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DG - 1
CD - 449 137-2 - (p) 1996
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| Franz LISZT
(1811-1886) |
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Eine
Faust-Symphonie, S. 108
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67' 11" |
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| in drei
Charakterbildern (nach Goethe)
für Tenor, Männerchor und
Orchester |
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1. Faust |
25' 09" |
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2. Gretchen |
19' 08" |
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3a. Mephistopheles |
16' 03" |
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3b. "Alles Vergängliche ist nur ein
Gleichnis" (Schlußchor) |
6' 51" |
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| Vinson COLE, Tenor |
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| STAATSOPERNCHOR
DRESDEN |
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| Hans-Dieter Pflüger, Chorus
master |
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| STAATSKAPELLE
DRESDEN |
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| Giuseppe SINOPOLI
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Luogo
e data di registrazione |
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Semperoper,
Dresden (Germania) - aprile 1995 |
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Registrazione:
live / studio |
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live
recording |
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Executive
Producers
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John
Fisher, Ewald Markl |
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Recording
Producer |
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Werner
Mayer
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Tonmeister
(Balance Engineer) |
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Klaus
Hiemann |
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Recording
Engineers |
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Wolf-Dieter
Karwatky, Rainer Maillard |
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Editing |
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Mark
Buecker |
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Prima Edizione
LP |
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- |
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Prima Edizione
CD |
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Deutsche
Grammophon | 449 137-2 | LC 0173 | 1
CD - 67' 11" | (p) 1996 | 4D DDD |
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Note |
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-
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TRA
MEFISTOFELE E DIO
Inconfondibile.
Geniale, anche nei comportamenti
radicali che protendono le
aspettative compositive ben
oltre le qualità fisiologiche e
storiche dello strumento: basta
che sia al pianoforte. Quando
scende in orchestra, come
autore, Liszt scambia i panni
del dominatore con quelli del
collaudatore. Riconfermata
dall'analisi e dall'ascolto -
anche l'orecchio vuole la sua
parte - la riflessione si
insinua nella lettura del
catalogo lisztiano, che alla
consapevolezza orchestrale
dedica significativi numeri dei
quali però si parla più di
quanto se ne apprezzi o se ne
approfondisca l'effettivo
valore: varie marce e pezzi
d’occasione; nessuna sinfonia in
senso stretto; due concerti per
pianoforte (più altre partiture
in cui il solista, diversamente
assecondato dagli strumenti di
contorno, si piega alla
discorsività brillante del
virtuosismo alla moda fondato
sulla variazione); due
giganteschi lavori che
partecipano sia del destino
della sinfonia, sia di quello
del nuovo genere
letterario-orchestrale, il poema
sinfonico, il quale ultimo con
tredici titoli si ritaglia il
ruolo centrale.
Ascoltando
“una delle nuove opere
orchestrali di Liszt, mi
sentii sorpreso e rapito nel
constatare quanto fosse felice
questa definizione [Symphonische
Dichtung, Poema
sinfonico, termine coniato da
Liszt, N.d.R.] che
implica la scoperta di una
nuova forma d'arte”, confessò
Richard Wagner alla
principessa Carolyne
Sayn-Wittgenstein. Mittente e
destinatario dello scritto non
erano occasionali: la
principessa era la dedicataria
di dodici dei tredici poemi
sinfonici, Wagner della Dante-Symphonie
(Eine Symphonie zu Dantes
"Divine Commedia").
L'osservazione
cronologico-statistica offre
altre suggestive prospettive
all'analisi. Le maggiori
pagine per orchestra vengono
composte tra il 1832 (abbozzi
del Concerto per
pianoforte n.1 in mi b.
M.) ed il 1860 (Zwei
Episoden aus Lenaus “Faust"),
negli anni di Weimar
soprattutto. Non partecipano
quindi della stagione creativa
più avveniristica e quasi
sperimentale del compositore,
e la parte più consistente
viene stesa in pochi anni a
partire dal 1848 (prima
versione di Ce qu'on
entend sur la montagne).
La compressione pare suggerire
una sorta di eccentrico e
irrefrenabile volontarismo
d’autore nei confronti dello
strumento orchestra: come se
Liszt avesse voluto esaurire
tutte le questioni formali e
linguistiche connesse,
nell’atto stesso in cui le
esplorava e fondava. Di ciò fa
fede il tormentato cammino
scritturale dei lavori che
vantano innumerevoli
ripensamenti e versioni
ufficiali.
Molto
istruttiva è la storia di
Eine Faust-Symphonie,
recante il sottotitolo in drei
Charakterbildern, che
intreccia il proprio lungo
cammino creativo con quello
della partitura in apparenza
omologa di Schumann (le Szenen
aus Goethes “Faust”
scritte tra il 1844 ed il
1853). Il progetto risale
al 1839. Da qualche anno Liszt
era stato iniziato ai misteri
poetici goethiani, attraverso
la versione francese di Gérard
de Nerval fattagli conoscere
da Hector Berlioz. Seguirono
schizzi musicali ispirati ai
tre personaggi principali ma
senza una precisa destinazione
formale (Wagner nel frattempo
- 1840 - aveva completato la
sua Faust-Ouverture,
prima parte di una progettata
e mai ultimata Sinfonia
sull'argomento). Nel 1854
Berlioz dedicò a Liszt la "legende
dramatique” La Damnation de
Faust (1828-46):
l'esecuzione delle prime due
parti della Damnation
che l’autore in persona
diresse a Weimar nel 1852
fornì l'esca definitiva. In
poco più di due mesi, tra
agosto e ottobre 1854, la Faust-Symphonie
divenne realtà. Ma la veste
orchestrale del tre Quadri
di carattere (Faust,
Gretchen e Mephistopheles) non
lo soddisfece. La
partitura, ancora “senza testo
né Canto", venne verificata
esecutivamente a
Weimar. Poco persuaso
dell’organico orchestrale,
Liszt aggiunse in seguito
trombe, tromboni e
percussioni. Inserì quindi gli
episodi marziali dei movimenti
estremi. Alla prima esecuzione
ufficiale a Weimar del 5
settembre1857, culmine del
monumentale concerto
monografico per la posa della
prima pietra al monumento in
onore del granduca Carlo
Augusto, giunse una versione
ulteriore, approntata con
altri ritocchi alla
strumentazione e l'aggiunta di
una pagina per tenore e coro,
sulle parole del “Chorus
mysticus” dalla seconda parte
del Faust, che
regalò alla composizione un
finale ecumenisticamente
estatico in luogo della
conclusione pacata pensata in
precedenza. Questa versione
venne rivista ancora nel 1861
e nel 1880.
Dell'impianto
iniziale rimase sempre intatta
l'inedita concezione. Nella Faust-Symphonie
Liszt rinunciò subito all'idea
programmatica - il pezzo non
fu mai, per capirci,
immaginato come un poema
sinfonico sul Faust,
per concentrarsi invece sullo
studio musical-caratteriale
dei tre primattori, Ciò fruttò
un sacrilegio consumato fin
dall'intestazione che
mette a confronto il termine
classico di Sinfonia con
quello non consono di Charakterbild
(quadro di carattere), aprendo
il primo dubbio sulla
costituzionalità formale della
partitura: sinfonia o
antologia di poemi sinfonici?
La compattezza narrativa del
gigantesco affresco, percorso
da tematismi dal forte
significato drammatico
imparentati tra loro ed in
grado di ravvivare una
parvenza di leitmotiv (o di
berlioziane idées fixes),
denuncia l'utopistica
concezione orchestrale di
Liszt: il primo episodio
esibisce una prodigiosa
capacità di elaborazione
sinfonica: il secondo è
un esempio insuperato fino a
Mahler di camerismo per grande
orchestra, ed il terzo un
inquietante specchiamento
grottesco del primo (almeno
fino al coro finale).
La Divina
Commedia, il Faust
e il Breviario pare
fossero i libri da cui Liszt
non si staccò mai. Quasi
fatale che dopo la stagione
del pianoforte e quella
dell'orchestra rappresentata
nell'esito massimo dalle due
anomale composizioni
sinfoniche ispirate a Dante e
Goethe, a completare il
triangolo lisztiano ideale
venisse la stagione della
grande produzione di
ispirazione religiosa.
Il “Chorus mysticus",
come ha da essere: tra
Mefistofele e Dio.
Angelo
Foletto
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