DG - 1 LP - 415 682-1 - (p) 1986
DG - 1 CD - 415 682-2 - (p) 1986

Ludwig van BEETHOVEN (1770-1827)






Konzert für Klavier und Orchester Nr. 1 C-dur, Op. 15
35' 07"
- 1. Allegro con brio (Kadenz: Ludwig van Beethoven) 14' 05"

- 2. Largo 12' 03"

- 3. Rondo. Allegro 8' 59"





Konzert für Klavier und Orchester Nr. 2 B-dur, Op. 19
29' 55"
- 1. Allegro con brio (Kadenz: Ludwig van Beethoven) 14' 05"

- 2. Adagio 9' 49"

- 3. Rondo. Allegro molto 6' 01"





 
Martha ARGERICH, Piano
PHILHARMONIA ORCHESTRA
Giuseppe SINOPOLI
 






Luogo e data di registrazione
Walthamstow Town Hall, London (Gran Bretagna) - maggio 1985

Registrazione: live / studio
studio

Production
Hanno Rinke

Recording Supervision
Wolfgang Stengel

Balance Engineer
Klaus Heimann

Editing
Ulrich Vette

Prima Edizione LP
Deutsche Grammophon | 415 682-1 | LC 0173 | 1 LP - 65' 24" | (p) 1986 | Digital

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 415 682-2 | LC 0173 | 1 CD - 65' 24" | (p) 1986 | DDD

Note
-















Devo ancora muovermi con spavalderia. Se non ci fosse questa faccenda dell’udito, avrei già da tempo intrapreso viaggi per tutto il mondo e devo assolutamente farlo. - Per me non esiste piacere più grande che dedicarmi alla mia arte e mostrarla al mondo.” Con queste parole Beethoven caratterizzò la concezione che aveva di sé e del suo lavoro in una lettera del 16 novembre 1801 all’amico Wegeler. Fu la rassegnazione che lo spinse nel marzo dello stesso anno a pubblicare il Concerto in do maggiore op. 15, e nel dicembre successivo il precedente in si bemolle maggiore catalogandolo come op. 19? Nella stessa lettera Beethoven si ribellava contre il suo “debole udito” che gli “appariva ovunque come un fantasma”. Comunque la sua carriera di virtuoso del pianoforte continuamente impegnato in tournées gli stava già alle spalle. Era passato il tempo in cui egli si comportava come Mozart, che nel 1784 - l’anno in cui compose numerosi Concerti per pianoforte - aveva scritto al padre: “Mi reca più giovamento tenerli ancora un paio di annetti nel cassetto e poi renderli noti a tutti mediante la pubblicazione a stampa.”
Beethoven aveva sicuramente tenuto ben più concerti di quanto sia effettivamente documentato. Oggi, lo studio delle fonti ha accertato che la prima versione del Concerto in si bemolle maggiore era già stata approntata a Bonn, al più tardi nel 1790; a questa prima versione ne seguì una seconda nel 1793 a Vienna, poi una terza nel 1794/95 e infine una quarta, la versione definitiva, che - a quanto mi risulta - fu redatta da Beethoven in occasione della sua tournée a Praga nell’ottobre 1798. Della parte solistica erano stati rapidamentc notati sulla partitura solo alcuni passaggi, e fu soltanto nell'aprile 1801 che Beethoven scrisse su fogli separati l’intera parte pianistica. Prima di consegnare questo Concerto al pubblico Beethoven fatto dunque trascorrere più di dieci anni, interi movimenti erano stati sostituiti con altri, novità di   carattere effimero lasciarono il posto a elementi più validi.
Quel Concerto che Beethoven presentò il 29 marzo 1795, in occasione del suo debutto in una “accademia” (= concerto) della Tonkünstler-Societät di Vienna era una prima versione del Concerto in do maggiore. Egli lo eseguì nelle sue tournées a Berlino, Bratislava e Budapest, e ancora in un concerto di beneficenza dei cugini Romberg il 29 o 30 dicembre 1796 a Vienna, e quindi nell’ottobre 1798 a Praga. Quando, il 2 aprile 1800, Beethoven ebbe per la prima volta a disposizione lo Hofburg-theater di Vienna, aveva pensato in un primo tempo di scrivere per questa occasione un lavoro completamente nuovo, quello che sarebbe poi stato il Concerto in do minore; tuttavia non riuscì a terminarlo e decise di redigere una seconda versione del Concerto in do rnaggiore, che rimase poi la versione definitiva.
I due Concerti op. 15 e 19 seguono inevitabilmente la scia di Mozart. I loro organici strumentali si orientano al modello mozartiano; nel Largo dell’op. 15 sono assenti le trombe e i timpani, e ciò in corrispondenza con la strumentazione dei movimenti centrali dei Concerti in do maggiore K. 467 e K. 503 di Mozart. Il primo intervento del pianoforte solista nell’op. 15 manifesta un fitto e complesso intreccio di influenze: nella frase iniziale, oltre a un gesto di riverenza per Johann Sebastian e C.P.E. Bach, Beethoven cita dissimulandolo un “motto” mozartiano in una cadenza della mano sinistra, cui fa immediatamente seguire una citazione dall'"Idomeneo". Solo nella dodicesima battuta di questo assolo appare il tema principale, anch’esso eseguito dalla mano sinistra. È un’idea eminenternente beethoveniana quella di inserire nella Coda del Rondò un Adagio di due battute per gli oboi e i corni per dare alla conclusione un carattere ancor più trascinante. Al di là di Mozart rimandano le dimensioni e la trasognata originalità del Largo, che costituisce il centro di gravità dell’opera. Per compensare un’eventuale perdita di equilibrio formale Beethoven ha rinunciato nel Rondò all’indicazione “scherzando” che originariamente si trovava nel manoscritto. - La fitta elaborazione motivica del primo movimento dell’op. 19 è frutto delle tre preeedenti versioni. Il tema del Rondò in origine iniziava con un’anacrusi e da ciò derivano gli spavaldi accenti in sforzato dell’ultima versione: si può così rilevare come, anche nei primi Concerti per pianoforte, il rapporto di Beethoven con la tradizione apparisse già come un confronto critico.
Hans-Werner Küthen
(Traduzione: Gianmario Borio)