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1 CD -
TC 56031102 - (p) 1989
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Claudio MONTEVERDI
(1567-1643)
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LETTERA
AMOROSA A VOCE SOLA con altri
Madrigali in genere Rapresentativo
del Signor CLAUDIO MONTEVERDE |
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SE I LANGUIDI MIEI SGUARDI -
(Lettera Amorosa a voce sola in
genere Rapresentativo, e si canta
senza battuta) *
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Libro VII, Venetia
MDCXIX |
8' 47"
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-
IL BALLO DELLE INGRATE - (in
genere Rapresentativo) |
Libro VIII,
Venetia MDCXXXVIII |
36'
40" |
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-
IL LAMENTO DELLA NINFA - (in
genere Rapresentativo) |
Libro VIII |
7'
23" |
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-
SE PUR DESTINA - (Partenza
Amorosa à voce sola in genere
Rapresentativo, e si canta senza
battuta) **
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Libro VII |
9'
49" |
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Cettina CADELO,
Soprano *
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Il
Ballo delle Ingrate |
Il
Lamento della Ninfa
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Vincenzo MANNO,
Tenore **
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Interlocutori: |
Interlocutori: |
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- Alessandra
RUFFINI, Amore |
- Cettina CADELO,
La Ninfa
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Ensemble 'CONCERTO' |
- Claudia Nicole
BANDERA, Venere |
Le tre parti che
cantano fuori del Pianto de la
Ninfai: |
- Luigi
Mangiocavallo, Enrico Onofri, Violini |
- Giovanni
FAVERIO, Plutone |
- Vincenzo Manno |
- Vittorio Ghielmi,
Paolo Biordi, Viole da gamba |
- Cettina CADELO,
Una delle Ingrate |
- Emanuele De
Checci
|
- Paolo Rizzi, Violone |
Quattro Ombre
d'Inferno: |
- Giovanni
Faverio |
- Roberto Gallina, Liuto |
- Emanuele De
Checci, Vincenzo Manno
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- Paul Beier,
Maurizio Martelli, Arciliuti |
- Massimo Crispi,
Roberto Santini |
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- Guido Morini, Regale
e Organo positivo |
Otto Anime
Ingrate: |
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- Roberto Gini, Clavicembalo
e Organo positivo |
- Claudia Nicole
Bandera, Anna Bottari |
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Continuo: |
- Cettina Cadelo,
Emanuela Galli |
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- Caterina
Dell'Agnello, Violoncello |
- Antonella Gianese,
Sigrid Lee |
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- Paolo Biordi, Viola
da gamba |
- Gloria Moretti,
Verena Welser |
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Roberto GINI,
Direzione
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Luogo
e data di registrazione |
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Sala
del Vasari (Ist. Ortopedici
Rizzoli), Bologna (Italia) - 26/30
novembre 1988 |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Direttore
artistico |
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Sigrid
Lee |
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Direttore di
produzione
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Roberto
Meo |
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Grafica
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Gloria
Moretti |
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Presa del suono
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Roberto
Meo |
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Tecnica
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TACTUS,
PCM Sony 16 bit, microfoni Bruel
& Kijer (2) |
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Prima Edizione CD |
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TACTUS
- TC 56031102 - (1 CD - durata 63'
05") - (p) 1989 - DDD |
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Note |
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In
copertina: Caravaggio: "Amor
vincitore", Gemäldegalerie
(Staatliche Museen, Berlino) |
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TRIONFI D'AMORE
IN GENERE RAPPRESENTATIVO
Il trattatista
secentesco G.B. Doni intitola
l'XI capitolo del suo Trattato
della Musica scenica in
questo modo: "Si risponde ad
alcune obiezioni e si dimostra
in che differisca lo stile
recitativo dal rappresentativo
ed espressivo". Nel corso
del capitolo, tra lßaltro, dice:
PER
STILE DUNQUE REC1TATIVO
S'INTENDE OGGI QUELLA SORTA D1
MELODIA CHE PUÒ ACCONCIAMENTE
E CON GARBO RECITARSI, CIOÈ
CANTARS1 DA UNO SOLO IN GUISA
TALE CHE LE PAROLE
S'INTENDANO, O FACCIASI CIÒ
SUL PALCO DELLE SCENE, O NELLE
CHIESE O ORATORI A FOGGIA DI
DIALOGH1, O PURE NELLE CAMERE
PRIVATE, O ALTROVE. E
FINALMENTE CON QUESTO NOME
S'INTENDE OGN1 SORTA DI MUSICA
CHE SI CANTI DA UNO SOLO AL
SUONO DI QUALCHE INSTRUMENTO,
CON POCO ALLUNGAMENTO DELLE
NOTE E IN MODO TALE CHE SI
AVVICINI AL PARLARE COMUNE, MA
PERÒ AFFETTUOSO. (...) CI SI
AMMETTONO PARIMENTI MOLTE
RIPETIZIONI PER LA PROPRIETÀ
DELLA NOSTRA LINGUA, MA PERÒ
MOLTO PIÙ PARCAMENTE E CON
DECORO CHE NELLO STILE DE'
MADRIGAI, E MOTTETTI. (...)
PER RAPPRESENTATIVA 1NTENDERE
DOBBOAMO QUELLA SORTE DI
MELODIA CHE È VERAMENTE
PROPORZIONATA ALLA SCENA.
(...) PIÙ DUNQUE MI PIACE DI
CHIAMARE QUESTO STILE (...)
RAPPRESENTATIVO O SCENICO, CHE
RECITATIVO, SÌ PERCHÈ GL1
ATTORI (...) NON RECITANO, MA
RAPPRESENTANO IMITANDO LE
AZIONI E I COSTUMI UMANI.
Dalla prosa
alquanto involuta del Doni si
può intendere come, nei primi
decenni del XVII secolo, i due
termini recitativo e rappresentativo
potevano essere confusi; da cui
la necessità di un distinguo che
ne chiarisse la portata: il recitativo
è uno Stile, caratterizzato dal
prevalere della declamazione sul
canto spiegato, dall'assenza di
lunghi passaggi e di ripetizioni
di parole e di frasi, e
dall'estrema flessibilità
ritmica, talvolta espressamente
richiesta all'esecutore, che
supera la divisione rnetronomica
della battuta; mentre il rappresentativo
è un Genere a voce sola, non
necessariamente destinato alle
scene, che trae il nome dal
fatto che il cantore deve,
all'atto dell'esecuzione, rappresentare
degli affetti, dei sentimenti.
Delle quattro pagine
monteverdiane incluse in questa
registrazione, solo due sono in
Stile recitativo (come si desume
dalloindicazione si canta
senza battuta); tutte
invece hanno in comune
l'appartenenza al Genere
rappresentativo: possono cioè
avere o non avere una precisa
destinazione scenica, ma sono
caratterizzate da quella che si
potrebbe definire
un'osservazione psicologica, che
scruta i più intimi moti
dell'animo, conseguendo talora
dei risultati sconcertanti di
approfondirnento che,
nell'ambito del canto da camera,
si possono per certi aspetti
ritrovare nella liederistica
romantica (basti pensare
all'analisi della psiche
femminile presente nell'opera di
Franz Schubert o di Robert
Schumann). Insieme al Combattimento
di Tancredi e Clorinda
(*), esse sono quanto il
Monteverde ha prodotto nel
Genere rappresentativo; ad esse
si deve aggiungere il Lamento
di Arianna, sopravvissuto
al naufragio dell'opera teatrale
di cui faceva parte
probabilmente in merito all’alta
espressività che ne è il
carattere principale e che lo
rese famoso negli ambienti
musicali dell'epoca.
Nell'accostarsi al Genere
rappresentativo, a parte il Combattimento
che sviluppa un esperimento
musicale e drammatico a se
stante, il Monteverde ha operato
la sua scelta poetica su dei
testi di argomento amoroso, tali
da presentare situazioni di
profondo pathos: momenti di
rimpianto, di lontananza, di
mancata corrispondenza; un eros
in negativo che vive in funzione
del contrasto di sentimenti che
esso suscita e che, in ciascuna
di queste quattro pagine,
consente all'occhio indagatore
del Musicista di esplorare, si
direbbe con rigore scientifico,
l'universo immenso e
imprevedibile degli affetti.
Primo fra esse in ordine
cronologico, ed unico
espressamente destinato alla
scena, il Ballo delle
Ingrate fu composto per i
festeggiamenti organizzati a
Mantova nel 1608 in occasione
del matrimonio del Principe
Francesco Gonzaga con Margherita
di Savoia; ad essi il Monteverde
aveva contribuito anche con
l'opera Arianna e con il
Prologo degli Intermezzi
per la commedia L'Idropica
di G.B. Guarini: composizioni
entrambe perdute, con
l'eccezione del già citato Lamento
d'Arianna.
Il Ballo delle Ingrate,
su testo di Ottavio Rinuccini
(1562-1621) è un'allegorica
esortazione rivolta alle
nobildonne della corte a non
respingere le profferte dei loro
innamorati; a tal fine,
sollecitato da Venere, Plutone
conduce dinnanzi al pubblico le
anime delle donne che scontano
in eterno la colpa di
"ingratitudine" nei confronti
d'Amore, affinché la loro vista
serva d'esempio alle
spettatrici.
Da un punto di vista letterario,
questo motivo, già presente
nella tradizione più antica (si
ricordi la novella di Nastagio
degli Onesti della V giornata
del Decameron), si inserisce in
un filone edonistico e
paganeggiante di origine
umanistica, che ha illustri
esempi nelle Stanze del
Poliziano e nell'Aminta
del Tasso: una tematica che ben
si adattava all'atmosfera
libertina della corte mantovana
(non è superfluo ricordare la
figura del verdiano Duca di
Mantova, probabilmente ricalcata
su personaggi storici come
Vincenzo Gonzaga o lo stesso
Francesco).
Dal punto di vista musicale,
l'opera presenta una frattura
stilistica: all'inizio risente
di una concezione più formale,
legata all'esperienza del canto
a solo di tipo fiorentino, con
in più una caratterizzazione dei
personaggi, riscontrabile, ad
esempio, nella scena in cui
Amore tenta ingenuamente di
convincere Plutone a condurre
dall'inferno le Ingrate:
dapprima il dio reagisce con
fare burbero e paternalistico;
ma si fa avanti Venere che dà
prova della sua esperienza di
seduttrice, costringendo Plutone
a cedere. A mano a mano che
l'opera procede, si assiste ad
un processo di "umanizzazione",
dapprima con il duetto fra Amore
e Venere, poi con l'allocuzione
di Plutone che, rivolgendosi al
pubblico in modo cortese e
bonario, cambia genere
espressivo, passando dal
recitativo alla forma
musicalmente più intensa
dell'Aria con ritornelli. Quando
poi, alla fine, una delle Anime
Ingrate approfitta dell'inatteso
momento di libertà per lanciare
un disperato grido di doloroso
rimpianto, l'ethos stilistico
s'innalza ulteriormente,
assumendo, con la forma del lamento
connotazioni del tutto umane: il
canto dell'Ingrata, con i suoi
contrasti espressivi tra
l'impeto di dolore per il
"sempiterno affanno" infernale
ed il rimpinto per l'"aer sereno
e puro", realizza pienamente
l'intento patetico insito nel
Genere rappresentativo,
rivelandosi come il punto focale
di tutta l'opera.
La Lettera amorosa e la
Partenza amorosa sono due
pagine appartenenti al VII Libro
dei Madrigali ("Concerto",
1619), in genere rappresentativo
e in stile reeitativo (come si
desume dall'indicazione si
canta senza battuta);
identiche come tipologia, in
realtà esse sono, come si vedrà,
di segno opposto, o rneglio
complementare. Nella Partenza,
il testo di autore anonimo
esprime, in rapidi (e alquanto
sciatti) settenari a rima
baciata, il dolore di un arnante
che si congeda dalla sua donna,
consolandosi alfine al pensiero
che, ovunque egli vada, la sua
anima resterà indissolubilmente
unita all’anima di lei.
La Lettera, un testo di
Claudio Achillini (autore che
solitamente le antologie
scolastiche presentano a
paradigma del barocchismo più
kitsch a causa del famigerato
sonetto "Sudate, o fochi...", e
che, invece, necessiterebbe di
una attenta rilettura, non
foss'altro in merito della
spericolatezza delle sue
metafore e della lussureggiante
decoratività dei concetti) è in
realtà un ardito poemetto in cui
un amante, in termini
inequivocabilmente feticistici,
sofferma la sua fantasia sui
capelli biondi della sua donna.
Nella realizzazione del
Monteverde, mentre la Partenza
è scritta in chiave di tenore,
la Lettera è destinata
alla voce di soprano: cosa che
suscitò la perplessità di
critici attenti come il Doni
(**). Ma talvolta, nell'opera di
un grande artista, certe
apparenti incongruenze si
spiegano con una logica di
sconcertante chiarezza; in
questo caso, col fatto che, se
nella Partenza l'amante
stesso (tenore) si rivolge
direttamente all’amata, nella Lettera
è quest'ultima (soprano) che,
tra le pareti della sua camera,
si pone alla lettura del
messaggio epistolare testé
ricevuto. Si viene così a creare
una situazione analoga a quella
di due eroine Verdiane (Violetta
Valery: "Teneste la
promessa..."; Lady Macbeth: "Nel
dì della Vittoria..."),
esasperata dal fatto che, in
questo caso, l'interprete ha il
compito di esprimere dei
turbamenti suscitati dalla
lettura di espressioni dettate
dalla malcelata sensualità del
mittente; ne consegue la
necessità di un'interpretazione
interiorizzata, introspettiva e
priva di enfasi.
In confronto alla Lettera,
la Partenza è stata, ed
è ancora, considerata una pagina
retorica, un’esercizio di
scrittura interessante ma
prolisso; è solo in seguito ad
un approccio molto libero nella
parte musicale e più
strettamente legato alla
recitazione (recitar cantando)
che si scopre il fascino di
un'irruenza declamatoria che, in
un crescendo di intensità, si
placa soltanto alla cadenza
conclusiva dove il canto
sillabico lascia lo spazio ad
un”ampia, arieggiante fioritura:
la voce dell'innamorato ormai
lontana, quasi disumanizzata
nell'intima consapevolezza di un
affetto inestinguibile.
All’VIII Libro dei Madrigali
("Madrigali Guerrieri &
Amorosi", 1638) appartiene il Lamento
della Ninfa, su testo
ancora di Ottavio Rinuccini. Si
tratta di una tenue canzonetta
in quartine di settenari, di
argomento pastorale: fra le mani
del Monteverde essa si trasforma
in un toccante poema di dolore e
di sdegno. Nella sua
realizzazione musicale, il brano
risulta tripartito; nella prima
e nella terza parte; le tre voci
"che cantano fuori del pianto
della Ninla" forniscono
rispettivamente un'ambientazione
ed una morale conclusiva; nella
parte centrale su di un basso di
Ciaccona il soprano intona un
lamento che stravolge
completamente la metrica
originale del Rinuccini,
disperdendone e riaccostandone i
frammenti in una metrica nuova
di inaudita libertà espressiva,
mentre le altre voci, divenute
di partecipi spcttatori,
intervengono con due versi
interpolati (ottonari contro i
settenari della Ninfa) ora
insieme, ora ad entrate
successive. Il risultato è il
contrasto tra le categorie
dell'Oggettivo e del Soggettivo,
la ripetitività della Ciaccona e
il canto, libero e struggente,
degli affetti turbati. Nel
tentativo di rispettare l'idea
del Monteverde è stata scelta,
in accordo tra direzione
musicale e direzione artistica,
una presa di suono che pone su
due differenti piani sonori la
voce della Ninfa e le altre tre
voci: speriamo di essere
riusciti nel nostro intento.
Dalle quattro pagiue incluse in
questa registrazione, appare
un'immagine di Claudio
Monteverde che integra e
completa quella tramandata dalle
testimonianze e dai ritratti: la
figura dell'uomo severo, del
maestro inflessibile e un po'
pedante, del sacerdote, ne viene
illuminata da una nuova luce che
rivela im aspetto umano dotato
di una profonda e delicata
sensibilità, non dissimile da
quella di un Tasso. E ciò, si
badi bene, al di là dei moduli
espressivi e stilistici insiti
nel Genere rappresentativo:
quante altre volte, nella storia
della Musica, troviamo
un'atmosfera inquieta e
lievemente dissociata come
quella della Lettera amorosa?
o un rimpianto struggente come
quello dell'Ingrata? o un
prorompere di sentimento
altrettanto "romantico" che il Lamento
della Ninfa? o ancora un
fluire di oratoria gonfio di
lacrime come quello della Partenza
amorosa? Appare chiaro che
il Musicista conosceva questi
affetti, come non gli sfuiggiva
la potenza dell'Amore in tutte
le sue manifestazioni. Per
questo ci è piaciuto, quasi a
commento, riprudurre in
copertina l'immagine
caravaggesca di Amor vincit
omnia: come se, in questi
brani, Amore assistesse per
quattro volte al suo trionfo.
Confidiamo che anche questa seeonda
registrazione dedicata a
Claudio Monteverde
contribuisca a porre
definitivamente, ed in modo
non soltanto teorico, l'Opera
del Musicista tra le vette più
alte raggiunte
nell'espressione di tutti i
tempi.
Cristiano Gianese
NOTE
(*) - Vedi disco TACTUS, TC
56031101.
(**) - "L'invenzione delle Lettere
- afferma il Doni - ha più
del capriccioso che del
ragionevole: perciocché
benché siano state racconte,
come s'ha da credere, a
qualche dama che sapesse
cantare e sonare, tuttavia
non pare che abbia del buono
che quello che dovrebbe dire
o cantare l'amante, la dama
stessa lo cantasse".
Vedi anche, a titolo di
curiosità, quanto afferma
Bellerofonte Castaldi
nell'avvertenza "a chi
legge" della sua opera Primo
Mazzetto di Fiori
musicalmente colti dal
Giardino Bellerofonteo
(Venezia, presso A.
Vincenti, 1623): le arie in
essa contenute, "perché
trattano o d'Amore o di
Sdegno che tiene l'Amante
con la cosa amata, si
rappresentano sotto Chiave
di Tenore i cui intervalli
sono propri e naturali del
parlar mascolino, parendo
pure al Autor sudetto cosa
da ridere che un huomo con
voce Feminina si metta a dir
le sue ragioni, e dimandar
pietà in Falsetto a la sua
innamorata".
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