4 CD's - AMS 009-12 - (p) 1993

Claudio MONTEVERDI (1567-1643)









SELVA MORALE E SPIRITUALE, Venezia 1640 e 1641








Compact disc 1




Vespro

62' 09" CD 1/1-10
- Dixit Secondo - (a 8 voci concertato con gli stessi istromenti del primo et nel medesimo modo) n.13 7' 36"

- Confitebor Secondo - (a 3 voci concertato con due Violini) n.15 5' 48"

- Beatus Primo - (a 6 voci concertato con due Violini et 3 Viole da brazzo ovvero 3 Tromboni quali anco si ponno lasciare) n.17 7' 34"

- Laudate pueri Secondo - (a 5 voci) n.20 7' 11"

- Laudate Dominum omnes gente - (a 5 concertato con due Violini et un coro a quattro voci qual potrassi e cantare e sonare con quattro Viole o Tromboni...) n.21 4' 06"

- Credidi - (a 8 voci da Capella) n.24 4' 10"

- Ut queant laxis n.31 3' 08"

- Sanctorum meritis Secondo - (concertato a voce sola con due Violini sopra a la qual aria si può cantare anco altri Inni dello stesso metro) n.27 2' 43"

- Magnificat Primo - (a 8 voci et due Violini et quattro Viole overo quattro Tromboni quali in acidente si ponno lasciare) n.33 13' 07"

- Salve Regina Primo - (a tre voci Alto Basso et Tenore o Soprano) n.35 6' 46"

Compact disc 2



Messa a 4 voci da Capella
n.6
16' 31" CD 2/1-8
- Kyrie
2' 27"

- Gloria
3' 31"

- Credo
2' 09"

- Crucifixus
1' 16"

- Et in Spiritum Sanctum
2' 12"

- Sanctus
2' 00"

- Benedictus
1' 28"

- Agnus Dei
1' 28"

Altri brani vari




Gloria - (a 7 voci concertata con due Violini et quattro Viole da brazzo overo 4 Tromboni quali anco si ponno lasciare se occoresse l'acidente) n.7
12' 45" CD 2/9
Crucifixus - (a quattro voci Basso Tenore Quinto et Alto. Concertato con Tromboni o Viole da brazzo quali si ponno anco lasciare...) n.8
2' 46" CD 2/10
Et resurrexit - (a due Soprani o Tenori con due Violini) n.9
1' 44" CD 2/11
Et iterum - (a 3 voci, Basso et due Contralti) n.10
1' 53" CD 2/12
Jubilet - (a voce sola in Dialogo) n.38
4' 55" CD 2/13
Madrigali



- O ciechi - (a 5 voci et doi Violini) - (F. Petrarca) n.1
4' 10" CD 2/14
- Voi ch'ascoltate - (a 5 voci et doi Violini) - (F. Petrarca) n.2
5' 06" CD 2/15
- É questa vita un lampo - (a 5 voci) - (A. Grillo) n.3
2' 35" CD 2/16
- Spontava il dì - (Canzonetta morale a 3 voci) - (A. Grillo) n.4
6' 03" CD 2/17
- Chi vul che m'innamori - (a 3 voci et due Violini) - (A. Grillo) n.5
7' 22" CD 2/18
Compact disc 3




Vespro

62' 32" CD 3/1-10
- Dixit Primo - (a 8 voci concertato con due Violini et quattro Viole o Tromboni quali se portasse l'accidente anco si ponno lasciare) n.12 10' 52"

- Confitebor Primo - (a 3 voci con cinque altre voci ne ripieni) n.14 7' 14"

- Beatus Secondo - (a 5 voci qual si può cantare ridoppiato et forte o come piacerà) n.18 5' 16"

- Laudate pueri Primo - (a 5 voci concertato con due Violini) n.19 6' 52"

- Memento - (a 8 voci da Capella) n.25 7' 23"

- Laudate Dominum Terzo - (a 8 voci) n.23 4' 04"

- Iste confessor - (Himnus sopra ad una medesima aria [di Sanctorum meritis Secondo]) n.29 2' 37"

- Deus tuorum militum n.32 2' 17"

- Magnificat Secondo - (a 4 voci in genere da Capella) n.34 7' 40"

- Salve Regina - (a 2 voci, due Tenori o due Soprani) n.36 6' 17"

Compact disc 4



Altri brani vari



- Ab aeterno - (mottetto a voce sola in basso) n.11
6' 53" CD 4/1
- Confitebor Terzo alla francese - (a 5 voci quali si può concertare se piacerà con quattro Viole da brazzo lasciando la parte del soprano alla voce sola) n.16
6' 34" CD 4/2
- Laudate Dominum Secondo - (a 8 voci et due Violini) n.22
2' 54" CD 4/3
- Sanctorum meritis Primo - (a voce sola et due Violini sopra alla qual aria si potranno cantare anche altri Hinni peò che siino dello stesso Metro) n.26
5' 10" CD 4/4
- Deus tuorum militum - (Himnus sopra ad una medesima aria [di Sanctorum meritis Secondo]) n.28
2' 14" CD 4/5
- Iste confessor - (voce sola et et due Violini sopra alla qual Aria si può cantare parimenti Ut queant laxis di S. Gio. Batt. et simili) n.30
3' 17" CD 4/6
- Salve Regina - (con dentro un Ecco voce sola risposta d'ecco et due Violini) n.35
9' 50" CD 4/7
- Laudate Dominum in sanctis eius - (voce sola Soprano o Tenore) n.39
4' 54" CD 4/8
- Pianto della Madonna (Jam moriar, mi fili) - (a voce sola sopra il Lamento d'Arianna) n.40
10' 57" CD 4/9





 
Ensemble 'CONCERTO' Choro Favorito
- Fabio Missaggia, Violino primo Marinella Pennicchi, Jill Feldman, Soprani
- Rosario Di Meglio, Violino secondo James Bowman, Roberto Balconi, Alti
- Massimo Cialfi, Trombone primo Vincenzo Manno, Emanuele De Checci, Tenori
- Ole Kristian Andersen, Trombone secondo Antonio Abete, Marco Ricagno, Bassi
- Mauro Morini, Trombone terzo
- Gerhard Lubenow, Trombone quarto Choro de putti: Coro di voci bianche del Teatro alla Scala di Milano / Nicola Conci, direttore
- François De Rudder, Fagotto Capella: Almagesto vocale / Bruno Raffaele Foti, direttore
- Sabina Colonna Preti, Viola da gamba, Viola bastarda Choro Favorito Secondo: Gruppo madrigalistico dell'As.Li.Co.
- Claudio Frigerio, Violoncello
- Giorgio Sanvito, Violone Bruno Raffaele Foti, Vice Maestro di Cappella
- Mara Galassi, Arpa doppia

- Paul Beier, Arciliuto primo Roberto GINI, Direttore e Maestro di Cappella
- Franco Pavan, Arciliuto secondo
- Maurizio Martelli, Chitarrone
- Giovanni Togni, Organo, Clavicembalo
- Roberto Gini, Clavicembalo, Organo, Viola bastarda
 






Luogo e data di registrazione
Chiesa di San Sigismondo, Cremona (Italia) - 17-22 & 20/30 maggio 1993

Registrazione: live / studio
studio

Produttore
Gaetano Santangelo

Art director / Grafica

Carlo Steiner / Ivana Tortella


Supervisione artistica

Roberto Gini


Riprese audio

Ernesto Esposivto


Assistente musicale

Jorge Alberto Guerrero


Assistente in regia

Chiara Esposito


Editing
Gennaro Carone


Prima Edizione CD
AMADEUS - AMS 009-10 - (2 CD's - durata 62' 14" & 65' 58") - (p) 1993 - DDD
AMADEUS - AMS 0010-11 - (2 CD's - durata 60' 37" & 52' 38") - (p) 1993 - DDD


Note
In copertina: Bartolomeo Campi - Santa Cecilia e Caterina



 
GUIDA ALL'ASCOLTO
L'eterogeneità degli stili e delle forme, la varietà dei mezzi e delle scelte linguistiche, il contrasto dei generi e delle tecniche compositive, sono fra le caratteristiche che più colpiscono all'ascolto della Selva morale e spirituale. La vasta raccolta monteverdiana (40 brani), che comprende musica scritta per la Cappella di San Marco ma anche per le funzioni di altre chiese veneziane, produce l'impressione di una certa discontinuità, anzi di un marcato divario di stili e generi: vi si trovano riunite, infatti, musiche composte in un arco di tempo molto ampio (la Selva raccoglie una produzione più che trentennale), per un organico quantomai vario e dalla destinazione liturgica disparata. Alle composizioni a cappella nello stile polifonico della tradizione, destinate al servizio ordinario dal quale gli strumenti erano di norma esclusi, si affiancano brani concertanti dall'apparato vocale e strumentale più fastoso, che si avvalgono spesso della tecnica, tipicamente veneziana, dei cori battenti; né mancano brani impostati nel moderno e teatrale stile monodico. La Selva morale e spirituale si configura, dunque, come un vero e proprio compendio delle tendenze stilistiche dell’epoca. La presenza di stili così eterogenei in ambito sacro si spiega anche con l’autonomia della tradizione musicale veneziana, gelosamente difesa dal patriarcato della città. A Venezia, ancora al tempo di Monteverdi, v’era una certa tolleranza per ciò che concerne i testi della liturgia (tra i salrni d’uso comune era ammessa, per esempio, l’inserzione di mottetti su testi latini non biblici, frutto di parafrasi o compilazione moderna) ; simile tolleranza si esercitava anche in campo musicale: nella musica sacra, perciò, avevano pieno diritto di cittadinanza stili originariamente legati al mondo teatrale o cameristico. Accogliendo le innovazioni stilistiche e le tecniche compositive della "seconda pratica", che rompono decisamente col mondo della polifonia classica cinquecentesca, la Selva morale attua una convergenza col profano: Monteverdi assimila perfettamente al genere sacro i processi già sperimentati in campo madrigalistico e teatrale. Nell’ambito sacro come in quello profano, il compositore trae spunto dai suggerinienti affettivi del testo verbale, ricercando la loro manifestazione in musica; tende, in definitiva, a un'interpretazione personale del testo, interpretazione che è sovente di natura drammatica. La novità del linguaggio sacro monteverdiano, allora, non andrà ricercata tanto nelle innovazioni armoniche o contrappuntistiche, quanto nell'articolazione declamatoria del discorso musicale, nell’articolazione originale della forma (organizzata in sezioni ben individuate, legate da rapporti di corrispondenza, simmetria, alternanza), che poggia sul testo verbale ed è di natura eminentemente retorica.
Oltre che per la varietà stilistica, la Selva s’impone per la varietà dei mezzi vocali e strumentali di cui fa sfoggio. L’esibizione di un apparato più o meno opulento è legata alla solennità della festa, dunque alla disponibilità di un organico di cantori e strumentisti più o meno ampio; in alcuni casi, come avviene per la Messa a cappella, sono previsti brani alternativi, in stile concertante, sostituibili ai brani ordinari in occasione di riti solenni. Varia è anche la destinazione liturgica dei brani contenuti nella raccolta. Il materiale può essere suddiviso in alcuni nuclei principali: cinque composizioni su testo d’argomento genericamente spirituale, in volgare, poste all’inizio della Selva con funzione di proemio; una messa a quattro voci a cappella, provvista di brani alternativi; salmi e inni per la liturgia del Vespro; composizioni mariane. Come l’inizio, anche la fine della raccolta è riservata a un brano devozionale non liturgico, il Pianto della Madonna. La messa, i salmi e gli inni costituiscono la parte liturgica della Selva: la possibilità d’inserimento dipende, per certi brani, dalla solennità della festa e dall’organico disponibile; altri mottetti sono invece privi di una precisa destinazione liturgica, ma in certe occasioni possono venire ad arricchire la liturgia ufficiale.
Claudio Toscani
Compact discs 1 & 2

Compact discs 3 & 4
Vespro
I brani del prime cd sono idealmente raccolti a formare la musica liturgica de1Vespro, la parte dell’Officio che si celebra quando il giorno volge al termine. La liturgia vespertina comprende un certo numero di salmi (Dixit Dominus, Confitebor, Beatus vir, Laudate pueri) che vengono recitati tutte le domeniche dell’anno; altri (Laudate Dominum, Credidi, Memento) sono destinati a festività particolari.
Fanno parte della liturgia vespertina anche alcuni inni, il Magnificat e il Salve regina. Vario è lo stile col quale i salmi della Selva morale vengono posti in musica: si va dal semplice stile vocale a cappella, a quello monodico, a quello concertante, che vede le voci - spesso sostenute da strumenti di ripieno - dividersi in più cori o dialogare coi violini. I brani sono presenti, in genere, in più d’una versione, in modo da consentire una scelta che tenga conto della solennità della festa e dell’organico disponibile.
Dixit Secondo (n.13)
Il brano d’esordio del Vespro, Dixit secondo, è costituito da un’ampia successione di episodi contrastanti per stile, scrittura e organico, corrispondenti ad altrettante sezioni del testo posto in musica (la didascalia avverte che il brano è "a 8 voci concertato con due violini et quattro viole o tromboni"; poiché le parti delle viole e dei tromboni mancano, si presuppone che tali strumenti raddoppiassero le voci nel "tutti", come perlopiù fanno i due violini). Tranne che in pochi luoghi, il brano procede tutto per articolazioni sillabiche, sia nelle sezioni solistiche che in quelle corali, così da configurarsi come un grande declamato: ne risulta acuito quel senso di potenza, di perentorietà, nel quale è facile scorgere il riflesso della solennità del verbo divino. La fissità armonica, l’iterazione delle cadenze che caratterizzano l’apertura, rimandano alla ieraticità delle parole del testo; ma basta l’accenno a un concetto bellico ("inimicos tuos") per dividere le voci in due cori contrapposti, come eserciti che si fronteggino, e per scatenare richiami di tromba e fragore di battaglia, per dar sfogo, cioè, all'armamentario sonoro che Monteverdi aveva già ampiamente sperimentato nei Madrigali guerrieri. É musica altamente drammatica, che predilige lo stile vocale "parlante", la sillabazione sulle note ribattute; musica nella quale l'immaginazione è costantemente mobilitata dai suggerimenti testuali: così alle parole "confregit in die irae suae reges" compare il tema dell’antica sequenza del Dies irae; un accenno guerresco ("conquassabit") scatena di nuovo i segnali di battaglia; e le parole di tripudio ("exaltabit") sono il pretesto per lunghi passi melismatici, nei quali rivive la tradizione gregoriana dello jubilus alleluiatico.
Confitebor Secondo (n.15)
Una diversa organizzazione formale mostra il Confitebor a tre voci concertate con due violini, che ha costruzione strofica. Ciascuna delle cinque sezioni mantiene inalterato il basso; sopra di esso cantano le voci sole o a tre, coi violini che intevengono in eco o con vere e proprie parti concertanti. Il salmo è poi chiuso dal "tutti" del Gloria Patri, che procede con un maestoso andamento accordale.
Beatus Primo (n.17)
Un principio spiccatamente concertante ispira il Beatus primo a sei voci con due violini. Il brano è fondato sul ritorno periodico di due elementi ricorrenti: il motto iniziale (Beatus vir, ripetuto cinque volte nel corso dei primi quattro versetti, poi di nuovo subito prima e subito dopo il nono; e un ritornello strumentale eseguito dai due violini, che Monteverdi riprende pari pari dalla canzonetta Chiome d'oro nel Settimo Libro de' Madrigali. I due elementi, ricorrenti a mo' di refrain, danno unità all’intera composizione, evitando l'impressione d’un affastellamento di episodi separati; ma un forte senso di unità scaturisce anche dalla tecnica dell'iterazione del basso seguente (che proviene anch'esso dalla canzonetta Chiome d'oro).
Laudate pueri secondo (n.20)
Il Laudate pueri secondo a cinque voci è invece strettamente imparentato alla tecnica polifonica antica. Tutta la prima parte del brano, costituita da una suceessione di episodi imitativi - ciascuno su un soggetto proprio - che si incastrano l'uno nell'altro, è informata allo stile della più classica polifonia vocale cinquecentesca. Né mancano immagini sonore imitative, come lo sprofondare delle voci nel registro grave alle parole "et humilia respicit", o la progressione ascendente sulle parole "in caelo". Più oltre, comunque, il brano apre brevemente allo stile monodico, affidando una melodia riccamente fiorita ai tenori sulle parole di giubilo "laetatum". Caratteristica è anche la tecnica di riprendere nella sezione conclusiva ("Sicut erat"), su nuove parole, i vecchi soggetti già ascoltati nella prima parte del brano.
Laudate Dominum omnes gentes (n.21)
Nuovamente ispirato al più puro Spirito concertante è il Laudate Dominum a cinque voci, con un coro a quattro voci e due violini, che vive del contrasto tra sezioni di leggera tessitura, dove le cinque voci soliste - sole o a coppie - concertano coi violini, e sezioni più sonoramente massicce, dove il coro procede in omoritmia. Assai pregnante è il tema associato alle parole "misericordia ejus", che si insinua nella parte centrale del brano: si tratta d’una discesa cromatica dalle forti implicazioni patetiche, ispirata a un "affetto" che contrasta vivamente con l’atmosfera generale del salmo.
Credidi (n.24)
Il Credidi a otto voci è un’ampia pagina policorale, scritta per due cori spezzati, secondo la caratteristica prassi delle feste solenni celebrate nella basilica marciana (l'organizzazione delle voci e degli strumenti in due cori distinti poggia sulla possibilità di disporre, in San Marco, di due organi e due cantorie che si fronteggiano). Lo stile polifonico è vetusto, e rimanda al linguaggio tardo-rinascimentale; antica è anche la tecnica che fonda la composizione su una melodia gregoriana, presente sia nell’intonazione in cantus planus ("Credidi propter quad locutus sum"), sia nella sezione polifonica, dove essa è posta a fondamento della melodia dei soprani.
Ut queant laxis (n.31) - Sanctorum meritis secondo (n.27)
Nella liturgia vespertina si inseriscono, a questo punto, due inni: Ut queant laxis, che fa parte del Vespro per la festa di San Giovanni, e Sanctorum meritis, che è parte dei Vespri per più martiri. Poiché il testo verbale degli inni ha un assetto metrico ben definito (equiparabile agli schemi accentuativi moderni), la loro struttura è strofica, con un’unica melodia che si ripete per ogni strofa. Non solo: la sillabazione pressoché totale delle parole facilita l'intercambiabilità dei testi, così che ogni inno può essere adattato per nuove festività, mediante la semplice sostituzione del testo con un altro dello stesso metro. É lo stesso Monteverdi a fornire una doppia o una tripla versione degli inni: in un caso al testo dell’inno Ut queant laxis sostituisce quello di Iste confessor, in un altro al testo di Sanctorum meritis sostituisce Deus tuorum militum e, di nuovo, Iste confessor. Comune è la struttura formale: le strofe, intonate a volte col concorso di violini concertanti, sono introdotte e separate da ritornelli strumentali.
Magnificat primo (n.33)
Il Magnificat a otto voci, che nella Selva morale inaugura la serie di testi della liturgia mariana, è uno splendido esernpio del più moderno stile concertante, che vive del contrasto chiaroscurale di sezioni nelle quali si alternano organici sempre diversi. Ampio e articolato, il brano sfoggia grande dovizia di mezzi (ai due cori vocali se ne aggiunge un terzo strumentale), e indulge a un fulgore sonoro nel quale si riconosce la peculiare tradizione musicale della Serenissima. Più che per strutture polifoniche orizzontali, il brano procede per contrapposizione di masse sonore.
All'episodio iniziale, che sfrutta la tecnica dei cori spezzati, succede un episodio a due soprani concertati con due violini, fondato su un basso ostinato; di nuovo un "tutti" policorale, poi prende il via un episodio imitativo dominato da un caratteristico soggetto cha ascende cromaticamente, sulle parole "et misericordia ejus".
Ancora una volta, al cromatismo è demandata l`espressione di un frammento testuale affettivamente significativo. Il "tutti" successivo porta con sé un contrasto vivissimo: le parole del teato ("Fecit potentiam") danno il via a una serie concitatissima di segnali di tromba, che richiamano il suono della battaglia. Questa sezione "marziale" torna, some un refrain, a separare gli episodi successivi, solistici, nel quali primai due soprani con lunghi melismi ("dispersit"), poi i due bassi, infine i due tenori, intonano i seguenti versetti del salmo. Il brano si avvia alla conclusione con un ampio episodio imitativo, fondato su due distinti soggetti (uno dei quali, sulle parole "misericordiae suae", e caratterizzato da ritardi e tensioni armoniche), cui succedono un ultimo episodio solistico a due tenori e la sfarzosa polifonia dell’episodio finale.
Salve Regina Primo (n.35)
Il Vespro si conclude, infine, col Salve Regina a tre voci, un brano che era già apparso nel 1629, nella Quarta raccolta de’ sacri canti compilata da Lorenzo Calvi. Di stile moderno, vibrante e fortemente patetico, il brano è tutto proteso a raccogliere le sollecitazioni del testo: valgano per tutti gli esempi della discesa cromatica, rotta da penosi "sospiri", sulle parole "suspiramus gementes et flentes", o della lunga ascesa per gradi cromatici, anch'essa densa di significato gestuale, su "o dulcis Virgo".

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Messa a quattro voci da cappella
(n.6)
Il secondo CD è aperto dalla serie dei brani che costituiscono l'ordinarium di una messa a quattro voci a cappella, e da alcuni brani alternativi, con diverso organico, da impiegarsi all’eventualità in occasioni particolari. Le cinque parti dell’ordinarium (le parti della messa che presentano sempre lo stesso testo, indipendentemente dal giorno in cui la funzione è celebrata, opposte al proprium de tempore, cioè l’insieme delle parti il cui testo varia secondo le festività dell’anno liturgico) sono impostate nello stile polifonico tradizionale, a quattro voci con basso seguente (che raddoppia la voce più grave); le loro dimensioni, non molto ampie, e l’assenza di strumenti concertanti, rivelano che la messa è destinata alle festività ordinarie. Monteverdi vi adotta la tecnica del tema circolare: uno spunto melodico attraversa, immutato o variamente trasformato, tutte le parti della messa, dandole unità e coerenza.
Kyrie
Il tema circolare è presentato subito all’attacco del Kyrie eleison, la prima parte dell'ordinarium, tripartita (la tripartizione musicale è implicita nel testo) e realizzata - come vuole la tradizione - in polifonia imitativa. Anche il Christe eleison e il secondo Kyrie presentano temi che saranno ripresi, più tardi, nel corso delle altre parti della messa.
Gloria
Il Gloria è la seconda parte dell'ordinarium; il testo, alquanto lungo, e suddiviso in più sezioni caratterizzate ciascuna da un’ampia chiusura cadenzale. L’incipit testuale, che veniva di norma intonato dal celebrante, è realizzato in cantus planus; la scrittura polifonica inizia dunque a partire dall’Et in terra. Quasi tutte le sezioni imitative si basano sul tema circolare della messa, assunto per moto retto o per moto contrario.
Credo
Anche il Credo è formalmente organizzato sul principio del Gloria; qui il testo, ancora più ampio, è all’origine di una spiccata varietà d'atteggiamento. Dopo l'intonazione in cantus planus, inizia la parte polifonica con una successione d’episodi imitati, ciascuno dei quali si fonda sul tema circolare della messa, variato a volte in modo sottile. Il flusso continuo della polifonia imitativa è interrotto dall’Et incarnatus, un momento meditativo realizzato in prevalente omoritmia e in valori ritmici piu larghi.
Crucifixus - Et in Spiritum Sanctum
Il successivo Crucifixus asseconda la tensione emotiva del testo verbale rarefacendo il suono, mentre l’Et resurrexit esprime il tripudio della resurrezione con un gioioso andamento accordale in ritmo ternario. L’episodio seguente (Et iterum) è uno sfoggio di bravura contrappuntistica: Monteverdi pone al basso, a reggere l’edificio polifonico, un cantus firmus (in valori lunghi) che consiste nel tema circolare per moto contrario, mentre al di sopra le altre voci si imitano vicendevolmente enunciando il tema per moto retto. Le parti conclusive del Credo, nelle quali le imitazioni si fanno sempre più strette e la scrittura polifonica risplende in tutta la sua magnificenza, aggiungono alla messa un ulteriore elemento di ciclicità: vengono infatti ripresi il soggetto del Christe eleison e quello dell’ultimo Kyrie.
Sanctus - Benedictus - Agnus Dei
Il Sanctus, interamente scritto in polifonia imitativa, assume anch’esso il tema ciclico della messa; il Benedictus riprende invece il soggetto di una sezione (Qui tollis) del Gloria, prima di concludere con la tradizionale ripetizione dell’Hosanna. Nell’Agnus Dei, infne, l’ultima parte dell'ordinarium missae, le imitazioni canoniche si fanno ancor più rigorose. Un primo episodio è fondato su un soggetto che è una libera parafrasi del tema circolare, mentre un secondo ripropone il tema nella sua integrità; la parte conclusiva riprende il soggetto del Christe eleison.

Brani alternativi
Inizia ora una serie di brani, in stile concertante, che Monteverdi inserì nella Selva morale con l’intento di fornire pezzi alternativi a brani o sezioni dell'ordinarium missae. In tutti questi brani, destinati a festività solenni, quando nelle chiese veneziane l'organico normalmente disponibile veniva accresciuto, l'apparato sonoro è sfarzoso, e la scrittura richiede prestazioni più alte ai solisti.
Gloria (n.7)
Il primo di questi brani è un Gloria a sette voci, nel quale la pluralità delle tecniche impiegate è funzione dell’interpretazione del testo e delle situazioni affettive da esso suggerite. Impressionante lo splendore sonoro dell’episodio d’esordio; la vocalità melismatica e altamente virtuosistica dei solisti è punteggiata da interiezioni corali, accordali, che fanno da ritornello. Totalmente diverso il tono dell’episodio successivo: una coralità possente, che procede con andamento grave, per valori larghi, esplorando gli estremi registri gravi. La scrittura concertante del Laudamus te, dove alle coppie dei soprani e dei tenori rispondono in eco i violini, comporta un alleggerimento del peso sonoro; intervengono poi di nuovo le figurazioni virtuosistiche dell’episodio iniziale, anche questa volta scandite da interventi corali. Per tre volte risuonano ora le invocazioni dei due soprani (Domine Deus), cui risponde il ritmo martellante di due blocchi corali contrapposti. I versetti seguenti, che invocano la misericordia divina, sono organizzati in tre strofe, introdotte e separate da ritornelli strumentali: tocca prima ai due soprani e al basso, poi ai due tenori, infine ai due bassi. Un nuovo episodio concertante è chiuso da una breve sezione omoritmica, che dà lo slancio per l’episodio concertante finale, nel quale sono di nuovo riprese la scrittura e le figure dell’esordio.
Crucifixus (n.8) - Et resurrexit (n.9) - Et iterum (n.10)
Gli altri brani alternativi per la messa a cappella della Selva morale sostituiscono alcuni versetti del Credo. Il primo di essi è un Crucifixus a quattro voci (alternativo, dunque, alla sezione del Credo), un brano asciutto, dalla severità ascetica, impostato su un soggetto cromatico discendente che rende in modo quanto mai efficace l’idea della sofferenza. Il secondo, Et resurrexit a due voci con due violini concertanti, è invece informato a un’espressione oltremodo gioiosa (vi si notino le linee melodiche ascendenti su "et ascendit", la massima espansione al registro acuto coincidente con "in coelum", il saldo gesto melodico discendente su "sedet". Il terzo brano, infine, Et iterum a tre voci, concede largo spazio a ricchi e suggestivi melismi.
Jubilet (n.38)
Nella Selva morale trovano spazio alcuni mottetti privi d’una precisa destinazione liturgica: fra di essi v’è Jubilet, canto di giubilo per una voce di soprano in dialogo con un secondo soprano. La configurazione dialogica è in larga misura implicita già nel testo, che può essere letto come una serie di domande e risposte; Monteverdi traduce l’affetto dominante per mezzo di un gioioso ritmo ternario di danza, che sostiene il brano quasi per intero, in un’accorta alternanza di passi melismatici e passi in stile recitativo.

Madrigali
Un gruppo di cinque madrigali spirituali, su testo genericamente morale ma non liturgico, è posto da Monteverdi in apertura della Selva morale, con la funzione di un proemio. Sono composizioni nello stile moderno più avanzato, che prediligono la declamazione rapida, la sillabazione su note ripetute caratteristica dello stile madrigalistico profano, piuttosto che il classico andamento polifonico in valori distesi.
O ciechi (n.1)
La prima di esse, O ciechi a cinque voci e due violini, trae il testo da una serie di terzine del Trionfo della morte del Petrarca. Costituisce l’avvio della raccolta monteverdiana, ed ha infatti l'andamento di un grande recitativo corale, nel quale il testo è declamato con accordi ribattuti. Il madrigale procede poi, con una tecnica tipica dello stile profano per brevissime sezioni omoritmiche o imitative, solistiche o collettive, creando un suggestivo effetto di frammentazione caleidoscopica.
Non mancano momenti ispirati a quella concitazione guerresca che costituisce una delle più note peculiarità stilistiche del tardo Monteverdi.
Voi ch'ascoltate (n.2)
Il secondo madrigale, Voi ch'ascoltate a cinque voci e due violini, mette in musica l’avvio del Canzoniere petrarchesco. La ripartizione formale è chiara, poiché è dettata dal testo poetico (un sonetto): nell’intonazione della prima quartina tre voci,
coi violini in eco, si muovono con rapide fioriture, imitando i "sospiri" suggeriti dal testo poetico; subentra poi una sezione omoritmica, con un inserto solistico in stile "parlante"; le due terzine conclusive, infine, sono poste in musica rispettivamente con un episodio imitativo di tutte le cinque voci e con un nuovo "tutti" omoritmico, in tempo ternario.
È questa vita un lampo (n.3)
Nel madiigale È questa vita un lampo, su testo di Angelo Grillo, l’alternanza della scrittura (accordale o imitativa) e dei pesi sonori è ancora più rapida: avviene all'interno del singolo verso, quando non addirittura tra parola e parola. Questa tecnica è perfettamente funzionale al concetto espresso dal testo poetico, che tratta la fugacità delle cose terrene.
Spontava il dì (n.4)
Spontava il dì, "canzonetta morale" a tre voci, presenta il testo poetico e musicale diviso in cinque parti, chiuse ciascuna da un refrain comune. Le prime quattro stanze sono realizzate in polifonia con andamento sillabico, con imitazioni elementari, con una condotta melodica quanto mai semplice: seguono, insomma, i dettami dello stile "popolaresco". La quinta stanza, invece, è realizzata monodicamente: è infatti un patetico "lamento" del basso solo, che - indugiando in cromatismi caratteristici - declama in uno stile prettamente teatrale.
Chi vol che m'innamori (n.5)
Chi col che m'innamori, infine, "canzon morale" a tre voci e due violini, si struttura in tre strofe, introdotte e separate da un ritornello strumentale; un ritornello più ampio è previsto per la conclusione. La scrittura è semplice, prevalentemente accordale, e si giova del contrasto tra spiccati ritmi di danza ("hoggi si ride") e rotture patetiche del verso e della linea melodica ("e poi diman si piange").
Cludio Toscani

Vespro
Come il primo, anche il terzo CD della Selva morale e spirituale dispone i brani in modo da ricostituire idealmente la musica per la liturgia del Vespro, la parte dell’Officio celebrata verso il termine della giornata. Ai salmi che fanno parte stabilmente della liturgia vespertina (Dixit Dominus, Confitebor, Beatus vir, Laudate pueri) vengono intercalati inni e salmi destinati a festività particolari (Memento, Laudate Dominum, Iste confessor, Deus tuorum militum); la successione è chiusa dal cantico del Magnificat e dal Salve Regina.
Dixit Primo (n.12)
L'imponente salmo d’apertura, Dixit Dominus a otto voci, presenta una serie di sezioni varie e contrastanti, alternate secondo un piano che avvicenda i pieni e i vuoti sonori, la scrittura imitativa e l’omoritmia, i toni concitati e un andamento melodico fluido e disteso; sezioni che, pur nel contrasto, sono legate fra di loro da un motivo ricorrente, una discesa melodica di quarta. Monteverdi intona tutta la prima parte del salmo osservando il principio retorico dell’amplificatio: ad ogni sezione ne fa seguito un’altra, costruita essenzialmente sullo stesso materiale musicale ma amplificata nel peso sonoro, nelle dimensioni e nella complessità di scrittura. Così il primo versetto (Dixit Dominus), intonato con una prima frase sillabata su un’unica corda e con una seconda frase melodica del soprano solo, e subito replicato: la prima frase è amplificata dalla sillabazione corale delle otto voci su un accordo fermo, la seconda dal trattamento polifonico cui è sottoposta la frase melodica prima intonata dal soprano. Anche il secondo versetto (Sede a dextris meis) è posto in musica secondo lo stesso principio: intonato dapprima dal soprano solo, è replicato coralmente, all’inizio con un maestoso andamento omoritmico, poi con un elaborato intreccio imitativo. Quest’ultimo si svolge su incisi melodici sincopati, così che ne nasce una polifonia frastagliata, ritmicamente rotta, che restituisce alla perfezione l'immagine guerresca suggerita dal testo (inimicos tuos). Il terzo versetto (Virgam virtutis) è costruito anch’esso in base allo stesso principio retorico: il materiale melodico affidato dapprima ai due tenori è amplificato poi dal trattamento corale, che alterna scrittura accordale e imitativa, in un gioco chiaroscurale quanto mai calibrato. Anche qui suggestioni testuali di natura bellica (in medio inimicorum) scatenano una concitazione nella quale s’odono il rincorrersi dei segnali militari e il cozzare delle armi. I suggerimenti testuali, d’altra parte, determinano il trattamento musicale di più d’una sezione: basterà osservare gli accordi martellanti coi quali vengono scolpite le parole che testimoniano la potenza divina (confregit in die irae suae reges), o l'andamento melismatico, memore dello jubilus alleluiatico, sulla parola exaltabit.
Confitebor Primo (n.14)
Il secondo salmo della liturgia vespertina, il Confitebor, è costruito sul principio concertante dell'alternanza soli/tutti. Le sezioni solistiche, in stile polifonico imitato, sono affidate a tre voci (contralto, tenore e basso) sostenute dal basso continuo; nelle sezioni del ‘tutti’, in omoritmia, le tre voci vengono raddoppiate, e ad esse si aggiungono due soprani, così da dare origine a una scrittura a cinque parti reali. Il
‘tutti’ funziona come un vero e proprio ritornello di concerto: infatti è costituito sempre dalla stessa successione accordale, variata unicamente nella sua componente ritmica.
Beatus Secondo (n.18)
Anche il Beatus vir a cinque voci è informato al principio del concerto barocco: v’è infatti la ripresa periodica d’un ritornello (Beatus vir) che fa regolarmente ritorno - identico nel testo e nella musica - dopo ogni coppia di versetti, l’ultima volta con andamento accordale e in aumentazione. Ritornello ed episodi non sono però separati da nette cesure, tendono anzi alla compenetrazione reciproca: il flusso della polifonia, perciò, non si arresta che verso la fine del salmo, per dar luogo ai più enfatici episodi conclusivi. Il testo verbale fornisce talvolta lo spunto per procedimenti musicali imitativi: sulle parole "confirmatum" e "non commovebiur" il concetto della saldezza è espresso dalla fissità ritmica e melodica dei soprani e dei bassi, che procedono per note lunghe a mo' di tenor; alla parola "fremet" l’ordito polifonico è vivacizzato dalle figure in ritmo puntato estese a tutte le parti.
Laudate pueri Primo (n.19)
Un principio formale diverso segue invece il Laudate pueri a cinque voci concertate con due violini. La prima parte del salmo consta di tre grandi strofe, ciascuna delle quali è divisa in una prima sezione (sempre sullo stesso testo, Laudate pueri) intonata da due tenori, e in una seconda in tempo ternario, caratterizzata da uno spirito più marcatamente concertante. Il testo di questa seconda sezione varia di strofa in strofa, ma è intonato sfruttando il medesimo materiale musicale, con le parti disposte ogni volta diversamente. Terminate le tre strofe, e con esse la prima parte del salmo, interviene una sezione nella quale tutte le voci, per la prima volta, procedono omoritmicamente (Suscitans). Con questo segno di forte articolazione formale ha inizio la seconda parte del salmo, che comprende un episodio a due soprani e basso con due violini concertati, un duetto riccamente fiorito dei tenori e un episodio concertante conclusivo.
Memento (n.25)
Il Memento a otto voci, destinato ai Vespri di festività particolari, è un ampio brano policorale, nel quale le voci si dividono in due cori contrapposti, secondo la tipica prassi veneziana della basilica di S. Marco. La scrittura è prevalentemente accordale, lo stile declamatorio e possente, teso a valorizzare i blocchi sonori, il gioco delle masse che assottigliano e rafforzano di continuo il loro peso fonico.
Laudate Dominum Terzo (n.23)
Nel Laudate Dominum a otto voci il gusto per il colore è ancor più spiccato: il brano si alimenta da cima a fondo del contrasto tra "soli" e "tutti", tra sonorità contenute e ripieni energici e sontuosi. Un lungo e vario duetto dei soprani (Laudate Dominum) è interrotto con regolarità da una serie di interiezioni corali, che scandiscono la parola Quoniam; poi (Confirmata est) si avvicendano i due soprani e le rimanenti sei voci, finché un ‘tutti’ omoritmico (Laudate Dominum) riprende testo e musica della parte iniziale; infine un episodio a due cori contrapposti (Quoniam confirmata est) contrasta vivamente col Gloria Patri conclusivo, nel quale si fa ritorno all’esile sonorità dei due soprani soli.
Iste confessor (n.29) - Deus tuorum militum (n.32)
I due inni inseriti a questo punto fra le musiche per la liturgia vespertina, Iste confessor e Deus tuorum militum, hanno in comune la struttura strofica; ogni strofa del testo poetico viene intonata dalle voci, concertate con due violini, ed è chiusa da un ritornello strumentale. Il primo inno è ottenuto, per semplice sostituzione del testo verbale, dall’inno Sanctorum meritis: come abbiamo già ricordato, in questo genere di composizioni l'intercambiabilità dei testi è consentita dallo schema metrico ben definito, così che Monteverdi può fornire più versioni dello stesso inno - per adattarlo a festività differenti - cambiandone semplicemente le parole. Il secondo inno, impostato in uno spigliato ritmo ternario, è a tre voci e si serve di una scrittura più spiccatamente concertante.
Magnificat Secondo (n.34)
Col cantico del Magnificat, "a quattro voci in genere da capella", Monteverdi ci riporta nel mondo della polifonia classica cinquecentesca. Il brano comprende la realizzazione polifonica dei soli versetti dispari: la mancanza dei versetti pari (Et exultavit, Quia fecit, Fecit potentiam, Esurieutes, Sicut locutus) è probabilmente da attribuire alla prassi dell’alternatim, secondo la quale ai versetti intonati in polifonia ne venivano intercalati altri in cantus planus. La scrittura contrappuntistica, sorvegliata e armoniosa, ricorre a tecniche compositive arcaizzanti: tutto il brano, infatti è basato sulla parafrasi della melodia gregoriana del Magnificat, sfruttata anche a più riprese come tenor.
Salve Regina (n.36)
Le musiche per la liturgia vespertina giungono al termine con l'intonazione del Salve Regina a due voci. Una prima sezione del testo è realizzata nella forma di un canone all’unisono dei due tenori; una seconda (Ad te clamamus) si apre ad immagini sonore imitative, rompendo la melodia con una sequenza di pause sulle parole patetiche "ad te suspiramus". Altri spunti naturalistici emergono nella sezione conclusiva, dove alle pause ‘sospiranti’ si aggiunge la penetrante ascesa cromatica dell'invocazione "o dulcis Virgo".


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Altri brani vari
Ab aeterno (n.11)
Il mottetto Ab aeterno ordinata sum a voce sola, che apre il quarto CD, trae il testo dai Proverbia ed è destinato al proprium di qualche festività non precisata. Impostato nello stile moderno della monodia accompagnata, ha carattere di eccezionalità per le alte doti vocali richieste. Il testo è particolarmente ricco di spunti imitativi: è perciò naturale che la monodia mostri una netta propensione all’illustrazione sonora della singola parola e del singolo concetto. Parole quali ‘abyssi’, ‘gravi mole’,
‘fundamenta terrae’ si associano ad uno spostamento nell’estremo registro grave, mentre altre quali ‘montes’ o ‘praeparabat caelos’ vedono la melodia salire all’acuto; la mobilità degli elementi, in corrispondenza di parole quali ‘flumina’, ‘mari’, ‘aquarum’, è resa con floridi passaggi e ampie tirate. Il canto procede per grandi sbalzi, la linea vocale è molto frazionata.
Confitebor Terzo alla francese (n.16)
Il Confitebor ‘alla fmncese’ a cinque voci riprende il materiale musicale da due composizioni monteverdiane precedenti, Chi vuol haver felice e Dolcissimo usignolo, che fanno parte dei Madrigali amorosi dell’Ottavo Libro. La didascalia posta da Monteverdi all’inizio del brano dà la possibilità di sostituire le parti vocali con quattro viole da braccio, lasciando alla voce sola la parte del soprano: su questa prassi si fonda la dicitura "alla francese". In base al principio dell'alternanza soli/tutti, il primo versetto è enunciato dal soprano e subito ripetuto dalle cinque voci; seguono una serie di episodi che alternano il ‘tutti’ a sezioni solistiche (con momenti di particolare concitazione ‘guerresca’ alle parole ‘et terribile nomen ejus’, finché col Gloria Patri il soprano sfoggia una monodia oltremodo fiorita; il salmo giunge poi al termine con la ripresa integrale della prima sezione, su nuovo testo verbale (Sicut erat), ed una cadenza conclusiva.
Laudate Dominum Secondo (n.22)
Il salmo seguente, Laudate Dominum a otto voci e due violini concertati, è caratterizzato da uno schema circolare nel quale si alternano un refrain (il Laudate Dominum iniziale, intonato dai due soprani che si imitano a breve distanza) ed episodi variamente costruiti: ora tocca ai tenori coi violini concertati (Quoniam confirmata est), ora alle otto voci con andamento omoritmico o suddivise in due cori contrapposti.
Sanctorum meritis Primo (n.26) - Deus tuorum militum (n.28) - Iste confessor (n.30)
L’inno Sanctorum meritis, appartenente alla liturgia dei Vespri per le feste di più martiri, è costituito, come i suoi omologhi, da una serie di strofe - musicalmente identiche - intonate a voce sola, separate da ritornelli strumentali e chiuse da un Amen finale. I due inni seguenti, Deus tuorum militum e Iste Confessor, forniscono una nuova versione di inni già incontrati: infatti si limitano a sostituire il testo verbale, rispettivamente, degli inni Sanctorum meritis Secondo e Ut queant  laxis.
Salve Regina (n.35)
Una forte teatralità contraddistingue il Salve Regina, il cui testo verbale è frutto dell'interpolazione di un altro testo, Audi coelum, fra le parole consuete del Salve Regina. L’elemento teatrale è già implicito nel testo interpolato, che contiene effetti d’eco, puntualmente sfruttati dalla musica di Monteverdi; ma l’aderenza della musica al testo va ben oltre: è la provenienza delle parole, infatti, a suggerire l'articolazione formale del brano. Le sezioni col testo nuovo, cantate da un tenore con un secondo tenore in eco, sono realizzate nel più moderno stile della monodia accompagnata; mentre le sezioni col testo originale del Salve Regina, stilisticamente differenti, vengono intonate dal tenore coi due violini concertati.
Laudate Dominum (n.39)
Il salmo Laudate Dominum a voce sola riprende il materiale musicale di due precedenti composizioni monteverdiane apparse negli Scherzi musicali del 1632, Zefiro torna e Armato il cor (quest’ultimo è inserito anche fra i Madrigali guerrieri dell’Ottavo Libro). Il brano, dall'andamento sciolto e gioioso, fa propri i numerosi suggerimenti testuali indulgendo all'imitazione degli strumenti musicali sulle parole ‘in sono tubae
, ‘in psalterio et cithara’, ‘in tympano et choro’, ‘in cymbalis benesonantibus’: di volta in volta si avvertono dunque squilli di tromba, note lungamente ripercosse, tremoli, passaggi melismatici. Nella parte finale le parole ‘laudet e ‘alleluja’ sono accompagnate da un lungo vocalizzo, uno jubilus altamente virtuosistico.
Pianto della Madonna (n.40)
A chiusura della Selva morale e spirituale Monteverdi pone il Pianto della Madonna, travestimento spirituale di quel Lamento d'Arianna che a suo tempo aveva commosso l’uditorio fino alle lacrime. Universalmente riconosciuta come la miglior pagina di musica teatrale dell’epoca, il Lamento d'Arianna era in assoluto la composizione monteverdiana più nota. È perciò comprensibile il desiderio di riutilizzare il brano e di porlo a suggello della vasta raccolta della Selva morale, ricorrendo all’antica pratica della contrafactio: così le parole originali vennero sostituite da un testo latino - del quale è ignoto l’autore - che si adatta perfettamente al ritmo del vecchio testo in volgare. I due testi traducono, concettualmente, la stessa sfera affettiva: sono il lamento per la perdita della persona amata; nel Pianto della Madonna a Teseo si sostituisce Cristo, ad Arianna, Maria ai piedi della croce. La musica, del tutto priva di efflorescenze vocali, segue fedelmente il ritmo declamatorio del testo: segna il trionfo dell’eloquenza di tipo teatrale e raggiunge un livello d’intensità espressiva straordinario.

Claudio Toscani