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1 LP -
DVD - (p) 1985
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BACH & VENEZIA - 4
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Johann Sebastian
Bach (1685-1750) |
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Concerto per
organo BWV 593 in la minore - da Antonio
Vivaldi: Concerto op. III n.
8, RV 522 in la minore per due
violino, archi e basso continuo da
"L'estro armonico" |
12' 19"
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- (Allegro)
· Adagio · Allegro |
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Concerto per
organo BWV 596 in re minore -
da Antonio
Vivaldi: Concerto op. III n.
11 RV 565, in re minore per due
violini, violoncello, archi e basso
continuo da "L'estro armonico" |
11' 46"
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- (Allegro)
· Grave · Fuga · Largo e
spiccato · (Allegro) |
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Concerto per
organo BWV 594 in do maggiore
- da Antonio
Vivaldi: Concerto
"Grosso Mogul", RV 208 in re
maggiore per violino, archi
e basso continuo |
18' 41"
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- (Allegro)
· Recitativo/Adagio ·
Allegro |
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Fuga per organo
BWV 574 in do minore "Thema
Legrenzianum elaboratum cum subjecto
pedaliter per J.S. Bach" |
7' 10" |
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Le indicazioni di
movimento poste tra parentesi sono
di Vivaldi.
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Rudolf
Scheidegger, organo |
Lo strumento: |
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Organo
con tre manuali della chiesa
municipale di Zofingen in
Svizzera. |
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Costruito nel 1983
da Hans Ueli Metzler, Dietikon. |
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Luogo
e data di registrazione |
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Stadtkirche,
Zofingen (Svizzera) - 28-30 aprile
1984 |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Producer /
Engineer |
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Salvatore
Caruselli / Paolo Dery
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Prima Edizione
LP |
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FREQUENZ
- 1 DVD - (1 lp) - durata 50' 31"
- (p) 1985 - Digitale |
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Prima Edizione
CD |
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Note |
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Copruduzione
ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE
CLAUDIO MONTEVERDI con il concorso
della Regione Veneto.
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Dacché ]ohann
Sebastian Bach nel 1708
aveva "ricevuto
graziosamente l’entrée a
maestro di cappella e musico
da camera da parte di Sua
Altezza Serenissima il
Principe di
Sassonia-Weimar", la fama
che fosse uno dei piu eminenti
organisti del tempo trovò
presto ampia divulgazione.
Già
allora Johann
Matthias Gesner, suo futuro
rettore alla Thomasschule di
Lipsia, fu senz'altro
affascinato da quanto
raccontò,
poi, alcuni decenni piu
tardi: cioè
che il giovin maestro ”da un
lato percorre la tastiera
usando l'una e l'altra
mano, dall'altro muove i
piedi con estrema velocità, e
produce una gran quantità di
suoni che sono non solo
diversissimi ma anche in
piena armonia tra loro”. E
l'altrettanto colto quanto
eloquente Johann
Mattheson così
diceva ad Amburgo: “Ho visto
dal famoso organista di
Weimar, signor Johann
Sebastian Bach, cose che,
tanto per la chiesa quanto
per gli strumenti a
tastiera, sono concepite
certamente in modo tale, che
se ne deve stimare altamente
l'uomo”. La corte di Weimar,
munifica verso
gli artisti, dove Bach fu
attivo dal 1714 anche in
qualità
di Konzertmeister, si
rivelava, com’é naturale, in
tutte le sue concezioni
aperta in prevalenza alle
sollecitazioni italiane. Per
primo, nel 1702-03 si
era recato a Venezia, a
spese del Conte, il
vicemaestro di cappella Johann
Wilhelm Drese, ”per
abilitarsi nella musica e
nella composizione". Negli
anni successivi, quasi di
conseguenza, Vennero
introdotte nella prassi
musicale dell’orchestra di
corte le moderne
composizioni concertanti di
Arcangelo Corelli, Giuseppe
Torelli, Tommaso Albinoni,
Benedetto Marcello e altri.
Bach e i suoi amici, fra i
quali il cugino, l'organista
municipale Johann
Gottfried
Walther, le accolsero con
interesse, prestando
speciale attenzione al punto
di vista
creativo. In particolare,
colui che possedeva la più intensa
forza d'irradiamento era
Antonio Vivaldi, ritenuto
compositore di più
avanzata arte e di più
spiccata individualità.
Alcuni concerti del grande veneziano
- che, come ricordava Johann
Joachim
Quantz, producevano "una non
piccola impressione...
(poiché erano) un genere del
tutto nuovo
di brani musicali" -
entrarono certamente subito
nel repertorio concertistico
di Weimar.
Bach, il cui rapporto con
Vivaldi ”fondava
sulla più
alta ammirazione” (Alfredo
Casella), li avrà di
sicuro eseguiti nella versione
originale, tuttavia
ne rielaborò
un’intera serie, fra cui tre
(BWV 593, 594 e 596) li
traspose ad uso di quello
strumento che egli - e
ritorniamo qui alle
considerazioni introduttive
- dominava in modo così straordinariamente
brillante: l’organo. Proprio
le sue policrome sonorità, e
le più
svariate possibilità di
cambiare i manuali e i
registri, si prestavano
a ricreare in modo ottimale
e affatto plastico l’estrema
vivacità
del principio concertante.
Sul motivo e sullo scopo di
tali trascrizioni si sono
fatte molte supposizioni. Johann
Nikolaus Forkel, per
esempio, riteneva che Bach
avesse voluto studiare
insieme a Vivaldi, per mezzo
di esse, "la
condotta delle idee, i
rapporti che le legavano le
une alle altre, la tecnica
mutevole della modulazione e
molti altri particolari", e
soprattutto imparare "i
pensieri musicali". Arnold Schering,
invece, scrisse che "la
predilezione per il concerto
degli Italiani" si era "in
breve tempo così
generalizzata, che si
cercava (di procurarsi) con
due occhi, al clavicordo o all’organo,
il piacere dei pezzi
prediletti".
Altri autori videro in esse
dei semplici pezzi
didattici. Forkel avanzò anche
il pensiero di una musica
per uso liturgico, dal
momento che "ai
suoi (di Bach) tempi, si
usava eseguire in chiesa,
durante la Comunione, un
concerto o un brano a solo
affidato a un unico
strumento". Tutti questi
argomenti possono essere
convincenti. Tuttavia,
secondo recenti ricerche che
fanno capo ad Hans-Joachim
Schulze, si trattava forse
di letteratura declamatoria,
dichiaratamente virtuosistica,
di quel genere di
”incomparabili cose” di cui
narrava con meraviglia, nel
1713, Philipp David Kräuter,
allievo di Bach.
E' supponibile che Johann
Ernst, il musicofilo nipote
del principe del principe
reggente di Weimar, abbia
stimolato in tal senso le
trascrizioni bachiane dei
concerti per organo. Nel
1713 egli era rientrato da
un triennale soggiorno di
formazione in Olanda dove,
fra l’altro, aveva
conosciuto il modo di
concertare non liturgico
sugli organi delle chiese di
Amsterdam e di Utrecht.
Probabilmente voleva ora
introdurre tale usanza a
Weimar, e così
commissionò
all’amico organista di corte
tutta una serie di siffatte
trascrizioni da Vivaldi,
come pure da concerti da lui
stesso appena composti (BWV
592 e 595). Bach lo avrà di
buon grado accontentato, dal
momento che "il
compiacimento dei suoi
gentilissimi Signori per il
suo modo di suonare lo
stimolò
a sperimentare tutto il
possibile nell’arte
organistica",
come si legge nel Necrologio
del 1754. Non è
improbabile che nel bagaglio
da Viaggio di Johann
Ernst, insieme ad altre
musiche, si trovasse anche
la raccolta ”L’estro
armonico” op. 3 di Vivaldi,
da poco stampata (1711) ad
Amsterdam da Estienne Roger.
Poiché egli rimase a Weimar
soltanto dal luglio 1713 al
luiglio 1714, secondo la
tesi di Schulze è in
questo asso di tempo che
Bach avrebbe scritto le sue
trascrizioni da Vivaldi.
Il metodo seguito da Bach
nelle trascrizioni consiste
essenzialmente nel
trasformare in linguaggio
organistico le tipiche
figurazioni del violino,
nell’ottenere variabilità
sonora con la trasposizione
d'ottava (eludendo anche i
confini imposti
dall'estensione della
tastiera),
nell’intensificazione
contrappuntistica della
frase, completata con
accordi o voci
mediane, e talvolta nella variazione
e nella trasformazione delle
ripetizioni.
Il
Concerto in re minore BWV
596 è
basato sul Concerto op. 3 n.
11 (RV 565) per due violini,
violoncello archi e basso
continuo, di Antonio
Vivaldi. Fra le trascrizioni
di questo gruppo,
per lo più
rimaste in copie del tutto
attendibili
circolanti nell'ambito della
famiglia o degli allievi di
Bach, è
questa l'unica di cui è
pervenuto anche il
manoscritto autografo,
tramandatoci da Wilhelm
Friedemann Bach, il quale
per altro si era spacciato
autore dell’opera,
degradando il padre al ruolo
di copista: "...di W.F.
Bach, manu
mei Patris descriptum",
annotò
infatti sul frontespizio. Fu
solo nel 1911 che Max
Schneider, per primo, mise
in luce la verita!
Dall'accordo minore
scaturisce la vivace
introduzione del brano, alla
quale seguono un Grave ricco
di tensione armonica e una
Fuga che compendia polifonia
e concertazione insieme.
Dopo la Siciliana
con la sua delicata e
toccante melodia, un
istintivo e cromaticamente
raffinato Finale fa da
conclusione.
La fonte del Concerto in la
minore BWV 593 si trova
ancora nell’op. 3 di
Vivaldi, al n. 8 (RV 522),
piu precisamente un
Doppioconcerto per due violini,
archi e basso continuo: vitale
e d'ampio pensiero il primo
movimento; un duetto
cantabile su una figura di
basso ostinato nell'Adagio;
marcato il musicare
dell’Allegro cantabile - è
questa una congeniale
reinvenzione di uno dei più
efficaci concerti del
maestro veneziano!
Il Concerto in do maggiore
BWV 594 è
una dimostrazione del fatto
che Bach ha lavorato anche
su manoscritti
originali, che non sono
identici all'edizione
stampata: il Concerto in re
maggiore "Grosso Mogul” (RV
208) di Vivaldi, per violino,
archi e basso continuo, fu
pubblicato sicuramente nel
1716-17 ad Amsterdam, mentre
è dimostrato
che la trascrizione per
organo si rifà a
una precedente versione
manoscritta dell’opera,
l'unica contenente anche le
ampie cadenze, oggi
conservata alla
Wissenschaftliche
Allgemeinbibliothek di
Schwerin. Questa volta
si trattava, per Bach, di
trasportare alla tastiera la
virtuosità violinistica
dello strumento a corde. Se
la cadenza solistica del
solenne primo
movimento nasce all'organo
dal concertare, nel Finale,
che segue al molto
espressivo Adagio-Recitativo,
essa assume il carattere di
una libera
Fantasia, del tutto simile a
quanto narrato nell'anno
1715 dal Signore di
Uffenbach: ”Verso la fine
Vivaldi suonò un
accompagnamento solistico,
ammirabile, al quale
aggiunse in ultimo una
Fantasia...”
Sempre nel periodo in cui
Bach si occupò
intensamente della musica
italiana, durante gli anni
di Weimar, si data la
nascita delle Fughe per
organo su temi di Arcangelo
Corelli (BWV 579) e di
Giovanni Legrenzi (BWV
574), “Thema Legrenzianum,
elaboratum cum subjecto
pedaliter per J.S.
Bach” è
annotato sulla Fuga in do
minore, tuttavia il tema
originale, un breve ma
pregnante pensiero,
non è
stato a tutt’oggi
rintracciato nell'opera del
Legrenzi. Un secondo tema,
che Phillip Spitta
attribuisce a Bach stesso,
dopo i due sviluppi
indipendenti si riunisce al
primo tema in una Doppia
Fuga. La virtuosistica Coda
è
stata scritta dal
compositore in modo così
precipuo "per gli strumenti
a tastiera",
che egli - allora come oggi
- "deve"
essere "a1tamente
stimato"
come Il Maestro
dell’organo per eccellenza.
Eberhard
Steindorf
(Versione
italiana di Roberta
reganati)
La scelta dello strumento
Nei tre Concerti da Antonio
Vivaldi Johann
Sebastian Bach ha fornito
alcune indicazioni sulla
distribuzione dei manuali e
varie proposte di registro.
Si trovano le seguenti
denominazioni: grand'organo,
positivo tergale, Brustwerk,
pedale;
Ottava 4' al grand'organo,
Ottava 4' al Brustwerk,
Principale 8' e Subbasso 32'
al pedale. Organo pleno.
L’estensione dei manuali
dovrebbe arrivare da do
a do3, quella del
pedale da do a mi1.
Mettendo a raffronto gli
organi che erano a
disiposizione di Bach a
Weimar con le indicazioni
a lui fornite per la
realizzazione dei Concerti
per organo, si constata che
nessuno di questi strumenti
possedeva contemporaneamente
tutti i manuali
e i registri prescritti. Il
Positivo
tergale non esisteva né
nella cappella del Castello
di Weimar, né nel Castello
di Augustus a Weissenfels. Il mi1
c'era, sì,
a Weissenfels,
però
mancava il 32'.
Nella chiesa municipale dei
Santi Pietro e Paolo, dove
prestava servizio Johann
Gottfried Walther, il pedale
possedeva un solo registro
labiale, il Subbasso 16'.
Per l'interpretazione
dei tre Concerti qui
presentato, mi sembra
auspicabile il poter
disporre di svariate
possibilità
per la combinazione
dell'organo pleno. In più il
pedale dovrebbe possedere
una certa presenza acustica.
Il
nuovo organo della Chiesa
municipale di Zofingen
corrisponde a tutti questi
presupposti. Sia al
grand'organo con le sue due
tastiere, sia al positivo
tergale col Ripieno acuto e
i Principal; di 2',
1-1/3' e 1, si possono
combinare le più diverse
corone sonore. Le ance di
costruzione tedesca
settentrionale completano
il quadro di un organo
ideale, come quello
che ha immaginato Bach per
queste brillanti
composizioni.
Rudolf
Scheidegger
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