DG - 1 CD - 431 663-2 - (p) 1992

Edward ELGAR (1857-1935)






Symphony No. 1 in A flat major, Op. 55
55' 18"
- 1. Andante. Nobilmente e semplice - Allegro - Poco meno mosso - Poco più mosso - Tempo I - Poco animato - Grandioso (Tempo I) - // - in tempo 20' 41"

- 2. Allegro molto - attacca:
7' 10"

- 3. Adagio - Molto espressivo e sostenuto 14' 10"

- 4. Lento - Allegro - Grandioso (poco largamente) 13' 17"





Pomp and Circumstance, Op. 39 (Military Marches)



- No. 1 in D major (Allegro, con molto fuoco - Trio (Largamente - Molto maestoso) - Tempo primo - Più mosso
6' 33"
- No. 4 in G major (Allegro marziale - Nobilmente (L'istesso tempo) - Grandioso
5' 21"




 
PHILHARMONIA ORCHESTRA
Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
All Saints', Tooting, London (Gran Bretagna) - gennaio 1990 (Op. 55)
Watford Town Hall, Watford (Gran Bretagna) - febbraio 1991 (Op. 39)


Registrazione: live / studio
studio


Produced by
Wolfgang Stengel

Balance Engineer
Klaus Hiemann

Editing
Ingo Petry (Op. 55), Ingmar Haas (Op. 39)

Prima Edizione LP
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Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 431 663-2 | LC 0173 | 1 CD - 67' 18" | (p) 1992 | DDD


Note
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La prima esecuzione assoluta della Sinfonia in la b. M op. 55 ebbe luogo alla Free Trade Hall di Manchester il 3 dicembre 1908. Agli amici Ernest Newman e Walford Davies, che gli avevano chiesto qualche dichiarazione da inserire nel testo dei programrni di sala, Elgar si era limitato a dire poche parole: “Al di là delle note non c’e una specifica vicenda, tanto meno un programma: c’è però il frutto di una vasta esperienza esistenziale, nutrito di amore per il prossimo e di grande speranza per il futuro”.
August Johannes Jaeger, amico di tutta una vita, a cui il musicista aveva dedicato il celebre “Adagio” (“Nimrod”) della nona variazione di Enigma, sfogliando la partitura aveva notato: “Il movimento lento della Prima Sinfonia è degno di Beethoven: autentico, originale e nobile”. Sulla medesima lunghezza d’onda vennero a sintortizzarsi le recensioni dell’opinione pubblica inlese, per la quale non era soltanto la Prima di Elgar, ma la vera e propria “prima” sinfonia della letteratura musicale britannica. Nonostante la tradizionale compostezza, il pubblico csplose in un diluvio di applausi al termine dell‘Adagio” e il direttore Hans Richter, per nulla contrariato, invitò l’autore alla ribalta sin da quel momento, senza attendere la conclusione del lavoro.
Quattro giorni dopo, allorché lo stesso Richter presentò a Londra la Sinfonia in la b. M alla Queen’s Hall alla testa della London Symphony Orchestra, prima di dar inizio alle prove si rivolse agli strumentisti dichiarando: “Cari signori, stiamo per eseguire la più irnportante Sinfonia dei tempi moderni, e non soltanto di questo paese. L’Adagio è un movimento lento che Beethoven avrebbe potuto scrivere”. Le ovazioni si rinnovarono dopo ogni movimento e al termine fu un assoluto trionfo, propagatosi poi in tutta Europa, con ottantadue esecuzioni nel solo 1909, a Vienna come a Lipsia e a Berlino, ma anche a San Pietroburgo, in America e a Sydney. Le considerazioni più meditate della critica inglese avevano individuato nella grandiosità di respiro, nell’intensità dell’espressione e nella nobiltà degli accenti i tratti maggiormente caratterizzanti dell’intero lavoro, uno dei capisaldi dell’arte di Elgar.
Al pari di Brahms, anche Sir Edward Elgar sembrava aver voluto attendere la maturità per affrontare il genere sinfonico, nonostante che già da una decina d’anni un simile intento ritornasse di frequente nel suo epistolario. Più che per ragioni estetiche o legate all’evoluzione della sua personalità creativa, quell’eccesso di prudenza e di circospezione nel dedicarsi ad una composizione orchestrale di ampie proporzioni dipendeva dalla riluttanza ad abbandonare l’ambito più familiare dei grandi monumenti corali che gli avevano dato fama, onori e sicuri cespiti finanziarii, da Caractacus (1898) al Dream of Gerontius (1900), a The Apostles (1907). Elgar, tuttavia, aveva registrato importanti successi anche nel campo esclusivarnente orchestrale: basti pensare alle “Enigma” Variations (1897), a In the South (1904), ad Introduction and Allegro (1905).
A cinquant’anni Elgar entrò finalmente nell’ordine di idee di cimentarsi nell’agone sinfonico, in un genere cioè che la poetica del tardo romanticismo esaltava come il vertice di ogni aspirazione compositiva, e insieme, punto d’incontro delle emozioni soggettive e dei mezzi linguistici al grado più elevato. Dall’epoca della Quarta Sinfonia (1885) di Brahms, aucor più dalla stagione dei poemi sinfonici di Richard Strauss, principiata da Aus Italien (1886) e Macbeth (1888), ferveva nella cultura europea il dibattito sul “nuovo” nel progresso dell’arte, identificato non soltanto nell’adesione alla poetica, d’ascendenza berlioziana, della musica a programma, rna anche nella dissoluzione del linguaggio che gli autori post-wagneriani, specie nei paesi tedeschi, stavano conducendo alle estreme conseguenze, oltre i limiti delle quali non sarebbe rimasto altro che cambiare strada o tornare sui propri passi. Lo stesso Elgar, durante un ciclo di conferenze all’Università di Birmingham nel 1905, si soffermò sull’antinomia tra musica assoluta e musica a progrannna, affermando senza mezzi termini che per lui “la sinfonia senza un programma costituiva l’obiettivo più alto dello sviluppo evolutivo dell’arte”.
Eppure, anche se non in forma esplicita, un’idea-motto, dall'atteggiamento strumentale di marcia, informa l’avvio della Prima Sinfonia ritornando nel finale. Un motivo che, secondo la testimonianza della consorte del musicista inglese, Elgar suonava al piano con vivo compiacimento già nel tardo giugno del 1907.
La composizione della Prima Sinfonia fu iniziata a Roma nell’inverno del 1907/8 quando, oltre al primo movimento, fu abbozzato l’inizio del secondo. Al ritorno in patria, nell’amata dimora di Plas Gwyn, a Hereford, la scrittura del lavoro si fece pressante, con ultimazione della partitura il 6 settembre del 1908. Significativa la dedica a Hans Richter, “vero artista e vero amico”. Pubblicata nello stesso anno da Novello, la Prima, della quale lo stesso Elgar curò un'incisione nel 1930 sul podio della London Symphony Orchestra, esige un vasto organico comprendente tre flauti e ottavino, corno inglese, oboi, clarinetti e fagotti a due, clarinetto basso e contrafagotto, quattro corni, tre trombe e tre tromboni, bassotuba, percussioni, due arpe e i consueti archi.
Nella trasparenza della trama sinfonica, nonostante la varietà e la complessità dei mezzi orchestrali che entrauo in gioco, si possono cogliere certe connotazioni linguistiche che denunciano, secondo taluni, qualche affinità con l’epos mahleriano, mentre il maestoso respiro del movimento lento, nonché il coinvolgimento di soggetti tematici secondari nel processo elaborativo, fanno pensare un po’ a Bruckner. L’articolazione del movimento iniziale (“Andante. Nobilmente e semplice - Allegro”) contempla una sezione introduttiva, pacata e solenne, che trascorre all'"Allegro", animatissimo e appassionato, ove colpisce l’insolita strategia tonale dispiegata dall’autore nel dar ampio spazio alle varie idee, principali e secondarie, nella ricchezza dell’eloquenza strumentale, melodica e ritmica, siglata da una suggestiva coda per archi divisi. Una sorta di scherzo è il secondo movimento (“Allegro molto”) in fa diesis minore con il trio in si bemolle, nella sfavillante vivacità delle entrate degli archi e poi dei fiati. Al cuore della Prima Sinfonia, e della sua celebrità tanto conclamata, v’è il movimento lento (“Adagio”), permeato d’una intensa estasi lirica, che trova, quasi alla fine del brano, una linfa rinnovata nell’enunciazione di una nuova idea, “molto espressiva e sostenuta”. Infine il quarto movimento (“Lento - Allegro - Grandioso”) esalta il magistero della scrittura elgariana, il perfetto controllo di tutte le risorse della grande orchestra tardo-romantica, il vigore, l’autonomia, l'originalità della discorsività sinfonica.
La glorificazione in musica dello spirito vittoriano al culmine del suo splendore, quando l’Impero di Sua Maestà britannica spaziava su tutti i continenti, non poteva trovare un’incarnazione più esauriente che nel ciclo delle marce rubricate sotto il titolo Pomp and Circumstance op.39 e che comprendono quattro lavori scritti da Elgar fra il 1901 ed il 1907, mentre una quinta vide la luce nel 1930 e di altre sono rirnasti vari abbozzi nello scrittoio del compositore. La più famosa e la N. 1 in re M, per il suggestivo, sereno e coinvolgente incedere della sezione del trio denominata “Land of Hope and Glory”. Ultimata nell’agosto del 1901, dopo una prima esecuzione a Liverpool conobbe il trionfo a Londra, con Sir Henry Wood sul podio del Promenade Concert a Queen’s Hall, quando il pubblico, in preda ad un entusiasmo irrefrenabile, ne ottenne l'immediato bis.
La Marcia n. 4 in sol M (1907) presenta qualche affinità con la “Marcia dei contrabbandieri” dalla Carmen ed ha anche qualcosa di ciaikovskiano (dallo Schiaccianoci).
Luigi Bellingardi