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1 LP -
DVC - (p) 1984
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BACH & VENEZIA - 3 |
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Johann Sebastian
Bach (1685-1750) |
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Concerto BWV 973
in sol maggiore - da Antonio
Vivaldi: Concerto op. VII lib.
II n. 2, RV 299 in sol maggiore per
violino, archi e basso continuo
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--' --"
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- (Allegro)
· Largo · Allegro |
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Concerto BWV 981
in do minore - da Benedetto
Marcello: Concerto op. 1 n. 2,
in mi minore (Venezia 1708) |
--' --"
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- Adagio ·
Vivace · (Adagio) ·
Prestissimo |
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Concerto BWV 978
in fa maggiore - da Antonio
Vivaldi: Concerto op.
III n. 3, RV 310 in sol
maggiore per violino, archi
e basso continuo da "L'estro
armonico" |
--' --"
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- Allegro ·
Largo · Allegro |
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Concerto BWV 980
in sol maggiore - da Antonio
Vivaldi: Concerti RV 381 + RV
528 in si bemolle maggiore per uno e
due violini, archi e basso continuo |
--' --" |
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- (Allegro)
· Largo · Allegro |
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Le indicazioni di
movimento poste tra parentesi sono
rispettivamente di Antonio Vivaldi e
di Benedetto Marcello.
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Hans Ludwig Hirsch,
clavicembalo |
Lo strumento: |
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Clavicembalo a due
tastiere, secondo un originale di
Nicholas e François Blanchet, 1730. |
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Disposizione 8', 4'
8'. |
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Registri manuali,
doppio registro di liuto, unione a
mano. |
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Diapason: la =
415,3. |
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Costruttore: William
Dowd, Parigi, 1978. |
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Luogo
e data di registrazione |
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Villa
Malcontenta-Foscari, Mira, Venezia
(Italia) - 18-19 aprile 1983 |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Producer /
Engineer |
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Salvatore
Caruselli / Gabriele Prediger
/Bernhard Mahne
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Prima Edizione
LP |
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FREQUENZ
- 1 DVC - (1 lp) - durata --' --"
- (p) 1984 - Digitale |
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Prima Edizione
CD |
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Note |
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Copruduzione
ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE
CLAUDIO MONTEVERDI con il concorso
della Regione Veneto.
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L’introduzione
alle bachiane metamorfosi
clavicembalistiche dei
Concerti per violino di
Antonio Vivaldi e del famoso
Concerto per oboe di
Alessandro Marcello ha
tentato di illuminare, nella
prima parte, la genesi e il
significato di questo gruppo
di composizioni. Adesso
però
il più
eminente studioso italiano
di Bach, Alberto Basso, ha
trattato la questione in
modo dettagliato ed
esauriente nel primo volume
del suo fondamentale libro ("Frau Musika,
La vita e le opere di Iohann
Sebastian Bach", Torino, EDT
1979). Nel terzo capitolo
della quarta parte (Weimar
1708-1717) intitolato
”L’esperienza del concerto",
sulla scorta dei più recenti
risultati di ricerca
fornisce precise
informazioni su questo
argomento spesso male
interpretato. Nel catalogo
della Mostra torinese di
Vivaldi, Basso alludeva ad
Amsterdam, mentre in "Frau
Musika” allarga il discorso
analizzando in modo ampio
l'assai diffusa prassi della
trascrizione per strumenti a
tastiera dei concerti
solistici. Sui
risultati dei suoi studi si
basano le seguenti
considerazioni.
Hans Joachim
Schulze nel suo "Organ
Yearbook III"
(1972) ha osato per
primo attaccare una
tradizione che vedeva - o
voleva vedere - nella
trascrizione solo un’opera
di studio (vedi introduzione
a ”Bach e Venezia 1”).
Alberto Basso invece
fornisce una convincente
dimostrazione che Johann
Sebastian Bach nell’arco di
un anno, tra il 1713 e il
1714, aveva elaborato per
tastiera ventun concerti
strumentali. Il committente
era stato l’allora sedicenne
principe Johann
Ernst di Sassonia-Weimar,
egli stesso musicista di
alta levatura, di cui Georg
Philipp Telemann pubblicò
postumi ben sei Concerti per
violino. Nel 1711 Johann
Ernst si era iscritto
all’Università di
Utrecht; é supponibile che
al seguito si trovasse anche
il suo maestro di violino,
Gregor Christoph Eylenstein.
Amsterdam, a quell'epoca uno
dei maggiori centri musicali
d’Europa, offrì i
piu svariati stimoli a
questo "studente"
patito di musica. Certamente
egli ebbe modo di ascoltare,
colà,
sul ”meraviglioso organo
della Nuova Chiesa”
(Mattheson) il famoso
organista cieco Johann
Jacob
Grave, di origine francese.
Anche Mattheson ammirava la
sua facoltà,
evidentemente unica, di
trasportare sulla tastiera,
con stupefacente precisione,
i più
nuovi concerti strumentali
italiani. Sembra che Grave -
il quale doveva essere
dotato di un orecchio
straordinario e di ferrea
memoria, uniti e
un'eccellente tecnica -
superasse i colleghi
(Mattheson parla solo degli
”altri”) in questa
particolare forma della
prassi esecutiva. Sembra
inverosimile che il segreto
del suo successo consistesse
solo nella sua gia citata
”precisione”. Che l'origine
delle fantasiose
ornamentazioni bachiane, che
in casi limite rasentano la
metamorfosi, sia da
ricercare nelle
interpretazioni di Grave, è
solo una supposizione.
In ogni caso le trascrizioni
di Bach per organo e per
clavicembalo, ”confezionate”
a Weimar tra il 1713 e il
1714, dopo il ritorno del
giovane principe già
gravemente ammalato,
rivelano i più
svariati costrutti, che
vanno dalla semplice
trascrizione, e quindi
lasciano all’interprete la
stessa libertà di
improvvisazione prevista da
Vivaldi o da Marcello, fino
al magistrale prototipo di
quella ornamentazione di cui
si é detto. Un significativo
esempio, a questo proposito,
è il
sensibile e poetico arredo
del Largo dal Concerto in
sol maggiore BWV 973/RV 299.
Purtroppo in questo, come in
altri casi, è
impossibile fare un'esatta
analisi dell’originale e
della trascrizione, dal
momento che Bach lavorò su
copie in parte oggi perdute,
che contenevano alcuni
movimenti che più
tardi, in occasione della
stampa, Vivaldi sostituì con
versioni alternative. Strano
però
che Alberto Basso evidenzi questo
fatto proprio nel caso del
Concerto in so maggiore BWV
980, un concerto la cui
forma originale (in si
bemolle maggiore),
trascritta da Bach, esiste
in due varianti: una come
Concerto per violino e
l'altra come Doppioconcerto.
Un posto particolare va dato
al quadripartito Concerto n.
2 op. 1 di Benedetto
Marcello, identificato nel
1962 da Jean-Pierre
Demoulin. L'Adagio
introduttivo fornisce un
esempio tipico per la
fusione di elementi
stilistici francesi nella
forma del concerto italiano.
Il
lento movimento mediano
imita per un lato i bruschi
contrasti dinamici consueti
in un complesso di archi,
nel piccolo delle singole
battute colpo (f) su colpo
(p), e nel grande delle
frasi estese per ottenere un
contrasto nel contrasto: due
inserti lirici, due strofe
di un canto veneziano Senza
parole di toccante semplicità.
Anche nel Fugato la sequenza
degli interludi respira
cantabilità;
gli accennati sviluppi
tematici tradiscono invece
la debolezza del pensiero
costruttivo di Marcello.
Brillante é il Finale, che
Bach ha gettato sulla
tastiera con gesto
orchestrale. Sicuramente il
giovane principe Johann
Ernst, nei suoi stessi
tentativi compositivi,
trasse grande vantaggio da
questo felice esperimento,
vantaggio e forse anche
consolazione nella dolorosa
malattia che lo stava
portando rapidamente alla
morte. Che invece, come dice
Forkel, l’allora trentenne
Bach abbia imparato a
comporre grazie a queste
trascrizioni, dopo tutto
quanto si è
detto, deve essere rigettato
definitivamente nel regno
della leggenda. Nessuno può
comunque negare la molteplicità di
incentivi che egli ricevette
da questa prassi, tanto più se
si seguono le tracce che la
sua predilezione per il
“gusto italiano” ha lasciato
nelle sue opere successive.
Hans
Ludwig Hirsch
(Versione
italiana di Roberta Reganati)
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