DG - 1 CD - 437 530-2 - (p) 1993

Wolfgang Amadeus MOZART (1756-1791)






Concerto for Flute, Harp and Orchestra in C major, KV. 299 (297c)
29' 36"
- 1. Allegro 10' 27"

- 2. Andantino 9' 38"

- 3. Rondeau: Allegro (Cadences: Osian Ellis / Carl Hermann Pillney) 9' 31"





Sinfonia concertante for Oboe, Clarinet, Horn, Bassoon and Orchestra in E flat major, KV. Anh. C 14.01 (297b) - attrib. Mozart
30' 19"
- 1. Allegro 12' 24"

- 2. Adagio 8' 54"

- 3. Andantino con variazioni 9' 01"





 
John ANDERSON, Oboe
Michael COLLINS, Clarinet
Richard WATKINS, Horn
Meyrick ALEXANDER, Bassoon
PHILHARMONIA ORCHESTRA
Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
All Saints' Church, Tooting, London (Gran Bretagna) - dicembre 1991

Registrazione: live / studio
studio


Produced by
Wolfgang Stengel

Tonmeister (Balance Engineer)
Klaus Hiemann

Recording Engineer
Wolf-Dieter Karwatky

Editing
Ulrich Bastin

Prima Edizione LP
-

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 437 530-2 | LC 0173 | 1 CD - 60' 07" | (p) 1993 | 4D DDD


Note
-















La Sinfonia Concertante in mi b. M K.297b perflauto, oboe, fagotto e corno fu originariamentedestinata da Mozart ai famosi solisti Johann Baptist Wendling (flauto), Friedrich Ramm (oboe), GeorgWenzel Ritter (fagotto), membri della celeberrirnaorchestra di Mannheim, e Johann Stich, detto Giovanni Punto (corno), i quali avrebbero dovuto suonarla a Parigi, nell’estate del 1778. In realtà il lavoronon fu mai eseguito, probabilmente per gli intrighi del compositore Giuseppe Maria Cambini che ne avrebbe impedito la presentazione al pubblico del Concert spirituel, allora diretto da Joseph Le Gros. Andata perduta la partitura originale, se ne conserva una copia ottocentesca in cui le parti solistiche sono affidate ad oboe, clarinetto, fagotto e corno.
Nella versione sinora nota, la Sinfonia è un lavoro
pieno di vitalità e di grande bellezza, e giustifica pienamente l’ammirazione sinora riservatale dalla critica più autorevole. Il primo movimento, “Allegro”,dopo un’ampia introduzione orchestrale che rivelerebbe, secondo Abert, l'influenza delle esperienze sinfoniche maturate durante il soggiorno a Mannheim, introduce il quartetto dei fiati che lavorano con una meravigliosa capacità di integrazione reciproca; il dialogo, fantasioso e ricco, si rinnova di continuo, aprendosi nello sviluppo ad una quantità di idee nuove che alternano brillantezza di figurazioni virtuosistiche ad una cantabilità intensamente poetica.. Il gioco è la categoria espressiva cui questo “Allegro” si avvicina, lasciando all‘Adagio” successivo, in forma tripartita, il compito di abbandonarsi alla dolcezza sognante della melodia: melodia d’una struggente bellezza che porta all’interno del genere concertante la freschezza, i colori, l’aura della serenata en plein air. L’ultimo movimento è un “Andantino” seguito da una serie di variazioni secondo una forma prediletta nella produzione strumentale francese. Abert vi riconosce l’influsso dell’opéra comique nella natura del tema stesso e nel modo in cui viene combinato con l’orchestra che, come avviene nei vaudevilles delle opere, aggiunge al tema un ritornello variato, a sua volta, ogni due variazioni. Da notare l’effetto di contrasto prodotto verso la fine dal canto intensamente poetico che, nel suo afflato quasi religioso, precede inaspettatamente la brillantezza dell’ultima variazione.

*****
Il genere del concerto per due strumenti solisti ed orchestra, come quello della sinfonia concertante, deriva dal concerto grosso, fiorito a cavallo tra Sei e Settecento e caratterizzato dalla presenza di un gruppo di strumenti solistici (per lo più archi, ma talvolta anche fiati) che dialogavano con l’orchestra, secondo un rapporto che la Sinfonia concertante e il concerto a più strumenti solistici mantennero nella seconda metà del Settecento, arricchendolo di nuove risorse strumentali ed espressive. Il Concerto per flauto e arpa in do M K.299 venne composto da Mozart nel maggio 1778 a Parigi per il nobile de Guines, ottimo flautista e per sua figlia, eccellente suonatrice d’arpa. Il lavoro appartiene al genere della musica da intrattenimento nel gusto del rococò parigino che Mozart coglie con straordinaria acutezza, mostrando quanto fossero giustificate le parole scritte al padre nella lettera da Mannheim del 7 febbraio 1778: “[qui] sono del parere che le mie composizioni piacerebbero straordinariamente a Parigi. Certo non avrei paura perchè, come sapete, io posso assimilare e imitare bene tutti gli stili di composizione”. Ciò che più colpisce in questo lavoro è la particolare originalità della sua veste timbrica: l’arpa definisce un ambiente liquido e vitreo in cui il suono acuto del flauto prende posto con i suoi arabeschi taglienti e raggelati: ne deriva un “oggetto” musicale fragile e lucente dove tutto si risolve nella smagliante bellezza della fattura.
L’interesse per il suono preso in se stesso fornisce, quindi, a Mozart la materia prima per il graziosissimo lavoro tagliato in tre movimenti: nell‘Allegro” iniziale il flauto guida il discorso attorno a cui l'arpa distende le sue sonorità velate; ogni tanto anch’essa prende l’iniziativa, come nel brillante sviluppo basato su fantasiose progressioni che fanno capire, secondo Abert, quanto Mozart dovesse sul piano armonico al modello di Schobert, clavicembalista tedesco attivo allora a Parigi. Il secondo movimento, “Andantino”, è un idillio dal carattere dolce e sognante, pieno di affascinanti idee melodiche: inizia con una suadente frase orchestrale che i due strumenti riprendono, intrecciandosi in seriche ghirlande di melodie ora cantabili, ora frastagliate in minute cesellature ritmiche e di fraseggio. Il concerto si chiude con un “Rondeau”, basato su di un ritmo di gavotta, il cui tema anticipa quello della romanza della Kleine Nachtmusik K.525: leggerissimo e saltellante, esso appartiene al tipo della serenata e dà modo ai due strumenti di esprimere tutta la loro brillantezza nel reciproco intreccio delle figurazioni virtuosistiche. Curiosamente, a differenza di quanto accade in molti altri concerti di Mozart, e massimamente in quelli pianistici, qui l’atmosfera di grazia soffusa non viene mai rotta: davvero lo spirito del più squisito salotto galante trionfa con un nitore e un’eleganza che non si saprebbero desiderare maggiori.
Paolo Gallarati