Sinfonia (1906/07), l`utopistica e visionaria evocazione di un eros onnipossente, Das Lied von der Erde (Il canto della terra) si configura antiteticamente come opera emblematica della solitudine devastante intrinseca alla condizione umana. La sua genesi si fa risalire all’estate del 1907, un periodo cruciale nella vita di Gustav Mahler: qualche settimana dopo le sue dimissioni dall’Opera di Vienna gli moriva la figlia primogenita e gli era diagnosticata una grave disfunzione cardiaca. Nella solitudine di un villaggio tirolese la lettura di un volumetto di antiche liriche cinesi, nelle quali la celebrazione della natura e delle gioie effimere della vita è adombrata e filtrata in un linguaggio improntato a radicale pessimismo, maturò in lui l’ispirazione del Lied von dee Erde, un ciclo sinfonico di sei lieder. Il lavoro fu compiuto nell'estate seguente e l'orchestrazione nel 1909. La prima eseeuzione, postuma, ebbe luogo a Monaco il 20 novembre 1911l sotto la direzione di Bruno Walter.
Che Mahler intendesse qui trascendere una cornice liederistica e attingere ad una espansa scrittura sinfonica è rivelato chiaramente dal sottotitolo dell`opera: "Sinfonia per tenore, contralto (o baritone) e orchestra". Significativi in tal senso sono anche l'impianto sonatistico del primo e dell`ultimo lied, gli ampi interludi strumentali, le correlazioni motivico-tematiche tra i singoli lieder, la gravitazione verso il movimento finale che è tipica del sinfonismo mahleriano, e ancora la disposizione ciclica dei sei lieder, con due movimenti estremi sonatistici, un movimento moderato (il lied n. 2) e tre Intermezzi (i nn. 3-5) con virtuale funzione di scherzo tripartito.
Nel primo lied, Das Trinklied vom Jammer der Erde, all’apparente forma strofiea è sotteso un libero impianto sonatistico, con doppia esposizione (strofe l e 2), sviluppo (strofa 3, vv. l -2) e ripresa. Né manca il canonico dualismo tematico: esaltata ed esuberante la prima idea, più meditativa la seconda (alle parole “Wenn der Kummer naht”). Il tema della nullità e caducità dell’uomo assume qui toni di tragico demonismo, suggellato dal cupo refrain “Dunkel ist das Leben, ist der Tod” (“Oscura è la vita, è la morte).
Nel secondo lied, Der Einsame im Herbst, è adombrato il desolato paesaggio di un essere solitario, soltanto desideroso dell'ultima pace, dell’ultima dimora. L'orchestrazione è parca, quasi cameristica, ispirata a un principio di polifonia lineare radicale dove la voce e gli strumentini solisti si stagliano a più riprese sullo sfondo ossessivamentc monotono dei violini, emblematico dell’indifferenza in cui si compie l’amaro destino umano.
Von der Jugend sembra evocare come in una miniatura un’utopia di socievolezza. Ma la fragile patina incantata è solo uno schermo dei contenuti più veri, già smascherati dal tono meccanico di filastrocca e quindi dal passaggio al modo minore nella quinta strofa, là dove l’immagine del padiglione di porcellana appare “bizzarramente riflessa” e sottoposta ad un gioco di specchi deformanti. Come negli altri lieder del Canto della terra, il materiale esotico (spunti pentatonici, soluzioni timbriche caratteristiche), lontano dall’originare un seducente tono fiabesco, tipico di tante “cineserie” di quell’epoca, crea piuttosto un effetto di straniamento. L'esotismo del ciclo mahleriano discopre così ragioni ben più profonde e oscure: non gratificante e suggestivo colorito atmosferico, ma modulo inquietante per sottolineare una dimensione deformata, una visione onirica segnata da intime lacerazioni e dissociazioni. E in questa prospettiva di distorsione straniante il mito della giovinezza, come il Dorian Gray di Oscar Wilde, svela la sua più autentica e vera essenza di larva ingannevole.
Analoga è la poetica in Von der schönheit: all’immagine floreale delle belle fanciulle (già incrinata dalla fissità di moduli pentatonici e da stranianti effetti esotici) segue una sezione intermedia incentrata sui “bei giovani... a cavallo di animosi destrieri”. Il linguaggio musicale realistico, definito da una dura condotta lineare e taglienti urti timbrici, crea una temperie di crudi colori che rimanda a significati ideali ben più profondi: sembra il violento insorgere di una crisi nevrotica, al cui impatto il mito della bellezza, uno dei “fradici gingilli di questa terra” (come recitava il lied iniziale), non può che crollare e dissolversi. Così la ripresa conclusiva del lied, là dove appare la più bella delle fanciulle, non può che ripiegare dolorosamente nella struggente amarezza per un miraggio svanito.
Una variazione tragicamente umoristica del tema della nullità di ogni cosa è offerta dal quinto lied, Der Trunkene im Frühling, un alienante brindisi all’infelicità. Consapevole della caducità della vita e del valore effimero d’ogni sua gioia, all’uomo non resta che ottenebrare la propria coscienza nei fumi del vino. Il richiamo della natura (qui è l’uceello che annuncia la primavera) non può rompere l’allucinante incantesimo di ebbra eccitazione di cui la musica, nel sue stravolgimento quasi espressionistico, nella sua artefatta esaltazione (l’ebbro sa cantare solo in modo maggiore!), rivela tutta la menzogna.
Nucleo ideale dell’intero Lied von der Erde, Der Abschied è una delle pagine piu sconvolgenti di tutta la letteratura musicale. Sia la prima che la seconda parte (su liriche di autori differenti) si avviano come una cupa marcia funebre, segnata dagli inesorabili colpi del tam-tam (e suggellata nella seconda parte dalle sorde sonorità di corni e tromboni), per aprirsi nel sccondo tenia (“Der Bach singt” nella I parte, “Ich wandle nach der Heimat!” nella II) e nel terzo tenia (Ich sehne mich” nella I parte, “Die liebe Erde” nella II) a squarci lirici, a un melos “infinito” e irrisolto in cui sembra realizzarsi un surreale equilibrio di algida linearità e scavo emotivo, mentre il tessuto orchestrale, spesso ridotto a uno scarno aggregato, sembra evocare abissi esistenziali. Gli strumenti, atomizzati e dispersi in solitudini agghiaccianti, si frantumano ncll’epilogo in sonorità sempre più dissociate, tra le spente interiezioni del contralto “ewig... ewig...”. E in questo quadro di sgomenta solitudine, dove l’unica istanza di liberazione è la dissoluzione nell’eterno ciclo della natura, ma priva del conforto di una fideistica visione panteistica, si consuma infine anche il commiato dalla sensibilità romantica, da tutta un’epoca storica.
Gabriele Cervone