DG - 3 LPs - 413 893-1 - (p) 1984
DG - 2 CDs - 413 893-2 - (p) 1984

DG - 1 CD - 445 466-2 - (p) 1984

Giacomo PUCCINI (1858-1924)






Manon Lescaut
122' 44"
Dramma lirico in quattro atti (Libretto: Marco Praga, Domenico Oliva, Giulio Ricordi , Luigi Illica, Giuseppe Giacosa da Abbé Prèvost)







Long Playing 1
35' 57"
ATTO PRIMO
1. "Ave, sera gentile" (Edmondo, Studenti, Fanciulle, Borghesi) 4' 16"
*

2. "L'amor? l'amor?!" (Des Grieux, Edmondo, Studenti) 1' 06"

*

3. "Tra voi, belle, brune e bionde" (Des Grieux, Edmondo, Studenti) 1' 26"
*

4. "Ma bravo!" (Edmondo, Studenti, Fanciulle, Borghesi) 1' 54"



5. "Discendono, vediam!" (Borghesi, Edmondo, Studenti, Lescaut, Oste, Des Grieux, Geronte) 2' 04"


6. "Cortese damigella" (Des Grieux, Manon, Lescaut) 4' 12"

*

7. "Donna non vidi mai" (Des Grieux) 2' 19"
*

8. "La tua ventura ci rassicura" (Edmondo, Studenti, Fanciulle, Geronte, Lescaut, Borghesi, Oste) 6' 36"


9. "La tua Proserpina" (Edmondo, Des Grieux) 2' 12"
*

10. "Vedete? Io son fedele" (Manon, Des Grieux) 4' 03"
*

11. "Non c'è più vino?" (Lescaut, Des Grieux, Manon, Edmondo, Geronte, Oste) 2' 56"
*

12. "Cavalli pronti avete?" (Lescaut, Geronte, Edmondo, Studenti) 2' 53"


Long Playing 2
41' 31"
ATTO SECONDO 1. "Dispettosetto questo riccio!" (Manon, Lescaut) 5' 38"


2. "In quelle trine morbide" (Manon) 2' 20"
*

3. "Poiché tu vuoi saper" (Lescaut, Manon) 3' 18"


4. "Che ceffi son costoro? ... Sulla vetta tu del monte" (Madrigale) (Lescaut, Manon, Voce sola, Coro) 2' 10"


5. "Paga costor!" (Manon, Lescaut) 1' 22"


6. "Vi prego, signorina (Minuetto) ... L'ora, o Tirsi, è vaga e bella" (Maestro di Ballo, Geronte, Manon, Signori, Abati) 8' 59"


7. "Oh, sarò la più bella! ... Tu, tu, amore? Tu?" (Manon, Des Grieux) 8' 26"
*

8. "Ah! ... Affé, madamigella" (Manon, Geronte, Des Grieux) 1' 55"


9. "Ah! ah! Liberi! ... Ah! Manon, mi tradisce" (Manon, Des Grieux) 3' 57"


10. "Lescaut? Tu qui?" (Des Grieux, Manon, Lescaut, Sergente) 3' 26"


Long Playing 3
45' 16"
INTERMEZZO 1. (Strumentale) 5' 35"

ATTO TERZO 2. "Ansia eterna, crudel" (Des Grieux, Lescaut, Manon) 4' 41"
*

3. "... e Kate ripose al Re" (Lampionaio, Des Grieux, Manon) 1' 26"
*

4. "Manon, disperato è il mio prego!" (Des Grieux, Manon) 1' 27"
*

5. "All'armi! All'armi!" (Voci, Lescaut, Des Grieux, Manon, Borghesi, Popolani, Sergente, Comandante) 1' 44"
*

6. "Rosetta! ... Eh! Che aria!" (Sergente, Borghesi, Popolani/Lescaut, Gruppo di borghesi/Manon, Des Grieux) 4' 03"


7. "Presto! In fila! ... No! pazzo son!" (Sergente, Des Grieux, Gruppo di borghesi, Comandante) 3' 58"
*
ATTO QUARTO 8. "Tutta su me ti posa" (Des Grieux, Manon) 3' 04"
*

9. "Manon, senti, amor mio ... Vedi, son io che piango" (Des Grieux) 2' 10"
*

10. "Sei tu che piangi?" (Manon, Des Grieux) 4' 25"
*

11. "Sola, perduta, abbandonata" (Manon) 5' 28"
*

12. "Fra le tue braccia, amore" (Manon, Des Grieux) 7' 15"






 
Mirella FRENI, MANON LESCAUT CHORUS OF THE ROYAL OPERA HOUSE, COVENT GARDEN
Renato BRUSON, LESCAUT, sergente delle guardie del Re Nina Walker, Chorus Master
Placido DOMINGO, IL CAVALIERE RENATO DES GRIEUX, studente PHILHARMONIA ORCHESTRA
Kurt RYDL, GERONTE DI RAVOIR, tesoriere generale Giuseppe SINOPOLI
Robert GAMBILL, EDMONDO, studente Musical Assistance: Paul Wynne Griffiths
George MACPHERSON, L'OSTE

John FRYATT, IL MAESTRO DI BALLO

Brigitte FASSBAENDER, UN MUSICO (voce sola)

Handel THOMAS, SERGENTE DEGLI ARCIERI

Mark CURTIS, UN LAMPIONAIO

John TOMLINSON, UN COMANDANTE DI MARINA

Paschal ALLEN, UN SERGENTE

CORO (Madrigale)

Elizabeth Stanford, Iris Saunders, Elizabeth Sikora, Jean Tredaway
 






Luogo e data di registrazione
Kingsway Hall, London (Gran Bretagna) - dicembre 1983 e gennaio 1984


Registrazione: live / studio
studio


Production
Günther Breest

Coordination
Claudia Hamann

Recording Supervision
Wolfgang Stengel

Recording Engineer
Klaus Hiemann

Prima Edizione LP
Deutsche Grammophon | 413 893-1 | LC 0173 | 3 LPs - 35' 57", 41' 31" & 45' 16" | (p) 1984 | Digital

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon | 413 893-2 | LC 0173 | 2 CDs - 59' 42" & 62' 59" | (p) 1984 | DDD
Deutsche Grammophon | 445 466-2 | LC 0173 | 1 CD - 66' 15" | (p) 1984 | DDD | Highlights *


Note
-















"Con passione disperata"
Sulla genesi della "Manon Lescaut" di Puccini

"La preghiera di Des Grieux dev’essere un
liebig di insistenza e di commozione comunicativa.”
(Puccini al suo librettista Illica, il 25 aprile 1892)

Quando il primo febbraio 1893 fu rappresentata per la prima volta al Teatro Regio di Torino “Manon Lescaut”, terza opera di Puccini, alla Scala di Milano avevano luogo le ultime prove per la prima del “Falstaff” verdiano: l’opera italiana del secolo XIX si trovava ad una significativa svolta della sua storia. All’incirca dal 1865 il melodramma di tipo verdiano era stato oggetto di ripetute critiche da parte degli ‘scapigliati’ capeggiati da Arrigo Boito. In tali critiche era viva l’aspirazione a trasformare - sotto l’impressione esercitata dai drammi musicali wagneriani - le strutture fondamentali del teatro d’opera; rna alle esigenze teoriche non seguirono delle opere che potessero tenere il confronto e costituire un’alternativa ai melodrammi verdiani. Con l’insorgere del Verismo - di per sé una corrente in primo luogo letteraria, che va vista innanzi tutto come il tentativo compiuto da una giovane generazione di poeti di dare un’adeguata espressione artistica alla realtà del Mezzogiorno italiana - si videro agire congiuntamente nel teatro d’opera l’aspirazione ad una più realistica organizzazione temporale degli eventi rappresentati e soprattutto la tendenza alla scelta d’argomenti più vicini alla vita reale. I successi conseguiti dalle due brevi opere di Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo - “Cavalleria rusticana” nel 1890 e “Pagliacci” nel 1892, e cioè poco prima che fosse rappresentata “Manon Lescaut” - sembravano indicare una possibilità di realizzazione del Verismo in musica. Ma la schematizzazione di questo periodo dell’opera italiana sotto il comune denominatore del Verismo rimane insufficiente ed inadeguata: ciò diviene chiaro se si considera non solo il fatto che Puccini scelse per soggetto della sua opera la vicenda d’un romanzo apparso nel 1731, ma ancheche lo stesso Leoncavallo, ancor prima di comporre “I Pagliacci”, si provò a scrivere un libretto di “Manon” per Puccini. Più importante della scelta dell’argomento, che in special modo nelle opere pucciniane non rimase mai limitato al ristretto ambito veristico, era invece la possibilità di riprodurre sviluppi psicologici in tutte le loro ramificazioni; tale possibilità risultava del resto dal progressivo dissolversi delle strutture musicali tradizionali.
La scelta pucciniana di far trasformare in un libretto d’opera il romanzo dell’Abate Prévost “Histoire du Chevalier des Grieux et de Manon Lescaut” (Amsterdam 1731) può essere solo spiegata tenendo conto del ruolo predominante che nelle situazioni conflittuali del romanzo l’assunto della verità psicologica veniva ad assumere nei confronti del loro legame con l’epoca della sua composizione. Dopo le sue prime opere “Le Villi” (1884) e “Edgar” (1889), Puccini perviene per la prima volta in “Manon Lescaut” non solo a dispiegare il suo linguaggio musicale ad un compiuto grado di maestria, ma anche a mostrare tutti i tratti caratteristici della sua specifica concezione teatrale. La decisione di Puccini per il romanzo di Prévost significava un grande rischio: “Manon”, l’opéra comique di Jules Massenet rappresentata per la prima volta nel 1884 a Parigi con grande successo, cominciava ad imporsi dappertutto, sì da distogliere un compositore più scaltrito dallo scriverne un 'doppione'. Anche se Puccini non aveva visto l'opera di Massenet prima di terminare la sua Manon Lescaut”, pure l’impianto globale del suo libretto offre una chiara prova di come egli si sforzasse di evitare una divisione in atti della vicenda del romanzo che presentasse delle analog1e con quella adottata da Massenet.
Fallita la collaborazione con Leoncavallo, Puccini si rivolse ad una coppia di librettisti; la doppia paternità d’un libretto rappresentava per l’opera italiana un’innovazione, mentre era quasi la regola nella produzione librettistica francese a partire da Eugène Scribe. Contemporaneamente alla realizzazione della originale concezione pucciniana del teatro musicale, cominciarono ad insorgere dei contrasti tra il compositore e i suoi librettisti, e tale circostanza accompagnerà come una costante biografica la genesi delle sue opere. Ma nessuna di queste divenne per i librettisti un calvario così sofferto come “Manon Lescaut”! A Leoncavallo seguì la coppia Marco Praga/Domenico Oliva, che presentò a Puccini uno schema della trama in gran parte analogo alla divisione in atti dell’opera di Massenet:
Atto I: Amiens, incontro Manon-Des Grieux, rapimento di Manon.
Atto II: Parigi, Manon vive con Des Grieux.
Atto III: Manon vive con il suo ricco amante Geronte di Ravoir; Manon riannoda il suo legame con Des Grieux; arresto di Manon.
Atto IV: Morte di Manon nella Luisiana.
Per eliminare tali analogie Puccini propose numerose modifiche; ciò indusse Marco Praga a troncare la sua collaborazione nella stesura del libretto. Alcuni mesi dopo Puccini inviò il manoscritto di Oliva al suo editore e amico paterno Giulio Ricordi, insieme ad una lettera che fornisce una eloquente testimonianza delle precise idee drammaturgiche del compositore:
Vacallo, settembre 1890
Gentilissimo Sig. Giulio,
ho creduto bene inviarle il manoscritto di Oliva acciooché lo legga e si faccia un'idea esatta dei difetti e delle contorsioni che raochiude. Ci sono delle buone cose, ma, per esempio, il quartetto è brutto. Non capisco perché l'Oliva abbia abbandonato la traccia che era così chiara. È buona la prima scena fra Geronte e Lescaut, e così la seconda con Manon, salvo qualche accorciatura quando Lescaut va a prendere il vecchio nascosto. Ci sono quelli a parte che mi sembrano troppo lunghi. Poi veda il manoscritto e troverà delle osservazioni quando Lescaut parla con Des Grieux. La traccia è chiara: “Eh| caro mio, ci sono tanti mezzi per far denaro quando si è intelligenti ecc.: il gioco, le belle donnine più o meno giovani, ecc. ecc.”. Invece, come vedrà dal libretto, tutto ciò è incerto, contorto, lungo ... Poi, veda le osservazioni. Non mi piace, perché Renato fa una parte odiosa, quella scomparsa per preparare i rinfreschi di Lescaut e Renato. Come Renato arriva al punto di lasciare Manon a disposizione del vecchio?! Si ricorda quanto lottammo con Leoncavallo per evitar ciò?
Veniamo, dopo molti altri difetti, al quartetto. Come era grazioso, logico, interessante quello della traccia! Quella entrata mitologica di Geronte, poi quella guerra in Polonia di Lescaut, per distrarre Des Grieux. Quello scoppiettìo di Geronte e Manon! Poi era meglio che si sedessero a tavola come s’era deciso! Dov’è andato a finire quel piccolo brindisi a quattro, così bene a proposito? ... Insomma tutta quella scena in luogo del quartettino a tavola, che era rapida e succosa, è sostituita da un'altra versione eternamente lunga e retoricamente loquace, a danno della chiarezza e rapidità dello svolgersi della commedia. Va bene, dopo, la partenza di Geronte, cioè l’ultima scena. Insomrna io non sono contento affatto affatto, e credo che Lei sarà del mio parere. L’essersi scostato dalla traccia, in qualche punto è stato di miglioramento, ma, in molti altri, di peggioramento.
Io all’Oliva scriverò che il manoscritto con alcune osservazioni è presso di Lei. Ella a voce, la prego, la scongiuro esponga il contenuto di questa mia, e tutto ciò che crederà logico anche da parte sua.
Mi raccomando a Lei.
G. Puccini
Dopo che anche Oliva aveva rinunciato all’incarico affidatogli da Puccini, fu la volta di un’altra coppia di librettisti: Luigi Illica e Giuseppe Giaoosa, che sarebbero poi divenuti famosi con i libretti della “Bohème”, “Tosca” e “Madama Butterfly”, tentarono di soddisfare i desideri del compositore che insisteva per un cambiamento delle linee fondamentali dell’assunto drammaturgico, mentre il testo di quelle sezioni giaà messe in musica era da mantenere parola per parola. Una chiara idea delle esigenze poste da Puccini ad Illica - cui si deve gran parte dell’attuale libretto di “Manon Lescaut” - ci è offerta dalla seguente lettera della prirnavera 1891; qui Puccini faceva proposte perché l’atto II - il cui profilo psicologico presentava analogie con Massenet - ricevesse una fisionomia autonoma tramite una modificazione d’ambiente:
Caro Illica,
t’ho spedito libretto Manon. Ci ho ripensato e sempre più persisto nell’idea di incastrarci l’atto 2° nuovo. Dovrebbe esser un quadro tutto amore, primavera, gioventù. La scena in un orto-giardiuo, tutto pieno di piccoli alberi in fiore sino quasi alla ribalta - col suolo di pelouse verde (erba), con vialetti e qualche sedile. Scena lunga perché gli alberi fioriti dovrebbero perdersi all’infinito: una visione dunque di freschezza, di fioritura eccessiva. Manon e Des Grieux - felici amanti - prodigantisi continue carezze: giocando come due ragazzi innamorati. Lescaut è il loro deus ex machina, etc. etc. Ma il finale è il difficile. Bisogna assolutamente evitare Massenet. Lì ti voglio! Lì ci occorre la trovala illichiana. Non rapimento perchè c’è quasi al 1° atto ... non so proprio cosa si potrebbe trovare ... so che ci vuole una trovata, una fine d’atto efficace, convincente e sopratutto originalmente scenica, perché sarebbe inutile aggiungere un atto se quest’atto non è di grande vantaggio e di efficacia. Per il 4° è facile il taglio: accetterei anche qualche cambiamento verso la fine ... un po’ più di diagnosi delle anime ... Per il 2° vecchio, lo sfrondamento non è difficile, specie al principio: nel duo Manon e Lescaut.
Dunque, caro Illica, pensaci e trova, ma presto, prima che io possa mettermi al lavoro grande di opera nuova.
Puccini
Per distanziarsi dall’impostazione in senso psicologico dell’opera di Massenet, l’atto dell’idillio di Des Grieux e Manon fu infine soppresso completamente. Diversamente dall’opera di Massenet, la “Manon Lescaut” di Puccini sottolinea la tragicità di questa storia d’amore, senza peraltro aver mai mostrato i due amanti felicemente uniti. Una forte incongruenza del libretto, messa in luce da Illica, fu eliminata solo un anno dopo la prima di “Manon Lescaut”, ciò per la resistenza opposta da Puccini ad ogni modifica di quelle parti dell’opera che erano già state composte. Si trattava della raffigurazione psicologicamente incoerente di Lescaut, che nell’atto I accompagna Manon in convento e che poi nell’atto II diviene amico del seduttore della sorella; tale incongruenza fu attenuata dall’inserimento di un duetto tra Lescaut e Geronte alla fine dell’atto I. Nello stesso tempo fu soppresso un finale affidato al coro, che per il suo carattere si sarebbe più adattato ad un grand opéra. I consigli di Lescaut sul modo con cui Geronte potrà guadagnarsi i favori di Manon nonostante Des Grieux l’abbia rapita, contengono in nuce l’argomento del secondo atto poi omesso e preparano l’ascoltatore all’ambiguità di Manon, quale si rivela del definitivo atto II. Discussioni tra compositore e librettisti si ebbero pure a proposito dell’episodio della partenza da Le Havre, per cui Illica aveva immaginato sulla una vera e propria nave che prende il largo, e su cui i marinai e le cortigiane deportate intonavano un coro che si perdeva sempre più in lontananza. Anche il precedente appello delle cortigiane, che fu infine ampliato da Puccini sì da costituire il finale dell’atto III, ricevette la sua configurazione definitiva solo dopo innumerevoli dispute tra tutti gli interessati. Le parole pronunciate dal comandante della nave quando consente infine a Des Grieux di seguire Manon nell’esilio, sono un contributo dell’editore Giulio Ricordi. Ulteriori modifiche al libretto di “Manon Lescaut” furono compiute qualche decennio dopo la prima; dopo aver dato il suo consenso nel 1910 ad alcune proposte di correzioni fattegli da Arturo Toscanini che coinvolgevano la struttura musicale dell’opera, Puccini nel 1922, quando era cioè intento alla composizione di “Turandot”, pregò il librettista Giuseppe Adami di scrivere un nuovo verso per l’aria di Manon dell’atto IV. Proprio per la sua genesi eterogenea, cui corrisponde nell’ambito della struttura musicale una costruzione ‘a mosaico’, “Manon Lescaut” consente una visione più ampia nel ‘laboratorio musicale’ pucciniano, più di quanto non avvenga per le sue opere successive, dalla struttura priva di fratture e più riuscite sotto il punto di vista della tecnica compositiva. Diversamente da quelle opere, in cui la vicenda si svolge nell’arco di un solo giorno (“Tosca”, “Turandot”) o che almeno rappresentano anche visivamente tutto ciò che è essenziale per gli sviluppi psicologici dei personaggi (“Madama Butterfly”, “La fanciulla del West”), all’inizio della parabola creativa di Puccini troviamo diversi libretti, in cui una parte dell’azione è affidata al semplice racconto. In “Le Villi” e “Manon Lescaut” questo schema librettistico si congiunge con il proposito del compositore di elaborare una parte degli sviluppi nascosti della vicenda in un “Intermezzo sinfonico”. Anche nella “Bohème” le varie scene sono disposte in successione ‘aperta’, ma mentre qui tale disposizione ‘aperta’ sembra essere già tracciata nella struttura del modello letterario, in “Manon Lescaut” essa va invece interpretata come la conseguenza di una tattica consapevolmente seguita dagli autori al fine di evitare un’eccessiva analogia con lo schema librettistico dell’opera di Massenet. Al tempo stesso c’è da tener presente che Puccini desiderava per gli sviluppi della vicenda della sua opera una grande varietà di luoghi. Mentre la “Manon” di Massenet si spegne sulla strada che porta a Le Havre, Puccini e i suoi librettisti invece, creando la scena dell’imbarco delle cortigiane (atto III), riuscirono senza dubbio a realizzare un pezzo magistrale, anche dal punto di vista musicale. Ma nell’atto IV, che consiste di fatto in un unico duetto in cui è intercalata l’aria del soprano, oltre all’illogicità drammaturgica, si vede l'immaginazione scenica del compositore capitolare davanti alla convenzione musicale. Mai il Puccini degli anni maturi avrebbe potuto concepire un atto in cui la protagonista, spossata dalla sete e dalla febbre, muore in una landa deserta dell’America (presso New Orleans!), dopo che il tenore si è allontanato brevemente per andare a cercar l’acqua ... e per dare al soprano la possibilità di cantar da sola un’aria.
La questione dell’elemento integratore ed unificante si pone però non solamente per il testo, ma ancor più per la musica; nessun’altra opera di Puccini contiene infatti tanto materiale tematico ripreso da sue precedenti composizioni. Così già il motivo iniziale deriva dai “Tre Minuetti per quartetto d’archi”, pubblicati da Puccini nel 1892 e scritti certamente quali esercizi di composizione per la resa del colorito locale dell’opera. Il medesimo fine, e cioè la creazione dell’atmosfera musicale di questa vicenda ambientata nella seconda metà del secolo XVIII, ha poi la citazione dell"‘Agnus Dei” dalla “Messa di gloria” nel Madrigale dell’atto II di “Manon Lescaut”. L’accompagnamento pulsante in crome regolari, che alla composizione sacra conferisce il carattere di un canto processionale, suggeriscenella mutata cornice della situazione scenica piuttosto l’idea di un accompagnamento con strumenti pizzicati. I piccoli abbellimenti nelle voci dei cantanti sottolineano la frivolezza del nuovo testo, mentre le figurazioni dei ritardi - nei modi dello ‘stile antico’ - ne sottolineano il distacco estetico dal più autentico linguaggio musicale pucciniano. Il colorito storico che qui è già così magistralmente realizzato, è però ancora giustapposto all’espressività del canto dei protagonisti, in cui viene a riflettersi la vicenda vera e propria. Solo a partire da “Madama Butterfly” espressività vocale dei singoli personaggi e colorito locale si fonderanno in maniera totale. Nella partitura di “Manon Lescaut” l’impiego di materiale preesistente si può trovare non solo in quelle parti dell’opera che stanno ad illustrare la cornice storica e locale della vicenda, ma anche in passi di altissima espressività, nei veri e propri ‘pezzi forti’ dell’opera. Un loro esame può favorire una migliore comprensione della costruzione melodica di Puccini; la melodia, per tradizione la categoria suprema nell’opera italiana, è nei melodrammi pucciniani la risultante d’un principio costruttivo di tipo quasi tematico e realizzato sulla base di piccole unità motiviche, che si connettono quasi organicamente per dar luogo a più ampi archi melodici.
Quest’esempio musicale riporta l’inizio dell’aria “È la notte che mi reca”, che insieme con il recitativo che la precedeva “Mentìa l'avviso” aveva costituito la prova dell'esame finale di Puccini al Conservatorio di Milano (1883).

Dall’esempio musicale n. 2 si può rilevare come questa prova d'esame si sia trasformata nell'aria di Dex Grieux “Donna non vidi mai”. Poiché il testo originario (di Felice Romani) era in ottonari regolari, mentre il testo cantato da Des Grieux era composto di endecasillabi e settenari, le note della melodia non corrispondono sempre alle sillabe del testo. La chiara divisione funzionale tra melodia cantata e accompagnamento orchestrale nella prova d’esame viene abbandonata nella partitura di “Manon Lescaut” in favore d’una più variabile divisione funzionale tra voce e orchestra: solo l’orchestra presenta integralmente la melodia, mentre il canto del solista ne riprende delle linee melodiche più brevi, dove i tempi forti vengono ad avere un particolare lustro e rilievo per la coincidenza delle due linee melodiche. Con questa tecnica della distribuzione di una melodia enfaticamente inarcata tra voce solista e orchestra Puccini poteva dispiegare in una grande varietà di gradazioni l’intensità espressiva del suo melodismo. I motivi più importanti di questa partitura così ricca di temi si ripresentano secondo il modulo d’una tecnica leitmotivica di tipo associativo e dopo la loro prima comparsa ricoprono la partitura d’una trama di reminiscenze d’episodi trascorsi. Se a volte si può rilevare come il tessuto di relazioni motiviche si conformi più all’impeto della raffigurazione affettiva che non ad una disposizione consapevole del materiale, pur tuttavia gli episodi centrali dell’opera, come il gran duetto d’amore dell’atto II, la scena dell’imbarco nell’atto III e gran parte dell’atto IV, traggono quell’immediatezza d’effetto emozionale che esercitano sull’ascoltatore anche da quella certa noncuranza con cui il compositore giustappone materiale eterogeneo là dove la raffigurazione di situazioni psichiche anomale glielo richiedeva. Così la fonte più importante del materiale musicale per degli atti III e IV - il quartetto per archi “Crisantemi”, composto da Puccini nel 1890 per la morte del duca Amedeo di Savoia - non viene preparato tematicamente nei primi due atti. Il capovolgimento di atmosfera così prodotto ha un effetto tanto più incisivo in quanto penetrano nel tessuto orchestrale anche elementi tipici della scrittura quartettistica.
Con tutta la straordinaria maestria nel trattamento dell’orchestra che contraddistingue la partitura di “Manon Lescaut”, come del resto tutte le altre di Puccini, pure si possono ravvisare in quest’opera quegli svariati influssi da cui ben presto - a cominciare dalla “Bohème” - sarebbe nata una scrittura orchestrale pienamente e ininterrottamente compiuta. Quanto agli influssi esercitati su Puccini dall’ambiente musicale a lui contemporaneo, bisogna citare innanzi tutto le opere di successo composte dai suoi amici Mascagni e Leoncavallo. Specialmente nell"‘Intermezzo” si trovano reminiscenze della tecnica compositiva di Mascagni (cfr. l’Intermezzo di “Cavalleria rusticana”). Oltre ad un trattamento dei legni che ricorda Massenet, o più in generale il Drame lyrique dell’epoca, l’orchestrazione pucciniana tradisce soprattutto l’influsso delle opere romantiche wagneriane. Oltre a costituire sempre un orientamento per ciò che riguarda la tecnica dell’istrumentazione, le conquiste delle tarde opere wagneriane hanno nella partitura di “Manon Lescaut” una vita per così dire subcutanea. La grande distanza che separava le posizioni estetiche dei due autori impedì che il mondo sonoro wagneriano - a parte alcune reminiscenze nell’atto II - divenisse norma estetica per il timbro orchestrale pucciniano. Ad ogni modo, anche se la versione pucciniana di “Manon Lescaut” ha rappresentato a confronto con l’opéra comique di Massenet una perdita di leggerezza nell’impostazione della trama, pure vi è congiunto un alto grado d’intensificazione della passione umana. In una lettera a Marco Praga lo stesso Puccini espresse tale differenza in un’immagine: “Lui (Massenet) la sentirà alla francese, con la cipria e i minuetti. Io la sentirò all’italiana, con passione disperata.”
Jürgen Maehder
(Traduzione: Gabriele Cervone)