ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/26 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Franz LISZT (1811-1886)
Concerto N. 1 per Pianoforte e Orchestra in Mi bemolle maggiore

18' 30"


- Allegro maestoso
5' 12"

1

- Quasi adagio
4' 38"

2

- Allegretto vivace · Allegro animato
4' 22"

3

- Allegro marziale animato
4' 18"

4

Concerto N. 2 per Pianoforte e Orchestra in La maggiore

20' 45"


- Adagio sostenuto assai · Allegro agitato assai
7' 08"

5

- Allegro moderato
5' 15"

6

- Allegro deciso · Marziale, un poco meno allegro
6' 26"

7

- Allegro animato
1' 46"

8





 
Orchestra Sinfonica della Radio di Zurigo / Nikita Magaloff, Pianoforte / Serge Baudo, Direttore Juni 1966
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | SMS 2488 | (p) 1968


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/26 | 1 CD - durata 39' 15" | (c) 1989 | ADD

Note
-













Liszt

CONCÉRTO N. 1 PER PIANOFORTE E ORCHESTRA
Liszt fu un musicista dalla grande personalità, affascinante e geniale. Quando sedeva al pianoforte, travolgeva il pubblico trasmettendo un entusiasmo e una passionalità che, anche nella sua musica, difficilmente potevano accordarsi con la simmetria formale o con le regole accademiche. Di qui alcuni eccessi, come, ad esempio, un esagerato amore per le ridondanze o per i discorsi un po' troppo lunghi e artifíciosi, tuttavia in perfetta sintonia con l'uomo e il pensatore.
Commentando la musica di Schumann, egli avvertiva che la sua bellezza è talvolta «nascosta sotto la regolarità simmetrica» e che questa regolarità «non è in armonia con l'entusiasmo ardente, intimamente divoratore, del sentimento rivelato». Queste parole sono una specie di credo artistico di Liszt. Il Concerto n. 1 si iscrive pienamente in questa logica e si apre dinanzi a noi come una rappresentazione teatrale in cui i colpi di scena si susseguono e i diversi temi non sono più relegati nell'uno o nell'altro movimento, ma circolano lungo tutta la composizione dandoci l'impressione di un continuum in evoluzione. Scritto nel 1849, fu rivisto nel 1853 con la collaborazione di Raff ed eseguito per la prima volta a Weimar nel 1855.
Ricondotto da molti studiosi a una riflessione operata dall'autore sulla Wandererfantasie di Schubert, il Concerto n. 1 attacca deciso e fortissimo con il primo tema, energico e virile, costituito sull'intervallo di semitono discendente. L'ingresso del pianoforte è volutamente grandioso e subito compare una cadenza in cui troviamo anche una citazione del tema a. Di nuovo entra l'orchestra, e in questa sapiente alternanza solo-tutti, o in una sovrapposizione di entrambe le parti, si dipana il primo movimento, arricchito dalla presenza di altri tre nuclei tematici che si alternano e si mescolano, secondo una logica dettata dall'intima effusione dei sentimenti e non certamente da un rigore costruttivo di tipo brahmsiano. Il primo movimento si conclude quindi con un dialogo tra pianoforte e orchestra, in cui si alternano i temi a e b.
Il secondo movimento è costituito da tre sezioni molto diverse tra loro: Quasi adagio, Allegretto vivace e Allegro animato, che fanno pensare alla fusione fra Andante e Scherzo, solitamente secondo e terzo movimento di un concerto. Nella prima sezione vengono presentati tre nuovi nuclei tematici, mentre nella seconda e nella terza sezione, oltre ad altri due nuovi temi, ricompare il tema a, che rende ancora più profondo il legame tra le diverse parti della composizione. L'Allegretto vivace attacca con un divertentissimo motivo, in cui pianoforte e triangolo dialogano creando suggestioni che ricordano le melodie dei carillons. Ritorna qua e là il ricordo del tema iniziale, che diventa protagonista nell'Allegro animato, in cui vi è una vera e propria ripresa del primo movimento; con le note del primo passaggio con cui il pianoforte ha esordito nell'Allegro maestoso si conclude questo movimento.
Il terzo movimento, Allegro marziale animato, ci propone una rielaborazione fantasiosa di quei motivi che abbiamo ascoltato nelle pagine precedenti. Al pianoforte sono affidati i momenti di maggior effetto, ricchi di spunti sempre nuovi e brillanti. Una tensione crescente, con un infittimento progressivo della narrazione, culmina con il Presto finale in cui di nuovo il tema a, vigoroso e travolgente, pronuncia la parola conclusiva.
Maria Luisa Merlo

CONCERTO N. 2 PER PIANOFORTE E ORCHESTRA
La produzione per pianoforte e orchestra di Liszt evidenzia un processo creativo del tutto sofferto e colorato da un'incolmabile insoddisfazione. Le date lo stanno a testimoniare: ventisei anni per dare una versione definitiva al Concerto n. 1, venticinque per la Totentanz e ventidue per il Concerto n. 2. Per quest'ultimo, Liszt iniziò a stendere i primi abbozzi nel 1839 e soltanto nel 1861 elaborò la quarta e definitiva versione. Questo critico itinerario compositivo fu il frutto di un'accesa volontà decisa a risolvere una fondamentale questione musicale dell'Ottocento europeo: la definizione di un nuovo modello di composizione per pianoforte e orchestra. L'autore, sulla traccia delle proposte lanciate da Mendelssohn col suo Concerto op. 25, aspirava a un brano non più scandito nettamente in movimenti, ma caratterizzato da un flusso musicale continuo, nel quale ciclicamente regnasse una totale unificazione tematica. E infatti, il Concerto n. 2 è percorso, dall'inizio alla fine, da una sola idea importante in continua trasformazione formale e caratteriale. Sempre secondo le anticipazioni di Mendelssohn, Liszt spinse ancor più avanti la fusione sonora tra la scrittura del pianoforte e quella dell'orchestra, cosicché questo brano si presenta più come opera sinfonica che solistica con accompagnamento. Eppure il musicista, nel realizzare un nuovo tipo di concerto per pianoforte, fece ancora appello ad affermati canoni compositivi. Il segreto è nel come li utilizzò. In pratica, Liszt, nella sua ricerca formale di un'unità ciclica assoluta, finì per ampliare a tutta la composizione la solida struttura di un unico primo tempo di concerto in forma-sonata, dando assoluta preponderanza al solo primo tema. Pur nella continuità del discorso musicale, si possono così individuare in trasparenza le sezioni tipiche dell'esposizione, sviluppo, ripresa, cadenza e coda.
Le opere di Liszt acquistarono spesso la fama di una certa faciloneria, di un vertiginoso quanto superficiale virtuosismo. In realtà, il musicista, pur trattando problemi compositivi non indifferenti, non perse mai di vista l'uso spettacolare a cui i pezzi erano destinati; le soluzioni musicali vennero quindi esposte al pubblico in maniera sempre semplice e comunicativa, anche se a volte retorica. Il Concerto n. 2, in particolare, è un punto fermo nello sviluppo musicale dell'Ottocento. Opera di un'entusiasmante bellezza compositiva, ha dovuto tuttavia pagare lo scotto dei pregiudizi musicali di critici ed esecutori, rimanendo a lungo relegata ai bordi del repertorio concertistico corrente.
Il Concerto inizia con un Adagio sostenuto assai, che presenta subito il tema fondamentale: un disegno musicale di profonda bellezza, armonicamente inquieto. Sarà questa l'"idea fissa" che attraverserà incessantemente la composizione, mutando in continuazione, metamorficamente, il proprio carattere spirituale. Sono i legni a esporlo per la prima volta, imprimendogli un aspetto mistico e meditativo. In questa situazione risaltano gli interventi dell'oboe e, soprattutto, del clarinetto, che, dopo suggestivi tremolii, scende in zone molto oscure della sua timbrica, incupendo l'atmosfera. La frase musicale è quindi ripetuta con l'ausilio del pianoforte, che prima propone in 'piano' sospesi arpeggi, che spezzano la linea musicale originaria, per poi precipitare anch'esso vorticosamente su registri profondissimi, creando una transizione emotiva al successivo Allegro agitato assai. È questo un acceso episodio che sviluppa la materia tematica precedentemente introdotta e che procede con un irresistibile crescendo di pathos in un alternarsi d'interventi dell'orchestra (che con gli archi percuote un martellante motivo) e del solista (che cresce sempre più virtuoso ed emozionato inuna sezione molto impegnativa per l'esecutore). Questo sviluppo si spezza all'improvviso su una serie di arpeggi d'attesa del pianoforte, che caricano l'atmosfera di pensierosa tensione e ci introducono a un Allegro moderato. Gli archi si aprono per primi lentamente in un bruno intervento, seguito da brevi, veloci e sempre più acuti arpeggi del solista; questo dà presto spazio a una sentitissima frase del primo violoncello che ripropone l'idea base. Dopo che il pianoforte si è abbandonato a un più lungo periodo, intensamente lirico, sarà l'oboe a emergere. Al termine di alcune battute che donano rilievo solistico a singoli strumenti dell'orchestra, ancora il pianoforte, con una lunga linea musicale, prepara all'Allegro deciso, che continua, sempre in un clima di fuoco, il precedente sviluppo rimasto interrotto. L'orchestra, agitatissima, procede facendo leva sul tono eroico degli ottoni; i legni propongono momenti più cantabili e il solista si confronta con fluttuanti sali-scendi sulle note alte. Segue un crescendo, che introduce al Marziale, un poco meno allegro. Questo ripete trionfalmente, con potenti accordi ritmati dall'intervento dei piatti, il tema fondamentale, che assume toni quasi di fanfara guerresca. Sopravviene poi inattesa una sezione, iniziata dal pianoforte, che prende le movenze di una grande cadenza con orchestra. Vi è qui una reminiscenza delle luci elegiache dell'Allegro moderato. Col suo progredire, la presenza della compagine orchestrale si fa via via più corposa e vivace; ancora una volta emergono sospesi interventi di singoli strumenti sul divagare del pianoforte, che raggiunge note assai acute e, sul finire, prende un piglio più estemporaneo e virtuosistico, avviando la feroce coda conclusiva (Allegro animato) intessuta anch'essa sul primo tema. Il pianoforte è affiancato dall'accompagnamento orchestrale, che si esprime con vigorose sonorità rinforzate da ottoni e piatti, mentre il solista scivola sulla tastiera con rapidi glissando. Il pezzo assume velocemente toni più accesi; mentre i corni espongono epicamente e i legni fremono, il pianoforte si esibisce in velocissimi e arditi passaggi ricchi di accordi ribattuti, finché l'orchestra chiude entusiasticamente il Concerto.
Massimo Rolando Zegna