DG - 2 CDs - 453 429-2 - (p) 1997

Richard STRAUSS (1864-1949)






Elektra
103' 10"
Tragödie in einem Aufzug (Libretto: Hugo von Hofmannstahl)






Compact Disc 1
51' 35"
- 1. "Wo bleibt Elektra?" (Fünf Mägde, Aufseherin) 6' 08"

- 2. "Allein! Weh, ganz allein" (Elektra) 9' 30"


- 3. "Ah! das Gesicht!" (Elektra, Chrysothemis) 10' 11"

- 4. "Was willst du? Seht doch, dort!" (Klytämnestra, Elektra, Die Vertraute, Die Schleppträgerin) 10' 44"


- 5. "Ich habe keine guten Nächte" (Klytämnestra, Elektra) 15' 02"

Compact Disc 2
51' 35"
- 1. "Orest! Orest ist tot!" (Chrysothemis, Elektra, Junger Diener, Alter Diener) 11' 21"

- 2. "Nun denn, allein!" (Elektra, Orest) 11' 35"

- 3. "Orest! Orest! Es rührt sich niemand!" (Elektra, Orest, Der Pfleger, Klytämnestra) 12' 33"

- 4. "Es muß etwas geschehen sein" (Chrysothemis, Vier Mägde, Dienerinnen, Aegisth, Elektra, Chor) 6' 17"

- 5. "Elektra! Schwester! komm' mit uns" (Chrysothemis, Chor, Elektra) 9' 49"





 
Hanna SCHWARZ, KLYYTÄMNESTRA KONZERTVEREINIGUNG WIENER STAATSOPERNCHOR
Alessandra MARC, ELEKTRA Dietrich Gerpheide, Chorus Master
Deborah VOIGT, CHRYSOTHEMIS WIENER PHILHARMONIKER
Siegfried JERUSALEM, AEGISTH Giuseppe SINOPOLI
Samuel RAMEY, OREST Musical assistance: Johannes Wulff-Woesten
Goran SIMIC, DER PFLEGER DES PREST, Il tutore

Christiane HOSSFELD, DIE VERTRAUTE, La confidente

Karin WIESER, DIE SCHLEPPTRÄGERIN, La caudataria

Michael HOWARD, EIN JUNGER DIENER, Un giovane servo

Walter ZEH, EIN ALTER DIENER, Un vecchio servo

Helga TERMER, DIE AUFSEHERIN, La sovrintendente

FÜNF MÄGDE, Cinque ancelle

Annette Jahns, Gabriele Sima, Elisabeth Wilke, Anne Schwanewilms, Katerina Beranova
Dienerinnen, Serve

Maria Bierbaumer, Renate Gutsch, Gertrude Lemberg, Elisabeth Kudrna-Schrei, Ingrid Sieghart, Karin Wieser, Hyon-Sook Back, Johanna Graupe, Marina Parzer
 






Luogo e data di registrazione
Grosser Saal, Musikverein, Wien (Austria) - settembre 1995

Registrazione: live / studio
studio


Executive Producers
John Fisher, Ewald Markl

Recording Producer
Werner Mayer

Tonmeister (Balance Engineer)
Klaus Hiemann

Recording Engineers
Hans-Rudolf Müller, Jürgen Bulgrin

Editing
Jürgen Bulgrin, Reinhard Langemann

Prima Edizione LP
-

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 453 429-2 | LC 0173 | 2 CDs - 51' 35" & 51' 35" | (p) 1997 | 4D DDD

Note
-















L'HYBRIS EROICA DELL'"ELEKTRA" DI STRAUSS
Ladislao Mittner nella sua Letteratura Tedesca ha scritto: “Nell’Elektra di Hofmannsthal vi è moltissimo di D’Annunzio, vi è molto, troppo, anche di Freud”. Si potrebbe in parte essere d’accordo, guardando ad alcuni aspetti della superficie; fondamentalmente però non ci siamo. Certo, regge bene il sillogismo: in Freud v’è troppo Sofocle, Hofmannsthal riscrive Sofocle, in Hofmannsthal v’è troppo Freud, tenendo però ben presente che con ciò si è al di fuori di una corretta comprensione de L'interpretazione dei sogni, opera freudiana che quando uscì la tragedia in prosa (1903) era stata pubblicata da poco. Ma va detto che la predilezione per il riscrivere non è una caratteristica dannunziana, anzi occorre avere ben chiaro che reinventare ha ben poco di comune con il riscrivere, e D’Annunzio reinventava una lingua, volto lo sguardo al Medioevo, le sue forme inserendo in quelle posteriori (ad esempio la sirventese "All'Adriatico" ne La nave). In Hofmannsthal le formule di taglio classico sono invece tranquillamente mescolate ad un’idiomatica viennese, e così ben si addice a chi nel proprio diario Ad me ipsum si definiva “scrittore allomatico”. Tuttavia v'é da riscontrare che la maggior parte delle interpretazioni letterarie di Elettra dal 1909 (completamento dell’opera di Strauss) fin quasi ai giorni nostri ha avuto un’impostazione psicoanalitica; questo solo per il semplice fatto di essere stata e di venire letta la personalità della protagonista come quella di un’isterica. E dove c’è isteria sembra dover occorrere interpretazione psicoanalitica.
Vano il prodigioso sforzo critico applicato da Cesare Musatti allo studio di Freud sul racconto Gradiva di Jensen per dimostrare l’impossibilità di una critica psicanalitica; troppo bello risolvere nella sessualità più o meno frustrata tutti i problemi della vita; e poi, tanto più facile. Perciò Elettra invece di essere considerata probabilmente la più grande donna dell`immenso mondo mitico greco, viene indicata come l`invasata per eccellenza. Hofmannsthal ha qualche complicità in questa maldestra deformazione che rende un pessimo servizio a Sofocle.
Si dirà: qui bisogna guardare al libretto del viennese; ma Hofmannsthal specifica "nach Sophokles", "da Sofocle". Si tratta quindi di una scelta, e alla luce di questa scelta Strauss ha trovato la sua ispirazione. Essa, a mio avviso non si stacca dagli stilemi del poema sinfonico. Come v'era stata una Faust-Symphonie di Liszt in drei Charakterbildern, in tre ritratti di personaggi, così qui ci troviamo di fronte in sostanza a tre protagonisti nello spirito del poema sinfonico: Elettra, Crisotemide, Clitennestra. Oreste è il complementare lirico di Elettra, volutamente carente sotto quest’ultimo profilo. La prima parte dell’opera, lunga grosso modo quanto quella successiva, presenta in ordine Elettra, Crisotemide, Clitennestra. La seconda Elettra, Crisotemide, Oreste ed Egisto. L'opera è simmetrica e, per certi aspetti, speculare, in senso araldico, non musicale, e ciò per i mutamenti d`azione. La prima parte si conclude con l’annuncio a Clitennestra della morte di Oreste. Si potrebbe considerare compiuta la seconda parte con il riconoscimento di Oreste; infatti il resto è un lungo epilogo dove tutto, per bontà degli dèi, è già previsto.
Forse per aggirare questa prospettiva Hofmannsthal crea volutamente un equivoco. Ma è un equivoco che finisce con il proporre al direttore d`orchestra parecchi problemi. Quasi ovunque, nelle presentazioni e nelle critiche, si trova scritto che al termine della danza sacrale della vittoria Elektra muore. Non così il testo tedesco. I fase: "Elektra stürzt zusammen" - "Elettra s'accascia al suolo". II fase: "Elektra liegt starr" - "Elettra giace rigida", o "immobile". La prima fase, sempre secondo le didascalie, arriva dopo “qualche passo selvaggio e frenctico”. La II è la continuazione di “starr”. La questione non è di poco conto. Vi sono 25 battute interpretabili almeno in due diversi modi fondamentali.
Ma perché Elettra dovrebbe morire proprio al termine della danza sacrale? Quest'ultima è preparata da tre momenti: la manifestazione discinetica cui accenna Egisto al loro incontro, “Perché barcolli qua e là con la tua lampada”; la danza funebre attorno ad Egisto, di poco successiva; la danza "senza nome" in cui si lancia subito dopo. La danza sacrale è anche la danza della gioia. Se stürzen significa accasciarsi, e starr, in questo contesto, rigida, o immobile, non si capisce perché dal senso di trionfo esasperato e dalle manitestazioni precedenti non possa scaturire un’estasi catalettica: ciò non contrasterebbe con la rassomiglianza ad una menade invasata, come vuole la quartultima didascalia, successiva all'enfatica dichiarazione di Elettra che "Amore uccide! Ma nessuno muore senza aver conosciuto amore". Ora, prima di crollare a terra, Elettra è schiantata dal peso della gioia: "Porto il peso della felicità". Ed è nel suo destino, nel suo carattere quel crollare sotto il peso di una vittoria esclusivamente sua. E i colpi di piatti, ff e fff mal si addicono ad una idea di morte.
Posta la vendetta come destino necessario, un solo personaggio è libero da questo obbligo sacro: Crisotemide. Senza questa donna, in fondo mediocre, che concepisce la libertà nel figliare magari con un contadino, e che tuttavia rappresenta l'aspirazione alla casa, né Elettra né Clitennestra emergerebbero nella loro grandezza. Hanno in comune il sognare: la prima la purificazione della casa, possibile solo con la vendetta della morte di Agamennone; la seconda la purificazione della casa dai demoni che ne angosciano i sonni, possibile solo con l'eliminazione di tutti coloro che vogliono vendicare Agamennone.
Elettra è alla ricerca di un amore patemo e regale di cui si sente custode e pretendente. Il suo tema è sintetico (tonica - dominante discendente - terzo grado ascendenle tenuto - tonica di partenza); e, pur presentandosi sin dalla prima battuta, trova la sua più significativa espressione nel corso del primo monologo della protagonista, in do minore, quando alle parole “Padre, voglio vederti, non lasciarmi sola. Come ieri, come un’ombra là, nell’angolo delle mura, mostrati a tua figlia!” si ripresenta in do ininore (quindi, secondo l’impianto di cui sopra, do - diseesa al sol dell’ottava inferiore - mi bemolle tenuto - di nuovo do). E sull’accordo di la bemolle si presenta in sette battute un motivo viennese in ritmo binario, simbolo di un sogno che si spande nell’infinito. Questo tema fra l’altro subirà molte variazioni nel corso di tutta l’opera sino all’inizio della danza “senza nome”. Elettra sogna cose vere, il rapido ritorno di Oreste, la danza sacrale della vittoria, l’ombra che proietterà sul muro perché alla luce delle torce tutti possano vedere la grande gioia procurata dall’evento. E alla fine sogna la conclusione del suo stato di Alektra (grafia dorica di Elektra), di donna senza talamo nuziale.
Clitennestra sogna i terrori del disfacimento, della morte fisica. Il carattere della regina è presentato musicalmente in due parti distinte. Nella prima prevale una certa mestizia, nella seconda emerge la volontà di combattere. Dica Elettra, che parla come un medico, il significato di ogni sogno. Ma la capacità della figlia, nelle risposte monosillabiche che musicalmente interrompono le veemenze materne, sta nel ricondurre ogni sogno al precedente, nel far risaltare che un sogno si stempera in tanti, ma è uno, quello che preannuncia la fine dell’assassina. Tuttavia, in quanto espressione d’invasione demoniaca, i sogni possono essere interrotti perché sono demoni e i demoni possono essere scacciati. Il problema è individuare la vittima cui dare la caccia.
Il lungo dialogo in enigmi rimane sospeso su questo punto per compiere una virata. L'interrogatorio di Elettra verte su Oreste. Perché non lasciarlo tornare. Non deve tornare, è il senso della risposta. E, quasi logica conseguenza, ricompare il discorso della purificazione della viltima: da che cosa dovrà sgorgare il sangue. Adesso è la parte per il tutto: il tutto è già scontato, la vittima deve essere Clitennestra. Nel concludere il colloquio Elettra descrive minuziosamente quale sarà e come sarà la caccia a Clitennestra, ma tace il nome del cacciatore.
Nel pieno di un “molto vivace” che sblocca una situazione anche musicalmente di stallo, giunge, dapprima sussurrata dalle ancelle di Clitennestra, la notizia della morte di Oreste. Il segno dell’interiore presunta vittoria della regina è espresso con violenza dai brevi ma massicci interventi degli ottoni. Clitennestra è l’eroina di un ‘cattivo trionfo’; non comparirà mai più. Si udrà in seguito il suo urlo mortale. L'"Allegro molto appassionato" che apre di fatto la seconda sezione della tragedia introduce al definitivo colloquio fra Crisotemide ed Elettra. Il tentativo di Strauss di rendere la profonda tristezza in un tempo mosso si deve dire pienamente riuscito. È la parte iniziale del concitato dialogo sulla morte di Oreste. Crisotemide annuncia, Elettra nega, nega reiteratamente. Prevalgono nella scansione il cromatismo e l’ostinato; la sorella dispiega liricamente il suo dolore. Elettra prende la decisione: è la seconda parte del dialogo. Se Oreste è morto, saranno loro due a compiere la vendetta. Crisotemide rifiuta: con la morte di Oreste giunge sì un grande dolore, ma anche un messaggio di liberazione. Elettra non demorde. Forse siamo giunti alla scena più grande e profonda dell'opera. Pur di vedere realizzato il suo disegno, Elettra tesse l’elogio della sorella, in realta infantile, vigliacca, serva dei suoi stessi servi. È pronta a servirla, a riconoscere il primato della sua femminilità, della sua grazia. In due troveranno la forza di eliminare gli assassini del padre. Ma Crisotemide, così infine giudica Elettra, è figlia solo di Clitennestra. Sia maledetta. Farà tutto da sola. La musica incalza nella prediletta tonalità di re minore-re maggiore, sino al “Prestissimo” in do maggiore-do minore, cioè sino alla parte che si conclude con la maledizione.
L’interludio che prepara l’incontro con Oreste è un amaro, silenzioso, dolente compianto di Elettra sulla tomba del padre. Ed è naturale che solo l’arrivo del fralello porti ad un “Lento con solennità”. Parla l’inviato degli dèi, mosso da un fato necessario. Non riconosce Elettra, raccoglie notizie. La sorella si lascia andare alla descrizione della casa e dei suoi ospiti. Poi il reciproco riconoscimento. Tutta questa parte del colloquio è andata dal "Lento" all'"Allegro"; allorché Oreste si rivela, e un "Vivace assai" molto vicino ai tumulti del cuore a congelare, a paralizzare Elettra. Ci si dovrebbe aspettare un urlo di gioia. Invece no; “ganz leise, bebend” - “a voce bassa, tremando” pronuneia il nome sacro del fratello, poi in una tonalità tipicamente romantica, quella di la bemolle maggiore, esprime la sua contenuta gioia, ricorda i giorni dell’infanzia e parla alla fine di se stessa: è invecchiata, ma il bambino da lei salvato da morte è qui, bello come un sogno. Valeva la pena di ridursi così, perdere la cosa più bella e dolce, il pudore. Infine ne tesse l’elogio, con un encomio rivolto a chi è beato perché ha una missione da compiere, reiterato poi in un “Vivace assai” su un basso ostinato di tonica-dominante in do maggiore.
Di ciò che segue s’è già detto. L’invocazione, l’esortazione di Elettra a colpire ancora dopo il primo colpo inferto a Clitennestra non è un urlo isterico liberatorio: è l'equivalente dell’Osanna. L'accoglienza ad Egisto è la macabra mimesi dell’incipiente morte del regicida; l’omaggio rovesciato a Nietzsche della inusica che nasce dalla tragedia, un preziosismo per introdurre alla danza teatrale.
Salomè, figlia di un servo regale di un grande impero, ha danzato languidamente per avere la bocca del Battista. Elettra ha danzato per il padre defunto e per sé. Fosse il mondo un mondo di donne come lei. Strauss forse lo pensò e terrorizzato cambiò rapidamente strada.
Ugo Duse