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DG - 1
CD - 435 382-2 - (p) 1992
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| Gustav MAHLER
(1860-1911) |
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| Das klagende Lied |
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64' 54" |
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1. Waldmärchen |
27' 38" |
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| -
2. Der
Spielmann |
17' 43" |
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3. Hochzeitsstück |
19' 33" |
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| Cheryl STUDER,
Sopran |
SHIN-YUH KAI
CHORUS |
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| Waltraud MEIER,
Mezzosopran |
Shin Sekiya, Chorus
master |
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| Reiner GOLDBERG,
Tenor |
PHILHARMONIA
ORCHESTRA |
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| Thomas ALLEN,
Bariton |
Giuseppe SINOPOLI |
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Luogo
e data di registrazione |
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Main
Hall of "Tokyo Metropolitan Arts
Space", Tokyo (Giappone) -
novembre 1990
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Registrazione:
live / studio |
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live
recording
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Producer |
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Wolfgang
Stengel |
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Co-production |
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Pål
Christian Moe |
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Balance
engineer
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Hiroshi
Senuma |
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Mixdown and
Editing |
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Oliver
Rogalla |
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Prima Edizione
LP |
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Prima Edizione
CD |
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Deutsche
Grammophon | 435 382-2 | LC 0173 | 1
CD - 64' 54" | (p) 1992 | DDD |
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Note |
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Trai tanti
lavori e frammenti giovanili
di Gustav Mahler, Das
klagende Lied fu l'unico
a sopravvivere alla sua
inesorabile autocritica, l'unico
che egli stimasse
degno di non essere
distrutto. Ancora nel 1896,
in una lettera all’amico
Max Marschalk, il
compositore considerava
questa cantata per voci
soliste, coro e orchestra
come il suo “opus I”. Il
testo era opera dello stesso
Mahler, che si era tra l'altro
ispirato ad una fiaba dello
scrittore romantico Ludwig
Bechstein (1801-1860) ed era
stato già
compiuto nel marzo 1878,
ancor prima che il
compositore terminasse gli
studi al Conservatorio di
Vienna. La musica,
originariamente articolata
in tre Parti: Waldmärchen,
Der Spielmann, Hochzeitsstück,
fu ultimata nell’autunno del
1880, dopo oltre un anno di
lavoro. La presentò
l'anno
seguente al concorso per il
Premio Beethoven. Mahler non
ottenne riconoscimenti. La
giuria del concorso, della
quale facevano parte anche
Johannes Brahms e Hans
Richter, non poteva
non accogliere con diffidenza
un lavoro come Das
klagende Lied dove
erano fin troppo scoperte
ascendenze wagneriane. Dopo
alcune revisioni, dove
Mahler oltre a ritoccare l'istrumentazione
e a ridurre il numero delle
voci soliste eliminò anchel'intera
Parte I
(Waldmärchen),
Das klagende Lied fu
dato alle stampe nel 1899 e
quindi eseguito per la prima
volta a Vienna nel 1901
sotto la direzone
dell'autore.
Le prime esecuzionl
(radiofoniche) di Waldmärchen
risalgono invece al 1934,
rnentre la sua pubblicazione
avvenne soltanto nel 1973.
Questa Parte è incentrata
sul fratricidio compiuto da
un “cavaliere malvagio” per
conquistare la mano d’una
“regina orgogliosa”. Nel
preludio orchestrale sono
introdotti, secondo un
modulo all’apparenza
wagneriano, numerosi motivi
che - legati all’evocazione
di figure (i due fratelli
rivali, la regina), di
situazioni drammatiche,
di scenari interiori o di
natura - nell’impegno
coslruttivo dell’intera cantata
si riveleranno d’importanza
fondamentale. Ma queste idee
musicali, fin dal loro primo
apparire, sembrano immesse
in un campo magnetico
straniante, quasi sottoposte
ad un gioco di specchi
deformanti. Ciò si
avverte già
nelle battute introduttive
del preludio: dopo il
duplice segnale dei corni
che emerge sul fosco rullo
di timpani, risuona (in re
maggiore), sempre affidato
ai corni, uno dei motivi piu
significativi e ricorrenti
del Klagendes Lied.
Questo motivo con
reminiscenze di Weber, che
parrebbe evocare una remota
dimensione epica in uno
sconfinato scenario di
natura, si dispiega su un
terreno tonale estraneo
(triade di fa diesis
minore), quasi uno sfondo di
allucinazione che ne altera
irrimediabilmente la
potenziale, spontanea
gestualità
eroica. Questa cellula
tematica è
subito riproposta un
semitono sotto (con l'urto,
o meglio: dissociazione
bitonale re bemolle maggiore
/ fa minore), perdendosi poi
in un breve, lugubre inciso
cromatico che finisce per
disperdere ulteriormente
ogni suo virtuale spunto di
“positività”.
Un esempio analogo di questa
ottica deformante, che segna
e lacera in profondità fin
dai suoi primissimi accenni
ogni assunto espressivo, è
offerto dal breve, lento
motivo costruito sui gradi
della scala minore
discendente e ripetuto ogni
volta
su vari registri (dall'acuto
al grave). Tale motivo, che
ricorre più
volte in Waldmärchen,
come ritornello a
conclusione delle prime cinque
strofe, o ancora là
dove si staglia l’immagine
del cavaliere pronto a
compiere il fralricidio -
“Der Alte lacht...” (Il più
anziano ride...) - e nel verso
finale, ed è poi
riproposto nelle altre due
Parti - ad esempio alla fine
della cantata, sulle parole
“Ach Leide!”
(Ah, sventura!)
intonate dal soprano solista
-, ha un indubbio colore
“arcaicizzante”, al pari di
altri elementi
strutturalmente
significativi della Parte I.
Pensiamo soprattutto all'adozione,
nelle prime tre strofe e
nell’ultima, di un severo
declamato sillabico per gli
interventi del coro,
musicalmente ispirati ad
austeri corali e
drammaturgicamente
orientati, per la loro
funzione di commento, ai
modelli dell’antichità
classica. Ma al di là di
questa cifra
“arcaicizzante”, che sembra
collocare la vicenda in uno
spazio epico primigenio e al
tempo stesso sottolinea più che
larvatamente le ragioni
ancestrali adombrate nella
tematica del fratricidio,
tale formula melodica, di
fissità
esasperante, finisce per
assumere valenze
traumatiche. Ciò si
può
cogliere soprattutto là
dove risuona in
corrispondenza di immagini
"positive",
come il "corpo
leggiadro"
della regina (I strofa) o il
"fiore" (IV
strofa); o dove irrompe, in
un misterioso pianissimo e
nella tonalità
inattesa di fa minore, sulla
parola “Ruhe” (riposo), dopo
che la V strofa sembrava
voler concludersi in un
fiducioso do maggiore;
infine nell’epilogo di
questa Parte I, alla parola
“Weide” (salice), dove il
motivo, condotto lentamente
dai tenori e bassi del coro
e dagli strumenti del
registro grave, dispiega
tutta la sua sinistra
potenzialità.
E questa atmosfera sinistra
della conclusione graverà
sull’intera parte seguente,
Der Spielmann, dove
le dolorose, incessanti
interiezioni sulle parole “O
Leide!
Weh!” (Oh sventura! Ahimè!)
assumono funzione
emblematica. Ma rispetto
all’ambientazione a tratti
“operistica” di Waldmärchen,
lo scenario che qui si offre
ü
radicalmente mutato. Giä
nell’introduzione
orchestrale si apre infatti
un paesaggio solitario
segnato dalla desolazione:
spezzoni motivici impigliati
in scarne orditure
contrappuntistiche,
improvvise esplosioni
dinamiche, cellule ritmiche
ripetitive, minacciosi
interventi degli ottoni
sulle note del Dies irae.
Il protagonista di questa
Parte II,
il menestrello, è
evocato in un tema di sapore
popolaresco, ma che già
all’origine sembra privato
di ogni espansione e carica
vitale.
La breve sezione che segue
pare suggerire il vagare del
menestrello
nel bosco, e i moduli
linguistici ivi adottati
(configurazione di motivi,
condotta di strumenti,
equilibri nella scrittura
orcheslrale) rimandano
inevitabilmente al
wagneriano “Mormorio della
foresta”, inteso quale spunto
tecnico: questo di Mahler è
infatti uno scenario privo
di suggestioni e di
seduzioni.
E qui s’innesta il canto
sommesso
del contralto, che tra i
solisti avrà
un ruolo predominante
in questa Parte II. Fissità di
figure d’accompagnamento,
uniformità
di disegni ritmici, staticità di
linee melodiche
conferiscono alle prime
strofe un andamento greve,
con un’ulteriore
accentuazione della tetra
tonalità dell'introduzione
orchestrale. Nelle ultime
due strofe, incentrate sul
lamento dell’ucciso e del
menestrello girovago, il
linguaggio si fa più
mosso, l'inventiva
motivica e la qualità
ritmica sembrano spezzare in
parte le maglie di staticità e
uniformità
delle strofe precedenti,
anche in concomitanza con la
ripresa di spunti tematici
tratti da Waldmärchen.
E questo passaggio ad una
cifra emotiva più
intensa, fino alla
culminazione esacerbata alla
parola “Weh!”
gridata ripetutamente dal
coro nell'ultima
strofa, rende ancor più
lacerante quella morsa
di angosciosa solitudine che
stringe l’intero brano.
Nella Parte III, Hochzeitsstück,
è
evocata la festa nuziale con
la duplice rivelazione del
fratricidio, da parte del
menestrello e poi dello
stesso cavaliere (ora
divenuto re) nel momento in
cui accostano alle labhra il
flauto-osso per suonarlo. La
ripresa di figure, scene,
situazioni delle Parti
precedenti si riflette
puntualmente nella struttura
musicale. Il quadro epico
che si affaccia
nell’introduzione
orchestrale e nella I strofa
è
definito dal frenetico
accavallarsi di frammenti motivici
e ritmici (di marca
Wagneriana) e da
un’abbagliante crudezza di
colori orchestrali. Nella II
strofa questa dimensione,
scaduta sempre più a cornice
o addiritlura a fondale
esteriore, è
espressa piuttosto
dall’orchestra posta in
lontananza (Fernorchester),
mentre nella grande
orchestra e nelle voci sono
registrati gli sviluppi più profondi,
“interiori” della vicenda
drammatica. Nell'impiego di
quest'orchestra
lontana, oltre all’intento
di dare una chiara
organizzazione spaziale alla
costruzione sonora, viene
dunque a riflettersi
emblematicamente l'antitesi
di ambiti espressivi
eterogenei.
Il precipitare
del dramma
nelle strofe successive è accompagnato
dalla riproposizione di
momenti
e sezioni cruciali delle
Parti I e II. La musica che
in Waldmärchen
aveva modellato le parole
“Der Junge lächelt
wie im Traum” (Il più
giovane sorride come in
sogno), nel momento in cui
si compiva il fratricidio, è ora
ripresa a partire
dal verso
“Was ist der König
so stumm und bleich?”
(Perché è
così
taciturno e pallido il re?)
- è
dunque la musica a dare
risposta a quest'interrogativo!
E quindi alla ripetuta,
sempre più
inquieta domanda "Was
ist der König...?",
il materiale motivico e
timhrico è
dedotto dalla Parte II, per
di più
inframmezzato dalle
interiezioni che l'avevano
suggellata. Il mondo
angoscioso dello Spielmann
incombe ora sulla scena e
con assoluta organicità si
inserisce a questo punto la
riproposizione quasi
letterale del lamento
dell'"osso cantante" ("Ach
Spielmann...").
Nel momento culminante del
dramma, alla veste timbrica
più
tagliente della musica
nuziale e alla più concitata
partecipazione del coro fa
riscontro la linea tortuosa
del soprano, segnata da
cromatismi e balzi di
registro, che dà voce
al rinnovato lamento
dell’ucciso,
divenuto ora atto
di “accusa” contro il
fraticida (il termine klagen
ha anche una sfumatura
semantica in tal senso). E
sotto il segno d’uno
stravolgimento quasi
espressionistico è
condotto anche l'ultimo, tragico
intervento del coro. La cantata
si chiude su uno scenario di
devastazione: in un’esangue
scrittura contrappuntistica,
all’ultimo
barlume del motivo epico dei
corni - accennato dal tenore
sulla domanda senza più
risposta “Was ist es wohl
mit dem Hochzeitsmahl?!”
(Che ne è
del banchetto nuziale?!) -
segue angosciosa e solenne
l’esclamazione del soprano
“Ach Leide!”
sullo sfondo delle sinistre
note della scala
discendente.
Alla luce della fitta rete
di rispondenze e
correlazioni strutturali tra
le tre Parti del Klagendes
Lied, risultano
difficilmente individuabili
le ragioni per cui Mahler
volle eliminate Waldmärchen
dal corpus della
cantata. Le argomentazioni
plausibili sono di Vario
genere, e di Waldmärchen
coinvolgono anche
caratteristiche
stilistico-formali: una
certa diluizione di
linguaggio e ampiezza di
dimensioni rispetto alle
altre Parti. Ma una piena
comprensione del Klagendes
Lied non potrà mai
prescindere dalla sua Parte
iniziale, e solo
nell’articolazione ternaria
originaria si potrà
cogliere in tutta la sua
complessità
di concezione e originalità di
linguaggio la prima grande
prova del genio creativo di
Mahler.
Gabriele
Cervone
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