DG - 1 CD - 429 786-2 - (p) 1991

GIL SHAHAM







Nicolò PAGANINI (1782-1840) Concerto for Violin and Orchestra No. 1 in D major, Op. 6
31' 56"

- 1. Allegro maestoso (Cadenza: Emile Sauret) 19' 46"


- 2. Adagio 5' 25"


- 3. Rondo. Allegro spiritoso 6' 45"






Camille SAINT-SAËNS (1835-1921) Concerto for Violin and Orchestra No. 3 in B minor, Op. 61
30' 43"

- 1. Allegro non troppo 9' 28"


- 2. Andantino quasi allegretto 9' 53"


- 3. Molto moderato e maestoso 11' 22"






 
Gil SHAHAM, Violin
NEW YORK PHILHARMONIC
Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
Manhattan Center, New York (USA) - dicembre 1989

Registrazione: live / studio
studio


Executive Producers
Wolfgang Stengel, Dr. Steven Paul

Recording Producer
Wolfgang Stengel

Balance Engineer

Klaus Hiemann

Editing
Paul Doron

Prima Edizione LP
-

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 429 786-2 | LC 0173 | 1 CD - 63' 03" | (p) 1991 | DDD


Note
-















Nel tardo Ottocento, e poi durante la prima parte del Novecento, la maggior parte dei concerti per violino venivano scritti direttamente dai violinisti che dovevano suonarli e che li costruivano attentamente in maniera da sfruttare i punti forti e minimizzare le debolezze della propria tecnica esecutiva. Pochi soltanto di tali violinisti possono aspirare al rango di compositori "importanti": e in effetti l'unico ad esser considerato grande tanto come strumentista che come compositore fu Spohr. Tuttavia, l'influenza di Viotti, Rode, Kreutzer e Paganini fu assai notevole, e si estese ben oltre il repertorio del loro strumento; e se Viotti ed i suoi successori furono importanti per aver unito una tecnica brillante (ma non vuotamente spettacolare) con la melodia romantica e un mirabile senso formale, il grande contributo di Paganini fu quello di sensibilizzare non solo i violinisti ma anche altri strumentisti, e compositori, verso le riserve ancora largamente inutilizzate di possibilità tecniche a loro disposizione. Durante il periodo in cui più estesamente viaggiò per l’intera Europa, dal 1829 al 1834, egli produsse un’impressione indimenticabile su quasi tutti coloro che lo ascoltarono (e lo videro) suonare.
Uno dei brani centrali del suo repertorio concertistico fu il Concerto per violino in re maggiore (originariamente in mi bemolle) che Paganini, in una lettera del 1826, chiamò il suo Primo Concerto. In realtà, non si tratta del primo concerto per violino che egli abbia composto, dato che un precedente concerto in mi minore, da lui soppresso, è invece giunto fino ai giorni nostri. La data di composizione del Primo Concerto non è nota con sicurezza, ma una recensione apparsa nell’Allgemeine Musikalische Zeitung nel 1816, in cui si riferisce a un concerto in mi bemolle suonato da Paganini, insieme con l’opinione espressa da Fétis nel 1831 che il Concerto fosse stato composto “15 o 16 anni fa” suggeriscono che esso debba risalire al 1815-16, precedendo di una decina d’anni il Secondo Concerto.
Il primo movimento si apre con un energico ritornello che richiama lo stile grandioso della scuola di Viotti, mentre la fascinosa cantilena del secondo soggetto deriva dal seducente idioma melodico dell`opera italiana; i brillanti fuochi d’artificio della tecnica, peraltro, che di rado mancano a lungo, sono del più puro Paganini. A quanto egli stesso racconta, l’Adagio venne ispirato da una scena di una rappresentazione teatrale cui aveva assistito a Milano, in cui figurava una commovente scena ove un prigioniero, rievocate le sue disgrazie, invoca la morte che venga a liberarlo dalle sue miserie. Quella notte, ossessionato dalla visione di tale scena, Paganini non riuscì ad addormentarsi; ed infine, disperando ormai di poter prender sonno, si levò e buttò giù l’abbozzo del presente movimento. Ascoltandolo suonare dall’autore, William Gardiner osservò che esso conteneva “toni più che umani, che paion tratti dalle più profonde angosce d’un cuore spezzato”. Il Rondò finale si pone con esso in rinfrancante contrasto, con il vivace tema principale a far da trama per interludi pirotecnici da toglicre il fiato.
Come la maggior parte della musica di Paganini, il Primo Concerto per violino rimase inedito ai tempi dell’autore, ed è improbabile che la parte solistica del violino sia sempre rimasta esattamente la stessa da un'esecuzione all’altra, visto che Paganini era noto per la sua straordinaria capacità di abbellire e modificare le melodie a suo piacimento. Egli in realtà eseguiva in molti dei suoi concerti solamente una parte dell’intera composizione, talvolta il solo primo movimento, talaltra soltanto l’Adagio e il Rondò, e altre volte ancora il Rondò preceduto da un improvvisato preludio per violino solo.
Di tipo diverso fu l’influenza che sullo sviluppo del concerto per violino i grandi violinisti esercitarono nel corso del Novecento. Paganini fa parte dell’ultima generazione realmente significativa di violinisti-compositori, e a partire all’incirca dalla metà del secolo i virtuosi del violino (anche se qualcuno di loro continuò a scriversi i propri concerti) ebbero un ruolo assai più importante come ispiratori e consiglieri, e poi come interpreti, dei concerti di diversi importanti compositori. Ferdinand David lavorò in stretta associazione con Mendelssohn nel plasmare il Concerto per violino di quest’ultimo; Joseph Joachim fu un consigliere di inestimabile valore per Brahms e Bruch nella composizione dei loro concerti; mentre Pablo de Sarasate stimolò a comporre per violino e orchestra numerosi compositori, fra cui Saint-Saëns.
Il Terzo Concerto per violino di Saint-Saëns fu scritto nel 1880 per Sarasate, che lo eseguì in uno dei Concerti del Lunedì di Saint-Saëns quell’anno stesso. Saint-Saëns aveva già scritto per Sarasate il suo Primo Concerto per violino più di venti anni prima, e la loro duratura amicizia ebbe una considerevole influenza sullo sviluppo dello stile di scrittura violinistica di Saint-Saëns. Il compositore ricordò in seguito: “Chi ai vecchi tempi era solito venire alle mie serate musicali non ha dimenticato la distinzione che ad esse conferiva il mio celebre amico, una distinzione tale che per diversi anni nessun altro violinista avrebbe accettato di suonare da me. Tutti erano terrorizzati all’idea di essere posti a confronto con lui. Egli si distingueva non solo grazie al talento, ma anche per il suo spirito e la vivacità inesauribile della sua conversazione, che era sempre viva e assai godibile.”
La scrittura vivace e appassionata, ma insieme raffinata e squisitamente lirica, della parte violinistica del Concerto di Saint-Saëns riflette le qualità dello stile esecutivo di Sarasate, che ancora possiamo ascoltare in alcune brevi registrazioni effettuate nel 1905. Il primo movimento mette a contrasto in maniera assai efficace dei passaggi francamente assertivi con sezioni cantabili più introspettive. L’Andantino quasi allegretto, una seducente barcarola, fa da interludio di quiete fra i due movimenti esterni, e presenta quella sorta di delicate figurazioni filigranate in cui eccelleva l’arte esecutiva di Sarasate. Il finale, che inizia con una breve sezione a mo’ di recitativo, unisce nobiltà e brillantezza, e conduce il brano a degna conclusione.
Clive Brown
(Traduzione: Alfredo Tutino)