DG - 1 CD - 437 540-2 - (p) 1993

GIL SHAHAM







Jean SIBELIUS (1865-1957) Concerto for Violin and Orchestra in D minor, Op. 47
31' 06"

- 1. Allegro moderato 15' 38"


- 2. Adagio di molto
8' 09"


- 3. Allegro, ma non troppo 7' 19"






Peter Ilyich TCHAIKOVSKY (1840-1893) Concerto for Violin and Orchestra in D major, Op. 35
35' 23"

- 1. Allegro moderato - Moderato assai 18' 13"


- 2. Canzonetta: Andante - attacca: 6' 58"


- 3. Finale. Allegro vivacissimo 10' 12"






 
Gil SHAHAM, Violine
PHILHARMONIA ORCHESTRA
Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
All Saints Church, Tooting, London (Gran Bretagna) - dicembre 1991

Registrazione: live / studio
studio


Produced by
Wolfgang Stengel

Balance Engineer
Klaus Hiemann

Recording Engineer
Wolf-Dieter Karwatky

Editing
Ulrich Bastin

Prima Edizione LP
-

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 437 540-2 | LC 0173 | 1 CD - 66' 40" | (p) 1993 | 4D DDD


Note
-















Nel 1878 Piotr llič Ciaikovski riesce ad uscire dalla depressione in cui era sprofondato dopo il disastroso esperimento matrimoniale con Antonina Milyukova mentre si infittisce il rapporto con Nadezhda von Meek, una ricca vedova, mecenate del musicista e partner d`una liaison decisamente particolare: intellettualistica, epistolare, fatta di confessioni e dediche (la Quarta Sinfonia del 1877), di una sensualità sublimata e sottile tanto che i due non vollero mai incontrarsi di persona preferendo semmai frequentare i luoghi toccati e “profumati” dalla presenza dell’altro, come ha restituito con decorativa immaginosità il film L'altra faccia dell'amore di Ken Russell.
Al ritrovato quanto transitorio equilibrio contribuiscono il soggiorno a Clarens, in Svizzera, ovvero la pace del lago di Ginevra, e le visite del giovane violinista Yosif Kotek, con cui Ciaikovski può "passare" molto repertorio per violino, inclusa la solare e raffinata Symphonie espagnole di Lalo pubblicata pochi anni addietro nel 1873.
Ne nasce, col sostegno entusiasta di Kotek (i compositori d’Ottocento, generalmente pianisti, hanno perso la confidenza con lo strumento ad arco dei loro predecessori), una soddisfatta voga creativa che vede l’11 aprile ultimato il Concerto in re M per violino e orchestra e la sostituzione dell'originario tempo lento, mutatosi poi nel Souvenir d'un lieu cher (Méditation, op. 42 n.1), con l`attuale “Canzonetta”.
Il Concerto fu dedicato a un virtuoso e didatta della statura di Leopold Auer (Kolek, probabilmente per rivalsa, si rifiutò sempre di eseguirlo) che però lo ritenne “troppo lungo” e “non violinistico”. Proposto da Adolf Brodsky nella Vienna di Brahms e Bruckner fu stroncato (tra gli altri da Hanslick) ma dopo altre comparse a Londra e Mosca e in un breve volgere d’anni divenne composizione favorita dai solisti nel ristretto novero dei concerti romantici per violino.
In realtà, a dispetto della sua lunghezza, il Concerto è un piccolo capolavoro di costruzione formale entro cui risalta un tracciato virtuosistico notevole (spesso tutt’uno con la danza: il “Finale”) però mai fastidiosamente invadente per il suo peso equilibratore dell'elemento lirico e l’uso accorto dell’orchestra tra l’altro con raffinate colorature.
Nell'Allegro moderato” d’apertura si ritrova la lunga e affidabile ombra del Concerto in mi m di Mendelssohn nel porre la cadenza prima della ripresa e nel collegarla analogamente con la riesposizione dei temi (in Mendelssohn la prosecutio di arpeggi che si fanno elasticamente balzati; in Ciaikovski lunghi trilli). Altro rimando del tempo d`apertura riguarda il concerto di secondo Settecento (ma anche gli exempla paganiniani) nello sviluppo: decorativo anzichè tematico, basato su variazioni - qui del tema principale - piuttosto che modulazioni o un fare dialettico. Quanto all’esordio orchestrale ancora dell'“Allegro”, si tratta di una semplice apertura di scena e preparazione con cenni tematici all'entrata del personaggio-solista; il quale, a sua volta, non esporrà i due temi, entrambi lirici, ex abrupto, ma con una gentile cadenzina prefattiva che di essi accentua la caratteristica elegia affettuosa e malinconica più pronunciata nella seconda idea. Così lo spazio espressivo dell'orchestra è spostato - ancora un rifarsi a Mendelssohn? - dall'inizio a quando, dopo il carico di tensione accumulato dal solista pure nella codetta e nei ponti brillanti, vi sarà l'esplosione finalmente liberatoria d'un "tutti", invero un poco barocco, posto alla fine dell'esposizione verso lo sviluppo, mentre un analogo secondo "tutti" porterà alla cadenza (scritta) e alla ripresa nel modo descritto; sino alla coda catturante.
La tenera "Canzonetta" col violino sordino - in sol minore e for,a ABA' - è tutta imbevuta di delicate tinte orchestrali, in testa i legni, e risulta un omaggio a tematica e modi di Chopin. Si collega senza stacco al vorticoso e conclusivo "Allegro vivacissimo" di rondò con due couplet - il primo, pastorale, tra bordoni e fagotto bucolico; il secondo in minore, imbevuto di canti e controcanti dei legni a solo, dalla distesa e "russa" cantabilità - sino allo stringente epilogo dove ricompare il fantasma di Mendelssohn.
Al contrario del Russo Sibelius fu violinista provetto - virtuoso mancato, secondo alcuni - ed ebbe un'esistenza familiare ordinata e tranquilla nella casa di campagna a nord di Helsinki dove andò a vivere nel 1904.
Proprio agli anni di questo progressivo radicamento campestre fanno capo la stesura e la revisione del Concerto in re m per violino e orchestra rispettivamente del 1903 e del 1905, quando il lavoro venne rielaborato e snellito anche nella parte solistica, con alleggerimento della densità virtuosistica originaria.
È un componimento di taglio rapsodico: con spazi di cadenza e frequenti variazioni di movimento, di figure e caratteri; l'avvio dell'"Allegro moderato" - tremolo in piano dei violini, entrata del solista - sarà replicato una dozzina d'anni dopo, pur in un diverso clima e contesto, da Prokofiev per l'incantato lirismo da cui muove il suo Concerto violinistico in re M (assenza anche qui come in Mendelssohn dell'esposizione orchestrale, peraltro invisa a Sibelius data la sua lunghezza).
Il canto disteso e via via eccitato dal violino va a parare sulla prima cadenza (in arpeggi) verso i nuovi elementi tematici proposti dall'orchestra e completati dal solista. L'episodio che segue, "Allegro molto", ha tratti di danza ora rude ora lieve e porta un'altra, ampia cadenza, sorta di sviluppo bravuristico (e nuovamente prima della ripresa) anche se i materiali risulteranno trasformati durante la riesposizione.
L'"Adagio di molto" ha carattere di intermezzo nordico per tinte, lirismo e visionarietà, mentre l'"Allegro, ma non tanto" esemplifica a suo modo il consueto lieto fine da concerto, estroverso e virtuosistico. Si concentrano in esso i più disparati procedimenti di bravura inseriti però in gesti anche lirici e drammatici e su rimandi folclorici molto scoperti. Il disegno formale è di rondò-sonata con una robusta coda in luogo della ripresa.
Alberto Cantù