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La Sinfonia
Concertante in mi b. M
K.297b perflauto,
oboe, fagotto e corno fu
originariamentedestinata
da Mozart ai famosi solisti
Johann Baptist
Wendling (flauto), Friedrich
Ramm (oboe), GeorgWenzel
Ritter (fagotto), membri della
celeberrirnaorchestra
di Mannheim, e Johann Stich,
detto Giovanni
Punto (corno), i quali
avrebbero dovuto suonarla
a Parigi, nell’estate del
1778. In realtà il lavoronon
fu mai eseguito, probabilmente
per gli intrighi del
compositore Giuseppe Maria
Cambini che ne
avrebbe impedito la
presentazione al pubblico del Concert
spirituel, allora
diretto da Joseph Le Gros.
Andata perduta la partitura
originale, se ne conserva
una copia ottocentesca in cui
le parti solistiche
sono affidate ad oboe,
clarinetto, fagotto e
corno.
Nella versione sinora nota, la
Sinfonia è un lavoro pieno
di vitalità e di grande
bellezza, e giustifica pienamente
l’ammirazione sinora
riservatale dalla critica
più autorevole. Il primo
movimento, “Allegro”,dopo
un’ampia introduzione
orchestrale che rivelerebbe,
secondo Abert, l'influenza
delle esperienze
sinfoniche maturate durante il
soggiorno a Mannheim,
introduce il quartetto dei
fiati che lavorano con
una meravigliosa capacità di
integrazione reciproca;
il dialogo, fantasioso e
ricco, si rinnova di
continuo, aprendosi nello
sviluppo ad una quantità di
idee nuove che alternano
brillantezza di figurazioni
virtuosistiche ad una
cantabilità intensamente
poetica.. Il gioco è la
categoria espressiva cui
questo
“Allegro” si avvicina,
lasciando all‘“Adagio”
successivo,
in forma tripartita, il
compito di abbandonarsi alla
dolcezza sognante della
melodia: melodia d’una
struggente bellezza che porta
all’interno del genere
concertante la freschezza, i
colori, l’aura della serenata
en plein air. L’ultimo
movimento è un “Andantino”
seguito da una serie di
variazioni secondo una forma
prediletta nella produzione
strumentale francese. Abert vi
riconosce l’influsso dell’opéra
comique nella natura del
tema stesso e nel modo in cui
viene combinato con
l’orchestra che, come avviene
nei vaudevilles delle
opere, aggiunge al tema un
ritornello variato, a sua
volta, ogni due variazioni. Da
notare l’effetto di contrasto
prodotto verso la fine dal
canto intensamente poetico
che, nel suo afflato quasi
religioso, precede
inaspettatamente la
brillantezza dell’ultima
variazione.
*****
Il genere del concerto
per due strumenti solisti ed
orchestra, come quello della
sinfonia concertante, deriva
dal concerto grosso, fiorito a
cavallo tra Sei e Settecento e
caratterizzato dalla presenza
di un gruppo di strumenti
solistici (per lo più archi,
ma talvolta anche fiati) che
dialogavano con l’orchestra,
secondo un rapporto che la
Sinfonia concertante e il
concerto a più strumenti
solistici mantennero nella
seconda metà del Settecento,
arricchendolo di nuove risorse
strumentali ed espressive. Il
Concerto per flauto e arpa
in do M K.299 venne
composto da Mozart nel maggio
1778 a Parigi per il nobile de
Guines, ottimo flautista e per
sua figlia, eccellente
suonatrice d’arpa. Il lavoro
appartiene al genere della
musica da intrattenimento nel
gusto del rococò parigino che
Mozart coglie con
straordinaria acutezza,
mostrando quanto fossero
giustificate le parole scritte
al padre nella lettera da
Mannheim del 7 febbraio 1778:
“[qui] sono del parere che le
mie composizioni piacerebbero
straordinariamente a Parigi.
Certo non avrei paura perchè,
come sapete, io posso
assimilare e imitare bene
tutti gli stili di
composizione”. Ciò che più
colpisce in questo lavoro è la
particolare originalità della
sua veste timbrica: l’arpa
definisce un ambiente liquido
e vitreo in cui il suono acuto
del flauto prende posto con i
suoi arabeschi taglienti e
raggelati: ne deriva un
“oggetto” musicale fragile e
lucente dove tutto si risolve
nella smagliante bellezza
della fattura.
L’interesse
per il suono preso in se
stesso fornisce, quindi, a
Mozart la materia prima per il
graziosissimo lavoro tagliato
in tre movimenti: nell‘“Allegro”
iniziale il flauto guida il
discorso attorno a cui l'arpa
distende le sue sonorità
velate; ogni tanto anch’essa
prende l’iniziativa, come nel
brillante sviluppo basato su
fantasiose progressioni che
fanno capire, secondo Abert,
quanto Mozart dovesse sul
piano armonico al modello di
Schobert, clavicembalista
tedesco attivo allora a
Parigi. Il secondo movimento,
“Andantino”, è un idillio dal
carattere dolce e sognante,
pieno di affascinanti idee
melodiche: inizia con una
suadente frase orchestrale che
i due strumenti riprendono,
intrecciandosi in seriche
ghirlande di melodie ora
cantabili, ora frastagliate in
minute cesellature ritmiche e
di fraseggio. Il concerto si
chiude con un “Rondeau”,
basato su di un ritmo di
gavotta, il cui tema anticipa
quello della romanza della Kleine
Nachtmusik K.525:
leggerissimo e saltellante,
esso appartiene al tipo della
serenata e dà modo ai due
strumenti di esprimere tutta
la loro brillantezza nel
reciproco intreccio delle
figurazioni virtuosistiche.
Curiosamente, a differenza di
quanto accade in molti altri
concerti di Mozart, e
massimamente in quelli
pianistici, qui l’atmosfera di
grazia soffusa non viene mai
rotta: davvero lo spirito del
più squisito salotto galante
trionfa con un nitore e
un’eleganza che non si
saprebbero desiderare
maggiori.
Paolo
Gallarati
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