2 CD's - TC 56031103/4 - (p) 1989

Claudio MONTEVERDI (1567-1643)







CONCERTO - SETTIMO LIBRO DE MADRIGALI del Signor CLAUDIO MONTEVERDE






Compact disc 1



- Symphonia - Tempro la Cetra - (Voce Sola) (e, 1, 3, 8, 4, 5, 12, 18, 19)
10' 30"

- A Quest'Olmo - (A 6. Concertato) (h, 2, 3, 13, 14, 10, 12, 17, 18, 21) 5' 35"
- Non è di gentil core - (A Doi Soprani) (a, b, 17, 22) 4' 00"
- O come sei gentile - (A Doi Soprani) (a, b, 9, 24)
4' 47"
- Io son pur Vezzosetta - (A Doi Soprani) (a, b, 15, 17, 9)
3' 41"
- O viva fiamma - (A Doi Soprani) (a, b, 15, 17, 9)
3' 30"
- Vorrei baciarti - (A Doi Contralti) (c, d, 17, 6, 22)
3' 34"
- Dice la mia Bellissima Licori - (A Doi Tenori) (d, f, 17, 19, 9, 22)
2' 11"
- Ah che non si conviene - (A Doi Tenori) (d, f, 9, 22)
2' 56"
- Non vedrò mai le Stelle - (A Doi Tenori) (d, f, 15, 24)
3' 29"
- Ecco Vicine ò bela Tigre - (A Doi Tenori) (d, f, 10, 15, 22)
3' 27"
- Perche fuggi - (A Doi Tenori) (d, f, 17, 19, 9, 22)
8' 44"
- Tornate - (A Doi Tenori) (d, f, 15, 9, 22)
2' 30"
- Soave libertate - (A Doi Tenori) (d, f, 6, 22)
3' 04"
- S'el vostro cor madonna - (A Doi Tenori è Basso) (f, g, 24)
4' 26"
- Interrotte speranze - (A Doi Tenori) (e, f, 16, 9, 22)
4' 09"
Compact disc 2


- Augellin - (A 3. Doi Tenori è Basso) (d, f, g, 17, 19, 9, 22)
3' 23"
- Vaga su spina ascosa - (A 3. Doi Tenori è Basso) (d, f, g, 15, 17, 19, 9, 22)
2' 42"
- Eccomi pronta à i Baci - (A 3. Doi Tenori & Basso) (d, f, g, 15, 9, 22)
2' 09"
- Parlo miser ò taccio - (A 3. Doi Soprani è Basso) (a, b, g, 24)
5' 04"
- Tu dormi - (A 4. Soprano Alto Tenor è Basso) (a, d, f, g, 20, 9, 22)
3' 09"
- Al Lume dalle Stelle - (A 4. Soprano Alto Tenor è Basso) (a, b, f, g, 17, 9, 22)
4' 31"
- Con che soavità - (Concertato a una voce & 9. Strum.) ([f, 11, 22] · [1, 3, 8, 9, 16] · [4, 5, 12, 18, 19])
4' 52"
- Ohime dove il mio ben - (Romanesca A 2.) (a, b, 15, 17, 9, 22)
5' 27"
- Se i Languidi miei sguardi - (Letera Amorosa à Voce Sola in genere rapresentativo) (a, 22)
8' 47"
- Se pur destina - (Partenza Amorosa A Voce Sola) (f, 22)
9' 49"
- Chiome d'oro - (Canzoneta A 2. Voci Concert.) (a, b, 2, 3, 15, 9, 22)
3' 14"
- Amor che deggio far - (Canzoneta A 4. Concertata) (a, b, f, g, 2, 3, 17, 9, 22)
4' 17"
- Tirsi Clori Ballo - (Concert. con Voci et Istrumenti à 5.) (b [Clori], f [Tirsi], h, 13, 14, 3, 5, 6, 7, 9, 12, 15, 21, 18, 17, 23)
12' 12"




 
Cettina CADELO, Soprano (a)
CAPPELLA MAURIZIANA / Mario Valsecchi, Direttore (h)
Cristina MIATELLO, Soprano (b)
Cesare Amurri, Loredana Bacchetta, Donatella Bassani, Cristina Benefico
Claudio CAVINA, Contralto (c)
Luigi Biffi, Angela Boerio, Cristina Bolleri, Aldo Bruzzone
Emanuele DE CHECCI, Contralto-tenore (d)
Simonetta Bruzzone, Rosanna Casé, Maria Corno, Stefanie Gruber
Carlo GAIFA, Tenore (e)
Elana Jachia, Monica Kircheis, Ursel Koenigsmann, Mario Livraghi
Vincenzo MANNO, Tenore (f)
Giorgio Oscar Milano, Luciano Pigni, Lina Paola Rancati
Giovanni FAVERIO, Basso (g)
Claudia Rizzato, Pierluigi Salvadeo, Filippo Tuccimei


Ensemble 'CONCERTO'

- Luigi Mangiocavallo, Violino (1)
- Giovanni Antonini, Flauto diritto (13)
- Carlo De Martini, Violino (2)
- Giorgio Merati, Flauto diritto (14)
- Enrico Onofri, Violino (3)
- Mara Galassi, Arpa doppia (15)
- Stefano Bachi, Viola da gamba (4)
- Paul Beier, Arciliuto (16)
- Paolo Biordi, Viola da gamba (5)
- Marco Fodella, Arciliuto (17)
- Sabina Colonna Preti, Viola da gamba (6)
- Roberto Gallina, Liuto (18)
- Gaetano Nasillo, Viola da gamba (7)
- Maurizio Martelli, Tiorba (19)
- Alberto Rasi, Viola da gamba (8)
- Ugo Nastrucci, Tiorba (20)
- Caterina Dell'Agnello, Violoncello (9)
- Ugo Nastrucci, Chitarra barocca (21)
- Sabina Colonna Preti, Violoncello (10)
- Roberto Gini, Clavicembalo (22)
- Nicola Baroni, Violoncello (11)
- Giovanni Togni, Clavicembalo (23)
- Paolo Rizzi, Violone (12)
- Roberto Gini, Organo (24)


Roberto GINI, Direzione
 






Luogo e data di registrazione
Sala del Vasari (Ist. Ortopedici Rizzoli), Bologna (Italia) - giugno 1987 e novembre 1988
Sagrestia di S. Marco, Milano (Italia) - luglio e ottobre 1989


Registrazione: live / studio
studio

Direttore di produzione

Roberto Meo

Direttore di registrazione
Sigrid Lee

Grafica

Gloria Moretti

Presa del suono

Roberto Meo e ing. Thomas Gallia (brani CD 1: 1 e 16, CD 2: 7)


Tecnica

TACTUS, PCM Sony 16 bit, microfoni Bruel & Kijer (2) e KM 84i (2)


Prima Edizione CD
TACTUS - TC 56031103/4 - (2 CD's - durata 65' 22" & 70' 16") - (p) 1989 - DDD

Note
In copertina: Carlo Saraceni "Gli amori di Venere e Marte"; Lugano, Collezione Thyssen - Bornemisza



 
È interessante intravvedere, nella storia della musica vocale, un filo diretto che congiunge esperienze diverse ed apparentemente eterogenee: un'ispirazione comune che induce i compositori a sondare psicologicamente, per mezzo della musica, particolari situazioni affettive che la poesia può solamente accennare. Chiunque si accosti, da musicista o da ascoltatore, ad uno di questi fatti artistici, vi riconosce immediatamente, sia esso un Lied romantico oppure una moderna canzone, un'emozione profonda che, attraverso le note, rinnova affetti e sensazioni di un vissuto sedimentato nelle profondità dell'animo.
Spesso la parola "Madrigale" suscita l'impressione di qualcosa di arcaico, di legato ad una cultura e ad una tradizione irrimediabilmente trascorse, recuperabile solamente in seguito ad una laboriosa operazione mentale o ad uno sterile esercizio scolastico; questo termine, al contrario, racchiude in sé parte della storia di questa particolare ottica introspettiva; col tempo, esso potrà mutare nomi in quelli di Cantata, Lied, Canzone, etc. e, col nome, formule e mezzi espressivi: resta però immutata la necessità di chiarificare quel tanto di inespresso presente in un testo poetico, sia esso un capolavoro di Tasso o di Goethe, o il parto lirico di un dilettante.
La presunta "vecchiaia" del Madrigale perde così ogni sua giustificazione: l'emozione sia dell'interprete (al di là della prassi esecutiva) che dell'ascoltatore dovrebbe, in base a queste considerazioni, avere quell'immediatezza d'approccio che suscitano brani appartenenti ad un repertorio più vicino nel tempo: non potrà sembrare totalmente assurdo, ad esempio, definire Madrigale "Wanderers Nachtlied", come chiamare Lied "Al lume delle stelle", in quanto Monteverdi e Schubert sono accomunati dall'intento di scandagliare con la loro musica un particolare momento psicologico.
Fi proprio questa ricerca espressiva che spinse Monteverdi ad ardite innovazioni strutturali e contrappuntistiche che provocarono le astiose polemiche di suoi contemporanei come l'Artusi (1), l'incomprensione di un fine conoscitore come G. Verdi (2), ed, in tempi più recenti, un tipo di interpretazione che sovente appiana la dirompente immediatezza della sua musica, soffocandola talvolta e addomesticandola nell'equivoco di una frigida correttezza formale ed armonica.
Monteverdi pensò di esporre quanto di nuovo aveva da dire rispetto alla tradizione in un trattato che si sarebbe intitolato "Seconda Prattica overo Perfettione della Moderna Musica" (3). Il trattato non ci è giunto; tuttavia non esiste miglior testo della musica stessa per comprendere il contenuto e la sconvolgente modernità di un profondo rinnovamento dei mezzi musicali, che conduce ad una trasformazione del Madrigale da fatto oggettivo a soggettivo, da osservazioni di affetti a loro compartecipe visitazione. Ciò appare in tutta evidenza a partire dal V e dal VI Libro di Madrigali, rispettivamente del 1605 e del 1614, in un processo che infrange la classica struttura formale a cinque voci, tutta giocata sulla diversa valenza di omofobia e di imitazione, col dare spazio a un tipo di scrittura che, sotto la definizione "Concertato", ceela finalità espressive del tutto nuove.
Nel Cinquecento, la parola "Concerto" stava solitamente ad indicare un insieme di voci e di strumenti sia di "fondamento" (cembalo, tiorba, arpa doppia, etc.) che di "ornamento" (viola da braccio, viola da gamba, flauto, etc.) (4). Con Monteverdi, il termine "Madrigale concertato" assume, oltre a questo (cfr. la didascalia del VI Libro: "Madrigali a cinque voci... con il suo basso continuo per poterli concertare nel clavacembano, ed altri stromenti"), un secondo significato: quello di individualizzare, anche virtuosisticamente, ogni singola voce, sia in dialoghi, sia in varie formazioni solistiche all'interno della scrittura a cinque voci (cfr., ad esempio, "T'amo mia vita" dal V Libro, oppure "A Dio Florida bella" e "Qui rise o Tirsi" dal VI Libro) (5).
Il Libro successivo, pubblicato nel 1619, reca, posta in bella evidenza nel frontespizio rispetto al titolo "ufficiale" di "VII Libro de Madrigali", l'intestazione CONCERTO. Questa particolarità ha un suo preciso significato: l'estremizzazione di questo secondo modo di intendere il "Concertato", realizzata mediante la rinuncia alle canoniche cinque voci e l'adozione di un tipo di scrittura per lo più a due, tre o quattro voci col continuo; le parti vocali, così spogliate del filtro oggettivante della densità polifonica, acquistano spessore psicologico ed identità protagonistica in un allusivo Teatro degli Affetti; tutto il Libro, a sua volta, diventa in "Concerto", oltre che di Madrigali, anche di forme e generi diversi e di combinazioni vocali e strumentali nuove.
Il CONCERTO si apre col sonetto di Giambattista Marino "Tempro la cetra": una poesia che, riaffermando la forza dell'amore come potenza ispiratrice, introduce, nella silloge lirica del poeta napoletano, quella sezione denominata appunto "Gli Amori". Il suo intento programmatico si estende anche all'Opera del musicista: l'amore sarà l'argomento comune di questi Madrigali, basati su di una scelta poetica degli autori contemporanei più "espliciti" come Guarini e la sua cerchia, Marino e Marinisti, Chiabrera (con due soli sconfinamenti nel "classicismo" dei due Tassi, Bernardo e Torquato). Ciò che queste musiche ci presentano è un repertorio di situazioni amorose: dal patetico al sorridente, dal languido al malizioso, dallo spirituale al sensuale fino all'ironico e all'umoristico, in una varietà di atteggiamenti che ci fa comprendere quanto sia falsa l'immagine severa o "bacchettona" che si suole attribuire a Monteverdi.
Il Libro si presenta, inoltre, con una struttura in cui sono riscontrabili caratteristiche chiaramente teatrali. Dopo la pagina introduttiva a voce sola ("Tempro la cetra") che svolge, preceduto da una Sinfonia strumentale, la funzione di vero e proprio Prologo, un ampio Madrigale a sei voci e strumenti ("A quest'olmo") stende una sorta di allusivo scenario idillico ove ambientare idealmente i brani successivi (6). Seguono, in un progressivo aumento di organico vocale, Duetti, Terzetti e Quartetti, fino al Madrigale "Con che soavità", ove ricompare la voce sola, inserita bensì in un denso impasto strumentale. A questo punto, i Madrigali diventano "altri generi de Canti": la patetica ed altamenta espressiva Aria sopra la Romanesca, le due segrete ed interiorizzate pagine in Stile recitativo, le due fresche Canzonette concertate ed il Ballo concertato "Tirsi e Clori" che, ricollegandosi nella comune destinazione corale al primo Madrigale, conclude la "rappresentazione" con un arioso episodio coreografico.
Da questa sommaria esposizione, traspare un'idea di continuità che sembra suggerire la necessità di un ascolto integrale; questa incisione ne offre l'opportunità: ci auguriamo di aver reso, almeno in questo, un buon servizio allo spirito di un'autentica conoscenza dell'Opera di colui che Gian Francesco Malipiero definì "il più singolare (e noi potremmo aggiungere incompreso) tra i geni musicali".
Cristiano Gianese - Roberto Gini
Note
(1) - Giovanni Maria Artusi, canonico di S. Salvatore a Bologna, già allievo di Zarlino a Venezia, si proponeva di dimostrare i traviamenti di certe tendenze compositive moderne che, a suo parere, contraddicevano palesemente le regole tradizionali, riportando passi di madrigali privati del testo di un autore non nominato - per l'appunto Monteverdi - preso ad esempio delle nuove deprecabili tendenze.
(2) Giuseppe Verdi, nella compilazione con Arrigo Boito di una raccolta didattica di musiche del Cinquecento, proponeva Allegri, Marenzio, Palestrina e Victoria "e tanti altri buoni scrittori di quel secolo ad eccezione di Monteverde che diponeva male le parti".
(3) In risposta al libro di G.M. artusi "L'Artusi overo Delle Imperfettioni della moderna musica" (Venezia, 1600).
(4) La testimonianza che forse meglio descrive l'estetica e l'uso degli strumenti con le voci è il breve trattato di Agostino Agazzari "Del sonare sopra il Basso con tutti gli Stromenti e dell'uso loro nel Conserto", pubblicato a Siena nel 1607.
(5) Era comune, a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo, "concertare" voci e strumenti per raddoppiare, o anche sostituire, parti vocali in Madrigali polifonici. Oltre a varie testimonianze, Giulio Caccini nella prefazione alle "Nuove Musiche" (Firenze, 1601), afferma: "... costumandosi anco in quei tempi per una voce sola i madrigali stampati a più voci".
(6) Abbiamo deliberatamente invertito l'ordine del secondo e del terzo brano, considerandolo una svista dell'editore, sia in merito di questa funzione che riconosciamo nel Madrigale "A quest'olmo", sia per non interrompere incongruamente la sequenza organica dei Madrigali a due soprani.

····················

Tempro la Cetra - (Sonetto del Sig. Giambattista Marino) - Significatamente il Libro si apre con un'ampia sinfonia strumentale, quasi "Sinfonia avanti il levar de la tela", al cui suono entra il Prologo che introduce, sui versi del Marino, allo spirito e all'argomento dell'Opera. Il canto del Prologo è in forma di Aria con ritornelli (come conviene ad una pagina da apertura: cfr. il Prologo dell'Orfeo "Io la Musica son" e si conferma come entità separata dalla vera sequenza dei Madrigali, che inizia con "A quest'olmo").
A Quest'Olmo
- (Sonetto del Sig. Giambattista Marino) - In questo Madrigale i timbri e i colori inventati da Monteverdi concorrono all'evocazione quasi pittorica di un luogo della memoria, un "locus amoenus" ove ambientare idealmente le successive situazioni madrigalistiche. A questa funzione si presta particolarmente un'esecuzione corale, per altro suggerita dalle indicazioni "solo" e "tutti" riscontrabili sulla linea del basso.
Non è di gentil core - (Madrigale d'Incerto [Francesca Dagli Atti?]) - La sezione dedicata ai Madrigali a due soprani si apre con il recupero d'un concetto antico: quello stilnovistico di Amore e gentil core. Quasi per evidenziare questa sorta di morale amorosa, Monteverdi inventa, introdotto da un "dunque", un "Da capo" che conclude il brano riproponendo il motto iniziale. Per i motivi già esposti nella nota introduttiva, ci siamo permessi di invertire la disposizione dell'edizione originale di questa pagina e della precedente.
O come sei gentile - (Madrigale del Sig. Battista Guarini) - La malinconia di un colloquio interiore è il carattere saliente di questo Materiale che, nella similitudine fra amante e augellino, eleva un luogo comune del petrarchismo ad accenti di autentica introspezione.
Io son pur Vezzosetta - (Sonetto D'Incerto [Accademico Incolto degli Immaturi) - L'atmosfera fresca e "naïve" dell'autoritratto di questa pastorella crea un agghiacciante contrasto con la desolata mestizia della conclusione, e colloca questo Madrigale fra i più tristi del VII Libro.
O viva fiamma - (Sonetto d'Incerto) - Retorica enumerazione di luoghi, di memorie, di simbologie erotiche, tutta giocata sull'esclamazione finale e resa, dal canto alterno dei due soprani, oggetto d'una disperata invocazione.
Vorrei baciarti - (Madrigale da "Gli Amori" del Sig. Giambattista Marino) - Primo di una serie di quattro sui "Baci" del Marino, questo Madrigale rivela una divertita ironia laddove una voce esprime l'indecisione riguardo alla parte del volto da baciare per prima, mentre l'altra incita "nella bocca" e "negli occhi". Il timbro caratteristico del contralto conferisce a questa pagina, nel contrasto con le precedenti a due soprani e le successive a due tenori, un tocco di acerba freschezza adolescenziale.
Dice la mia Bellissima Licori - (Madrigale del Sig. Battista Guarini) - Questo Madrigale che apre la serie di quelli a due tenori si ricollega al precedente sia nella tematica del volto della donna amata, sia nell'intonazione lieve e scherzosa.
Ah che non si conviene - (Madrigale d'Incerto) - Questa dichiarazione di fedeltà, mutuata da luoghi comuni della lirica ricorrenti nel tempo (si pensi al mozartiano "Come scoglio immoto resta") suscita, nella musica, un repertorio di formule retoriche come l'esclamazione iniziale e i grandi salti, contrastanti con improvvisi unissoni, nelle parti vocali.
Non vedrò mai le Stelle - (Madrigale d'Incerto) - Il fascino particolare di questo Madrigale sta nella libertà di accenti che si susseguono frase per frase: dal declamato iniziale all'estasi lirica di "O luci belle", all'incalzante ternario della parte centrale fino alla concitata conclusione.
Ecco Vicine ò bela Tigre - (Sonetto del Sig. Claudio Achillini) - Il tema della partenza, ispiratore di Madrigali amosi come "Ancor che col partire" di A. D'Avalos, viene trattato con originalità di accenti in questo bel Sonetto, ed ispira al musicista una retorica degli Affetti che, sottolineando con figure musicali tipiche parole "chiave" quali "dimore", "fuggimi", "peregrinando", "leggiadre", ne evidenzia il pathos.
Perche fuggi - (Madrigale da "Gli Amori" del Sig. Giambattista Marino) - Va notato che Monteverdi, forse per conferire maggior concisione a questo Madrigale, non ha musicato il distico conclusivo della poesia del Marino.
Tornate - (Madrigale da "Gli Amori" del Sig. Giambattista Marino) - Questo Madrigale ed il precedente, dopo "Vorrei baciarti", la serie ispirata ai "Baci" del Marino, la cui sorridente sensualità (mediata da un'abilità poetica senza confronti) ispira a Monteverdi toni di garbata ironia.
Soave libertate - (Canzonetta del Sig. Gabriel Chiabrera) - Il concetto espresso dagli aggraziati settenari del Chiabrera offre lo spunto ad accenti di svagata malinconia; le frasi riecheggianti fra le due voci infondono alla pagina un leggero senso di straniamento (da noi evidenziato con il "reale" allontanarsi delle voci dagli strumenti del continuo) che anticipa l'atmosfera di tanti Abschiedslieder romantici.
S'el vostro cor madonna - (Madrigale del Sig. Battista Guarini) - I versi alludono ad un dramma "privato", una situazione di segreto dolore; nell'"unicum" della scrittura per tenore e basso, la musica ritrova una particolare intensità che ne ripropone intatta la sofferenza.
Interrotte speranze - (Sonetto del Sig. Battista Guarini) - V'è un grande contrasto di intensità fra questo Madrigale ed i precedenti a due tenori: forse proprio per questo esso è separato, con l'episodio per tenore e basso, dalla sequenza organica degli altri. Il sonetto del Guarini, baroccamente costruito sull'identità-opposizione di "trofeo" e "rogo", viene realizzato quasi visivamente con la tesa immobilità del basso contrapposta alle dissonanze delle due voci.
Augellin - (Madrigale d'Incerto) - Rispetto "O come sei gentile" con cui condivide il tema dell'augellino, questo Madrigale ha un accento più leggero, quasi da "canzonetta", in cui anche l'intensificazione conclusiva conserva una certa svenevolezza tipica del repertorio delle frasi d'amore.
Vaga su spina ascosa - (Canzonetta del Sig. Gabriel Chiabrera) - Questo galante elogio di un volto dal fresco colorito intensifica ulteriormente il tono leggero del Madrigale precedente; talune caratteristiche (come il "basso passeggiato") avvicinano questa pagina al genere degli "Scherzi musicali" (ad es. "Ahimé ch'io cado") del IX libro ed. Malipiero).
Eccomi pronta à i Baci - (Madrigale da "Gli Amori" del Sig. Giambattista Marino) - A conclusione della serie sui "Baci", questo Madrigale ha in più una connotazione umoristica in  quanto il testo del Marino, più che mai pervaso di sottile erotismo e di intonazione evidentemente femminile, viene destinato dal musicista a voci maschili, con effetti maliziosi e grotteschi.
Parlo miser ò taccio - (Madrigale del Sig. Battista Guarini) - Madrigale di scrittura virtuosistica, che sembra rifarsi al genere di Luzzasco Luzzaschi e delle Dame di Ferrara (una delle quali fu, per un certo periodo, Anna Guarini, figlia del poeta). Giocato retoricamente sull'opposizione dei concetti di "parlare"  "tacere", musicalmente presenta la caratteristica della parte di basso indipendente dal continuo, in una ardita tecnica quasi "alla bastarda", simile a quella che doveva essere di Giulio Cesare Brancaccio, il famoso basso della Corte estense.
Tu dormi - (Madrigale d'Incerto) - All'inizio di questa pagina, l'accusa rivolta alla donna amata è intensificata dalla suddivisione fra le voci superiori, mentre il basso, finora muto, entra solo quando l'obbiettivo si sposta dal "tu" all'"io" del narrante, con un effetto di lieve dissociazione. Solo a questo punto le quattro voci si ricongiungono, quasi riassunte nel pianto.
Al Lume dalle Stelle - (Madrigale del Sig. Torquato Tasso) - Ispirato dal fascino particolare dei versi del Tasso, il musicista crea, riecheggiando fra le quattro voci l'arpeggio ascendente di tonica ed il caratteristico intervallo di nona discendente, un'atmosfera di incantato notturno, sul quale si staglia la figura di Tirsi: i suoi commossi accenti sono resi dalla musica in una scrittura concertante e descrittiva insieme, e concorrono a rendere questo Madrigale fra i più "romantici" del VII Libro.
Con che soavità - (Madrigale del Sig. Battista Guarini) - Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo non è un Madrigale a voce sola, bensì un Madrigale a dieci voci in tre cori, delle quali una sola è cantata. L'idea di policoralità è data dal fatto che gli strumenti, variamente concertati, seguono comunque omofonicamente il testo: ogni parte strumentale potrebbe, in teoria, essere cantata, anche se ciò porterebbe alla perdita degli effetti timbrici ottenuti con le diverse combinazioni strumentali.
Ohime dove il mio ben - (Ottava del Sig. Bernardo Tasso) - La Romanesca (come la Ciaccona, la Passacaglia o il Ruggero) è una danza di origine rinascimentale costruita su di un Cantus firmus che si ripete invariato ad ogni strofa. La realizzazione che ne fa Monteverdi in questa pagina, per quanto particolarmente ardita, si inserisce nella tradizione compositiva coeva che ottiene effetti dissonanti di grande forza espressiva mediante le false relazioni provocate dalla libertà di condotta delle parti aggiunte rispetto al rigore contrappuntistico dell'"ostinato". Un ulteriore motivo di interesse di questa pagina sta nel fatto che Monteverdi ne ha ottenuto un "Lamento in forma di Aria", nelle cui quattro parti si trovano i quattro affetti comunemente presenti nel "Lamento": strazio, disperazione, rassegnazione, ira autodistruttrice.
Se i Languidi miei sguardi - (Lettera Amorosa del Sig. Claudio Achillini) e Se pur destina - (Partenza Amorosa d'Incerto) - "In genere rappresentativo e si canta senza battuta" è l'avvertimento che Monteverdi pone ad esplicare il significato della "Lettera amorosa" e della "Partenza amorosa". "Genere rappresentativo" indica, più che una destinazione, una derivazione scenica delle due pagine, che vanno quindi interpretate ed ascoltate come si svolgessero in  un ideale palcoscenico; "si canta senza battuta" allude allo "Stile recitativo", un tipo di canto in cui prevale la libera declamazione che oltrepassa la divisione metronomica della battuta. Nella "Partenza" è l'amante (tenore) che si rivolge direttamente alla donna amata, mentre nella "Lettera" la scrittura per soprano lascia intuire che sia quest'ultima a leggere il messaggio d'amore inviatole dall'innamorato.
Chiome d'oro - (Canzonetta anacreontica d'Incerto) e Amor che deggio far - (Canzonetta anacreontica d'Incerto) - Le due canzonette "Chiome d'oro" e "Amor che deggio far" sono accomunate dalla forma (ritornello, strofe, "tutti" finale) che si ricollega a quella in voga, e già usata da Monteverdi, degli Scherzi Musicali, dove le strofe cantate sono precedute ed alternate da ritornelli a due violini. Sia nelle strofe che nei ritornelli il basso continuo ri ripete invariato, mentre le parti di canto si sviluppano con maggior libertà. "Chiome d'oro" è un fine apprezzamento erotico della persona amata, mentre "Amor che deggio far" è la rassegnata protesta d'un amante deluso.
Tirsi Clori Ballo - (Dialogo e Ballo d'Incerto [Alessandro Striggio?] - Esistono testimonianze epistolari che documentano come il "Ballo pastorale in sei mutanze Tirsi e Clori" fosse in origine destinato ai festeggiamenti per l'incoronazione a Duca di Mantova di Ferdinando Gonzaga (gennaio 1616). Ci piace pensare che Monteverdi l'abbia in seguito inserito nel VII Libro per il fatto che esso bene incarna lo spirito di una festa finale ove due amanti, finalmente appagati, invitano, nell'ideale scenario idillico apertosi col Madrigale "A quest'olmo", ad una danza che, placato ogni dissidio, conclude la "rappresentazione" nel coinvolgimento panico della natura.
Cristiano Gianese