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1 LP -
DVA - (p) 1983
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BACH & VENEZIA - 1 |
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Johann Sebastian
Bach (1685-1750) |
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Concerto BWV 972
in re maggiore - da Antonio
Vivaldi: Concerto op. III n.
9, RV 230 in re maggiore per
violino, archi e basso continuo da
"L'Estro armonico" |
9' 53"
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- (Allegro)
· Larghetto · Allegro |
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Concerto BWV 976
in do maggiore - da Antonio
Vivaldi: Concerto op. III n.
12, RV 265 in mi maggiore per
violino, archi e basso continuo da
"L'Estro armonico" |
12' 37"
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- (Allegro)
· Largo · Allegro |
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Concerto BWV 975
in sol minore - da Antonio
Vivaldi: Concerto op.
IV n. 6, RV 316 in sol
minore per violino, archi e
basso continuo da "La
stravaganza" |
11' 00"
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- (Allegro)
· Largo · Giga · Presto |
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Concerto BWV 974
in re minore - da Alessandro
Marcello: Concerto per oboe,
archi e basso continuo in re minore |
12' 16" |
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- (Andante
e spiccato) · Adagio ·
Presto |
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Le indicazioni di
movimento poste tra parentesi sono
rispettivamente di Vivaldi e di
Marcello.
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Hans Ludwig Hirsch,
clavicembalo |
Lo strumento: |
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Clavicembalo a due
tastiere, secondo un originale di
Nicholas e François Blanchet, 1730. |
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Disposizione 8', 4'
8'. |
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Registri manuali,
doppio registro di liuto, unione a
mano. |
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Diapason: la =
415,3. |
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Costruttore: William
Dowd, Parigi, 1978. |
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Luogo
e data di registrazione |
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Villa
Bolasco, Salone della Caccia,
Castelfranco Veneto (Italia) -
26-26 aprile 1982 |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Producer /
Engineer |
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Salvatore
Caruselli / Gabriele Prediger |
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Prima Edizione
LP |
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FREQUENZ
- 1 DVA - (1 lp) - durata 45' 46"
- (p) 1983 - Digitale |
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Prima Edizione
CD |
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Note |
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Copruduzione
ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE
CLAUDIO MONTEVERDI con il concorso
della Regione Veneto.
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Johann
Nikolaus Forkel ("Vita,
arte e opere di Johann
Sebastian Bach", Lipsia
1802) spiega in modo molto
chiaro come il giovane Bach
trascrisse per la tastiera i
Concerti per violino di
Vivaldi, e come in tal modo
raffinò
da un lato il suo mestiere
di compositore e dall’altro
la sua tecnica strumentale.
"Bach", comincio presto a
intuire che con quel
continuo correre e saltare
non si approdava a nulla,
che bisognava portare
ordine, coerenza e relazione
nei pensieri, e che per
raggiungere tale scopo
occorreva una sorta di
addestramento. I Concerti er
violino di Vivaldi gli
servirono per una siffatta
istruzione. Li sentì
tanto spesso lodare come
eccellenti pezzi di musica,
da fargli venire la felice
idea di arrangiarli tutti
per la sua tastiera. Studiò la
conduzione dei pensieri, il
loro reciproco rapporto,
l'avvicendarsi delle
modulazioni, e altro ancora.
Le trasformazioni di
pensieri e di passaggi
concepiti per violino, ma
non consoni alla tastiera,
gli insegnarono a pensare
musicalmente, sicché egli,
dopo aver compiuto tale
lavoro, non dovette piu
attendere che i pensieri
scaturissero dalle sue dita,
ma poté cavarli già
dalla propria fantasia”.
Philipp Spitta ("Johann
Sebastian Bach", 2 volumi,
Lipsia 1873-1880), il quale
di fronte all'intero corpus
delle trascrizioni italiane
si mostra
alquanto confuso e che,
contrariamente a Forkel, non
riconosce per nulla la grandezza
dei modelli originali, ha se
non altro il merito di
averli collocati
cronologicamente in modo
giusto, e cioè
negli anni 1714-1715, mentre
Forkel
li aveva datati parecchio
prima. In conseguenza di ciò l'influenza
formativa da essi esercitata
su Bach viene sminuita.
Un passo tratto dalla
prefazione al catalogo della
grande Mostra di Vivaldi
allestita a Torino nel 1978
dimostra quanto la tematica
possa ancora, ai nostri
giorni, offrire spunto a
supposizioni speculative.
Senza ulteriori precisazioni
Alberto Basso scrive:
”Qualche timido approccio
alla sua (di Vivaldi)
musica, per la verità,
era stato tentato dalla
musicologia tedesca (del XIX
secolo), quando si era
trattato di verificare il
rapporto che sul piano
puramente
musicale si era determinato
fra Bach e Vivaldi. Bach
aveva trascritto almeno
dieci concerti vivaldiani -
specialmente dall'op. III,
”L'Estro armonico”, da cui
provengono sei concerti,
parte dei quali in versioni
difformi dall’originale a
stampa e dunque condotte su
manoscritti coevi; ma l'approccio
di Bach a Vivaldi non era
avvenuto per scopo di
studio, come si è
sempre allegramente
sostenuto, bensì in
omaggio
a una prassi importata da
Amsterdam e voluta
dal giovane principe Johann
Ernst di Sassonia-Weimar -
autore di concerti che
furono trascritti in parte
da Bach - alla cui corte
Bach era al servizio negli
anni intorno al 1714/15”.
Secondo precedenti studi
bachiani (Luc André Marcel:
"Johann
Seb. Bach", Amburgo
1963) era stato il cugino di
Bach, Johann
Gottfried
Walther, organista municipale
di Weimar e appassionato
estimatore della musica
italiana, a spronare Johann
Sebastian nelle sue
trascrizioni. Altre ricerche
recenti (Rudolf Eller:
"Vivaldi, Dresda, Bach” in
"Antonio Vivaldi da Venezia
all'Europa”, Milano 1978)
appuntano non a torto
l'attenzione su Dresda come
centro vivaldiano,
ipotizzando anche, nel 1717,
un incontro con Johann
Georg Pisendel, fresco
fresco di ritorno da Venezia
e ben rifornito di partiture
di Vivaldi. Nella speranza
di un chiarimento definitivo
su questi confusi e
confondenti fatti - il che
potrebbe avvenire nel corso
della nuova edizione
integrale bachiana - per il
momento non ci rirnane che
interrogare i testi. Quindi
non perché o quando, ma che
cosa
e in che modo Bach ha
trascritto.
Nel concerto di Alessandro
Marcello, per lungo tempo
erroneamente attribuito a
Vivaldi o a Benedetto
Marcello, fratello di
Alessandro, si manifesta con
particolare evidenza il
rapporto tra originale e
metamorfosi. Il primo
movimento viene accorciato
verso la fine di sei
battute, e in tal modo
guadagna in concentrazione e
in potenza. Per quanto
riguarda la tecnica
strumentale, Bach indirizza
particolare attenzione sulla
mano sinistra, per la quale
configura un basso conforme
allo strumento e ricco di
inventiva. Trasporta sulla
tastiera rapide ripetizioni
di suoni, normali in archi e
fiati, e raggiunge effetti
dinamici come il crescendo e
il decrescendo con
intensificazione e
rarefazione accordali. Tutto
ciò
usando il pollice, una
innovazione di cui si
occupa, nello stesso
periodo, François
Couperin in Francia. L'Adagio
offre un esempio tipico di
prassi ornamenta e barocca.
Bach si rende
perfettamente conto
dell'impossibilità di
riprodurre sul clavicembalo
l'Espressivo dell'oboe (o
del violino nel caso dei
Concerti secondo Vivaldi). E
tuttavia, laddove supera per
forza espressiva il modello,
é proprio nelle sue
diminuzioni e abbellimenti,
coi quali eleva ogni
sequenza dal semplice gesto
al magistralmente
articolato frammento
melodico, senza mai perdere
di vista l'ampio respiro del
fraseggio. Minuziosamente
indica anche
l'articolazione, il "respirare
con le dita", e basta ciò
perché prendano vita,
incomincino a ”parlare”
cellule, concatenazioni e
curve melodiche. In questo e
in movimenti analoghi Bach
procede oltre
con delle acuizioni
melodiche, ottenute sia per
progressioni cromatiche
all'interno del tessuto
armonico, sia con bugni
dissonanti di articelle
melodiche.
Nel Presto - il, tempo si
determina da
alcuni abbellimenti notati
in biscrome - Bach si
attiene in larga misura
all'originale, almeno per
quanto riguarda
l'armonizzazione, il ritmo,
e la conduzione del canto.
La differenza fondamentale
sta nellingegnoso
raggruppamento delle voci
intermedie e del basso in
una linea contrappuntistica
verticale per la mano
sinistra. Un fenomeno che
incontriamo spesso anche
nelle trascrizioni
vivaldiane.
Per queste tuttavia
un'analisi comparativa è possibile
solo con riserva, poiché
Bach - per esempio nel
Concerto in sol minore - ha
usato come modello di
partenza dei manoscritti che
circolavano all’epoca e che
differiscono in parte molto,
e in parte del tutto, dalle
versioni a noi rimaste. Bach
ci ha tramandato, in tal
modo, anche alcuni perduti
movimenti del ”prete rosso”;
non si tratta certo di
adattamenti testuali,
tuttavia sono di per sé
perfetti.
Hans
Ludwig Hirsch
(Versione
italiana di Roberta Reganati)
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