Morte e
trasfigurazione
(1888-89) è opera di neofita:
segna l'ingrcsso definitivo
del ventiquattrenne Richard
Strauss nel “credo” lisztiano
e wagneriano predicato da
Alexander Ritter, per nuove
forme musicali indotte da
tensioni letterarie e
filosofiche. L'incontro a
Meiningen con il violinista e
compositore Ritter, che di
Liszt e Wagner era stato
allievo e collaboratore, diede
così il suo primo vero frutto
(“Con l`aiuto di Ritter, sono
ora armato d’una concezione
piena di forza dell`Arte c
della vita”). Il primo poema
sinfonico, lo sfolgorantc Don
Juan, di poco
precedente, aveva ancora la
solidità costruttiva di un
primo movimento di Sinfonia, e
il “programma”
dichiarato - da Lenau - dava
ragione soltanto dello
scatenato vitalismo dei suoi
temi. Ma con Morte e
trasfigurazione, il
confronto con letteratura e
filosofia si fa serrato e
coinvolgente: ed è scommessa
dichiarata (non importa se - a
parere di molti - perdente).
Così parlò Zarathustra,
compiuto nel 1896, appartiene
invece all'ultima fase,
all'epilogo del poema
sinfonico straussiano, assieme
a Don Chisciotte e Una
vita d’eroe. Anch'esso
nel segno di una rivelazione,
quella di
Nietzsche-Zaratustra, avvenuta
sull`Edizione completa del
1890. Proprio in
quell'occasione Strauss volle
precisare di non aver fatto
“musica filosofica”, né di
aver voluto “dipingere in
musica la grande opera di
Nietzsche”.
Queste parole vennero intese,
negli anni del “purismo” musicale
novecentesco, come una
smentita del legame con
l'opera nietzschiana, così
apertamente dichiarato -
invece - nei titoli di ogni
episodio, in partitura; ma
esse vanno piuttosto capite
come una dichiarazione di
superiorità della musica
rispetto ai suoi stimoli
letterario-filosofici; poiché
la musica. secondo Wagner,
secondo Liszt. secondo Ritter,
secondo Strauss, non deve
trattenersi al di qua
dei suoi “significati” per
salvaguardare il proprio
interno ordine, ma deve
piuttosto andare molto al
di là dei limilati
linguaggi verbali della
letteratura e della filosofia.
Perché questo accada, però -
ed è questa la “lezione” degli
ultimi tre poemi sinfonici, a
partire da Zarathustra
- le forme musicali devono
completamente riplasmarsi
rinunciando ad ogni criterio
astratto di organizzazione
interna.
In Morte e
trasfigurazione il
“programma” (stilato dallo
stesso Alexander Ritter)
indica un’uscita dalla forma
classico-romantica - mai come
tra fine Ottocento e inizio
Novecento il "disordine" è
stato altrettanto portatore di
significato! Eppure dietro il
dibattersi tra singhiozzi di
morte e dolci ricordi, tra
battaglie eroiche (contro la
morte? o, ancora, nella
rievocazione?) e spossatezze,
tra dramma esistenziale e
trasfigurazione metafisica,
come non intravedere - sullo
sfondo - i "luoghi" classici
dell`introduzione lenta,
dell'esposizione tematica,
dell'elaborazione tematica,
della ripresa e della
giubilante coda conclusiva?
Simmetrie, ritorni, dualismi:
tutti a garantire una
autonomia alla forma musicale.
Tant'è che il programma fu
certamente scritto dopo la
musica.
Ed
invece, in Così parlò
Zarathustra, la
"rivelazione" nietzschiana
(enunciata genialmente dai
primi fin troppo famosi
accordi) viene seguita da una
serie di pannelli descrittivi
(ognuno con propri temi, con
proprie scritture, addirittura
con proprio stile), in una
direzione a spirale che - poco
oltre la metà del pezzo - si
apre allo "spirito di
leggerezza" che irrompe con il
violino solista zigano o
viennese, con il tripudio del
Valzer, con una danza che -
nonostante la sua mole
orchestrale e temporale - non
ha nulla di parossistico: è il
compiaciuto ondeggiare in un
mondo da cui è scomparso lo
"spirito di profondità" di
wagneriana memoria. E con esso
il principio stesso di una
"purezza" formale della
musica.
In questo
senso la parabola indicata dai
poemi sinfonici porta
direttamente al teatro: a Salome
e a Elektra. Teatro
come attitudine visionaria
della musica.
Guido
Salvetti