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1 CD -
GMD 1/26 - (c) 1989
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Wolfgang
Amadeus MOZART (1756-1791)
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Sinfonia
N. 38 in Re maggiore "Praga", K.
504
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23' 28" |
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-
Adagio. Allegro
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9' 37" |
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1 |
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-
Andante
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8' 35" |
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2
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- Finale. Presto
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5' 16" |
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3
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Sinfonia
N. 40 in Sol minore, K. 550 |
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23' 17" |
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- Molto allegro
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6' 03" |
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4 |
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- Andante |
8' 10" |
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5 |
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- Minuetto e Trio:
Allegretto
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3' 57" |
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6 |
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- Allegro assai
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5' 07" |
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7 |
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Orchestra
dell'Opera di Parigi / Carl Schuricht,
Direttore |
Paris - 28 Juni 1963 (1-3), 1964
(4-7)
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert
Hall | SMS 2326 | (p) 1964 -
(1-3)
Concert Hall | SM 2258 | (p)
1964 - (4-7)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 1/26 | 1 CD -
durata 47' 21" | (c) 1989 | ADD |
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Note |
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Mozart (1-3)

Mozart
(4-7) |
SINFONIA
N. 38 IN RE MAGGIORE
"PRAGA" K. 504
Conclusa il 6
dicembre del 1786, questa
sinfonia è conosciuta anche
con il titolo di Praga
perché la sua stesura
coincise con il viaggio di
Mozart nella città ceca.
Mozart giunse a Praga in
compagnia della moglie e del
cognato e da lì scrisse
lettere a dir poco raggianti
all'amico Jaquin. Le
rappresentazioni delle Nozze
di Figaro e del Flauto
magico erano state
trionfali e i salotti più in
vista della nobiltàsi erano
aperti al grande musicista
con quella generosità e
quella sincera ammirazione
che Vienna gli aveva sempre
negato. Alla prima della Sinfonia
in re maggiore tutti
furono travolti dal suo
genio, cosa che
trasparechiaramente dai
resoconti dei suoi
contemporanei. Così scrive
Stiepanek, il futuro
direttore teatrale: «Alla
fine, Mozart improvvisò al
pianoforte peruna buona
mezz'ora e l'entusiasmo
crebbe talmente da
costringerlo a rimettersi
allo strumento. Il torrente
di questa nuova
improvvisazione agì più
poderosamente ancora, ed
egli fu chiamato ancora
fuori dall”uditorio
frenetico. Mozart riapparve,
con il volto illuminato
dall'intensa soddisfazione.
Incominciò con aumentato
trasporto e suonò cose mai
sentite; fino a che una voce
della platea ruppe
improvvisamente il silenzio
generale, gridando: “Dal
Figaro!” Al che Mozart,
esposto il motivo dell'aria
prediletta Non più
andrai, improvvisò una
dozzina di
interessantissime,
magistrali,variazioni
chiudendo così, tra
fragorosi evviva, il
prodigioso concerto; certo
per lui il più glorioso
della sua vita e il più
dilettevole per i boemi
estasiati››.
La nostra sinfonia, quella
che contribuì al successo
della serata, è una pagina
decisamente coinvolgente e
ricca di stimoli. Si apre,
in maniera abbastanza
inusitata, con un Adagio
denso di contrasti. In esso
si agitano momenti
contrassegnati da una
intensa drammaticità che si
alternano con zone di
profonda malinconia.
L'Allegro che segue attacca
invece con rinnovata
baldanza; sono le trombe e i
corni che introducono nuove
situazioni,con una fanfara
scintillante, resa ancora
più energica dall'andamento
ritmico, tutto in sincope.
Nella zona centrale del
movimento il discorso
armonico si fa più fitto e
le tensioni aumentano, con
frequenti passaggi in minore
e accenni sempre più
evidenti a uno svolgimento
più cupo e meditativo. E
dello stesso segno ci appare
l'Andante: inizia con un
tema lieve, di carattere
quasi campestre, con il suo
andamento dondolante in 6
ottavi ma, man mano che ci
inoltriamo nel vivo di
questa pagina struggente e
bellissima, il clima si fa
più angoscioso. Intervengono
altri temi venati di accenti
mesti e reclinati a creare
una situazione di sconforto
e di esitazione, che non
viene fugata neppure alla
conclusione, e il ritmo
'affaticato' dell'estremo
episodio chiude il movimento
lasciandoci in uno stato di
sottileansia. In questa
sinfonia manca il Minuetto,
pertanto troviamo subito il
movimento finale, il Presto.
Il ricordo dell'Allegro è
ancora molto vivo,quindi
possiamo notare con facilità
come anche in questo caso la
spinta propulsiva sia
generata dal ritmo
sincopato. La sincope ha in
sé la doppia caratteristica
dello slancio e
dell'esitazíone e riesce
quindi a creare emozioni
contrastanti, sospese tra la
volontà di procedere e
quella di arrestarsi.
Diventa singhiozzo (in
alcuni episodi in modo
minore e spunto per
imitazioni ammiccanti in
altri) ma il conflitto
drammatico viene sempre
evitato, comese ci fosse la
volontà di non scavare
troppo in profondità o,
forse, per esorcizzare le
ansie più remote. La
conclusione è pertanto
festante. Non ci sono
timori, niente di quello che
l'Andante aveva in parte
preannunciato e rimasto e il
sole della fiducia splende
senza ombre. A proposito del
trionfale concerto praghese,
scrive Niemetschek: «Mai si
era visto un teatro così
gremito, mai entusiasmo così
concorde come quello
suscitato dal suo divino
modo di suonare. Non
sapevamo infatti se ammirare
maggiormente lo splendore
della musica o quello
dell'esecuzione. Ma entrambe
destavano nell'animo nostro
una sensazione complessa,
simile a un dolce
incantamento››.
E forse in queste parole
così dense di sentimento
sincero e di gratitudine è
riposta la chiave di lettura
più completa di quello che
fu Mozart per i suoi
contemporanei: un astro di
incredibile luminosità che
sconvolse le menti e i cuori
di quelli che ebbero la
fortuna di incontrarsi con
la sua musica.
SINFONIA
N. 40 IN SOL MINORE K.
550
Questa
sinfonia, conclusa il 25
luglio 1789, appartiene
all'ultimo periodo creativo
di Mozart, quello più
travagliato e drammatico.
Vienna si era rivelata
ancora una volta avara di
consensi nei confronti di
Amadeus (che pure le aveva
presentato un gioiello
inestimabile come il Don
Giovanni) riservando
anche in questa occasione
un'accoglienza fiacca e
superficiale al lavoro del
grande compositore. L'unica
consolazione che gli era
restata in quegli anni era
quindi proprio quella di
comporre: per lasciare che
quel fiume in piena che
doveva essere la sua mente
si liberasse e per sperare
che nuovi successi potessero
risollevare la sua famiglia
dallo stato di quasi povertà
in cui si era venuta a
trovare.
Dalla penna di Mozart, come
si ricorderà, erano così
sgorgate, quasi per incanto,
due 'sinfonie-sorelle' - la
K. 550 e la K.55l -
diversissime tra loro anche
se scritte durante la stessa
estate, in mezzo agli stessi
problemi. Eppure tanto l'una
ci appare umana, tragica,
sanguigna, tanto l'altra ci
affascina per la sua
celestiale pace e per
l'ineffabilità del suo
afflato spirituale; come,
cioè, se attraverso i
patimenti e la conoscenza
del dolore umano, fosse
stata raggiunta per sempre
la felicità eterna. Non
dobbiamo dimenticare che
Mozart era credente e che in
una lettera al padre,
toccante e quanto mai
fiduciosa, ebbe a scrivere:
«Poiché la morte (a ben
guardare) è l'ultimo vero
fine della nostra vita, da
qualche anno sono entrato in
tanta famigliarità con
questa amica sincera e
carissima dell'uomo, che la
sua immagine non solo non ha
per me più nulla di
terrificante, ma mi appare
addirittura molto
tranquillizzante e
consolante! E ringrazio il
mio Dio di avermi concesso
la fortuna di avere la
possibilità di riconoscere
in essa la chiave della
nostra vera felicità. Non
vado mai a letto senza
pensare che (per quanto
giovane io sia) l'indomani
forse non ci sarò più.
Eppure nessuno può dire che
io sia triste o di cattivo
umore. E di questa fortuna
io ringrazio ogni giorno il
mio Creatore e l'auguro di
tutto cuore ad ognuno dei
miei simili››.
Nella Sinfonia n. 40
K.550 il tormento, la
grande consapevolezza
dell'essere umano, con tutti
i limiti che ne derivano, ci
accoglie sin dalle
primissimebattute
dell'Allegro molto; il
celeberrimo tema attacca
sommesso, eseguitodai
violini, mentre viole e
contrabbassi lo accompagnano
con un inquieto andamento
carico di tensioni. I fiati
fanno la loro prima
apparizione alla conclusione
del tema, sottolineandone
con forza le ultime dolorose
note. Una nuova esecuzione
del tema rinnova l'ansia
dell'esordio che, anzi,
sicarica di ulteriore
drammaticità; stupisce
quindi ancor di più che da
qui scaturisca un secondo
tema così diverso
emotivamente. È un episodio
tranquillo e quasi lezioso
che compare come per magia
(totalmente estraneo al
dramma che lo ha preceduto)
nel quale legni e archi
dialogano quietamente. Ma
presto questo secondo tema
viene travolto dall'impeto
incalzante del primo, che
costituirà l'idea
predominante di tutto lo
sviluppo. Lo risentiamo,
difatti, in tonalità
diverse: gridato,
interrotto, in un fitto
concatenarsi delle voci che,
con un fugato affannoso, ci
fanno sentire totalmente
immersi nel travaglio di
passioni che agitano il
cuore di un uomo. La ripresa
non ci giunge come una
liberazione, ma solo come
una lieve diminuzione della
tensione. Tutto è ancora in
subbuglio, ma tutto ci
appare più lontano e la
conclusione, pur cosi certa
e priva di esitazioni, altro
non è che un avvertimento di
quanto ancora dovrà
continuare la lotta.
L'Andante è una delle pagine
più straordinarie di Mozart:
percorso da una intensa
malinconia è sorretto da una
tensione vibrante che, a
tratti, esplode in momenti
di grande forza. Anche in
questo movimento il ritmo
gioca un ruolo prevalente e
due sono i profili ritmici
fondamentali: il primo
lineare e continuo,
costituito da un susseguirsi
di suoni tutti di ugual
durata, e il secondo dove i
gruppi di due suoni brevi si
alternano con pause. Il
contrasto generato dalla
sovrapposizione di questi
'due mondi' così diversi, è
già di per se carico di
drammaticità e, a ciò, si
aggiunge poi la linea
melodica che si muove
prevalentemente in direzione
discendente, creando un
ulteriore effetto di dolore
e di progressiva perdita
delle forze. Il Minuetto,
come è stato detto,
rappresenta «una delle
pagine più aggressive che
mai siano state scritte
sullo schema dell'antica,
gentile forma di danza». La
melodia è nuda, tagliente,
tutto ribolle in un clima di
inquietudine e di
irrefrenabile ansietà. Come
una parentesi sognante si
apre il Trio, affidato ai
corni e ai legni, che
cantano una dolce nenia che
pare ispirata dalla serena
maestà della pace campestre.
È forse un tributo a ciò che
la natura riesce a fare
sedando, seppure per un
attimo, le tribolazioni
dell'animo? Il ritorno del
Minuetto travolge con impeto
questa visione. Il finale,
Allegro assai, ci ripropone
la medesima struttura del
primo movimento, in
forma-sonata: abbiamo un
primo tema, irruento e
fortemente caratterizzato
dal punto di vista ritmico,
e un secondo tema, più
tranquillo, che contrasta
emotivamente con il primo.
Lo sviluppo è interamente
basato sul primo tema che
viene scomposto e ricomposto
senza requie; è una sezione
molto interessante, dove le
modulazioni e le
combinazioni armoniche, che
via via vengono
sperimentate, sono assai
ricche e ci danno un esempio
di ciò che si intendeva per
'sviluppo' nella sinfonia
classica. Con la ripresa ci
troviamo nella stessa
situazione dell'esordio, in
cui solo qualche breve
apparizione del secondo tema
crea un attimo di requie nel
turbinio fiammeggiante e
doloroso delle passioni che
agitano questo straordinario
Allegro, sino all'accordo
estremo.
María
Luisa Merlo
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