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1 CD -
GMD 1/21 - (c) 1989
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Luigi
BOCCHERINI (1743-1805)
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Concerto
per Violoncello e Orchestra in Si
bemolle maggiore |
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20' 09" |
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-
Allegro
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8' 20" |
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1 |
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-
Adagio
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5' 41" |
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2
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-
Rondò (Allegro)
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6' 08" |
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3
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Concerto
per Flauto e Orchestra in Re
maggiore |
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16' 48" |
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- Allegro moderato
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8' 30" |
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4
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- Adagio
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4' 48" |
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5
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- Rondò
(Allegretto)
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3' 30" |
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6 |
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Quartetto
in Mi bemolle maggiore, Op.
58 N. 2 |
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18' 42" |
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- Allegretto lento
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4' 59" |
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7 |
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- Minuetto
(Allegro)
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3' 56" |
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8 |
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- Larghetto |
4' 47" |
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9 |
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- Finale (Allegro
vivo assai)
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5' 00" |
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10 |
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Prague Radio
Symphony Orchestra / M. Sadlo, violoncello
/ L. Klima, Direttore - (1-3)
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Prague - 1961
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Musici XIII /
V. Zilka, Flauto / J. Rohan, Direttore
- (4-6)
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? - (1971) |
Moravian Quartet
- (7-10)
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Supraphon Studio, Prague - 1969
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Supraphon
| SUA ST 50495 | (p) 1964 -
(1-3)
Supraphon | ? | (p) 1971 - (4-6)
Supraphon | 1 11 0573 | (p) 1969
- (7-10)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 1/21 | 1 CD -
durata 56' 40" | (c) 1989 | ADD |
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Note |
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Boccherini (1-3)

Boccherini
(7-10)
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CONCERTO
IN SI BEMOLLE MAGGIORE
PER VIOLONCELLO
CONCERTO
IN RE MAGGIORE PER
FLAUTO
Luigi
Boccherini, notevole sia per
la sua opera creativa sia
per la sua attività
concertistica, ebbe la
“sfortuna” di vivere
contemporaneamente ai due
supremi maestri della musica
strumentale del diciottesimo
secolo, Mozart e Haydn, e di
assistere anche ai 'primi
passi' di Beethoven. Vissuto
in un periodo in cui la
cultura musicale italiana
era più interessata allo
sviluppo e alla conseguente
magnificenza del melodramma,
rappresentò un tipo di
musicista decisamente più
europeo, rivolto ai generi
musicali più amati nei Paesi
d'oltralpe, come le sinfonie
e i concerti, anche se è
difficile stabilire quanto
egli abbia effettivamente
dato all'evoluzione di
queste forme di composizione
e quanto invece non sia
confluito nella sua opera
dalla lezione dei due
sunnominati grandi
austriaci. La sua esistenza,
trascorsa nelle più grandi
città europee, contribuì
sicuramente a improntare la
sua opera di quei connotati
di europeismo di cui
parlavamo: Parigi, Madrid,
Vienna furono i luoghi in
cui il compositore lucchese
prestò i suoi servigi sia
come violoncellista sia come
compositore. In vita non gli
mancarono notevoli
riconoscimenti. Fu
apprezzato e stimato quale
compositore di prim'ordine,
come in effetti era, pur non
possedendo quella genialità
che solo raramente si
accende e che distingue il
musicista unico e
incomparabile da tutti gli
altri.
Probabilmente possiamo far
risalire i due concerti qui
presentati agli anni della
giovinezza di Boccherini,
quando, alla soglia della
trentina, stava trascorrendo
un periodo particolarmente
felice e fecondo della sua
esistenza. La sua attività
musicale gli aveva infatti
concesso di ottenere una
professione stabile.
Invitato a far parte della
corte dell'infante di Spagna
don Luigi, fratello minore
di Carlo III, si era
stabilito a Madrid con la
qualifica di 'virtuoso da
camera e compositor di
musica' con il
corrispondente salario di
trentamila reali. Questa
attività lo obbligava a
comporre musica
esclusivamente per il suo
nobile signore, sebbene ciò
non impedisse che le sue
opere venissero pubblicate
anche altrove. A questo
traguardo professionale si
aggiunse anche un non meno
importante traguardo
personale, il matrimonio con
Clementina Pelicho, che
portò serenità e stabilità
nella sua esistenza.
L'ascolto di questi due
concerti non lascia dubbi
sulla loro collocazione:
sono infatti in stile
classico. Uno stile siffatto
non è l'invenzione speciale
di questo o quel compositore
della seconda metà del
Settecento; è un particolare
modo di costruire il
discorso sonoro, una
mentalità, un atteggiamento
spirituale diventato ormai
comune. Boccherini aveva
probabilmente conosciuto la
musica di Sammartini e di
Nardini, alfieri di quello
stile in Italia, che abbiamo
già incontrato nel nostro
itinerario d`ascolto. Di
questi autori, come di
Haydn, ritroviamo la
quadratura delle frasi, la
chiarezza dei temi sbalzata
dal variare dei ritmi,
l”emergenza della linea del
canto sopra le armonie
dell'accompagnamento, la
marginalità del
contrappunto, il gioco
dialettico fra temi diversi
tra loro. Ma se queste sono
le caratteristiche dello
stile classico in generale,
ogni autore di talento ci
rivela un modo del tutto
personale di affrontarle. Il
modo di Boccherini è quello
di una personalità più
delicata e intimista, che
preferisce isolare il
piccolo dettaglio,
accarezzandolo attraverso
ripetizioni e fioriture. È
l'aspetto che emerge
soprattutto nel Concerto
in si bem. maggiore
per violoncello, dove il
solista si sofferma sul
tema, decorandolo, mentre il
sobrio accompagnamento
dell'orchestra si limita
alla funzione minima di
cadenzare il passo del
solista. Il violoncello è
l'assoluto protagonista di
questo concerto, che
rappresenta ancor oggi un
cavallo di battaglia per
tutti i grandi esecutori di
questo strumento.
Boccherini. gli affida temi
di penetrante cantabilità e
richiede la padronanza di un
virtuosismo ricercato e
assai difficile da
controllare. Le posizioni
all'acuto che il violoncello
deve raggiungere in alcuni
punti della partitura sono
ardue e inconsuete per quei
tempi, ma conferiscono alla
sua voce una cantabilità
tesa e penetrante. La linea
melodica, sempre garbata ed
elegante, viene incrinata,
solo di sfuggita, da lontani
presagi di qualche
turbamento. Educato fra le
arcadiche mollezze dello
stile galante, Boccherini
visse la sua stagione matura
quando la civiltà europea
era già agitata dalle
tensioni romantiche, come
udremo in Mozart, ma fu poco
incline a turbare il sereno
intimismo che traspare dalla
sua musica.
Il Concerto in re
maggiore per flauto è
affine a quello per
violoncello, anche se non
raggiunge le stesse punte di
virtuosismo e di trasporto
sentimentale. È una
composizione di maniera, il
classico concerto d'evasione
scritto per allietare le
serate di una nobiltà amante
dei buoni sentimenti ma
desiderosa di rimanere
assolutamente incontaminata
da problematiche di
qualsiasi natura. Forse per
accontentare i suoi signori,
Boccherini rivela, anche in
questa composizione, il suo
scarso interesse per le
energiche opposizioni
dialettiche care agli autori
di scuola tedesca. In loro
vece, il gusto per la
rifinitura del particolare
gli fa prediligere la
variante fiorita dei temi.
Lacantabilità delle melodie
risente della tradizione
belcantistica italiana e
ciaffascina ancora con la
sua soavità a tratti dipinta
con toni venati di
malinconia. Dobbiamo
aggiungere che solo in tempi
recenti è stata intrapresa
un'opera di rivalutazione
del compositore lucchese,
che fu un tipico esponente
del rococò settecentesco, ma
anche un musicista sensibile
e apertoagli sviluppi
posteriori della musica.
L'indiscussa superiorità del
Concerto per violoncello
è ovviamente legata al fatto
che questo espressivo
strumento era lo strumento
che Boccherini meglio
padroneggiava.
QUARTETTO
IN MI BEMOLLE MAGGIOER
OP. 58 N. 2
Con le
composizioni da camera
(quelle destinate a un
numero ridotto di esecutori)
veniamo a contatto con la
parte più interessante e
geniale dell'opera del
nostro autore. Proprio in
questo genere di musica egli
si espresse infatti al
meglio, lasciandoci le sue
cose più belle. Il Quartetto
in mi bem. maggiore
risale al 1799, periodo in
cui Boccherini si trovava in
una condizione alquanto
precaria soprattutto dal
punto di vista economico. Il
vitalizio che Carlo III gli
aveva promesso anni addietro
non gli venne mai
corrisposto, probabilmente a
causa delle dissestate
condizioni finanziarie della
corte spagnola. Egli poteva
così contare solo su di una
pensione che Federico
Guglielmo II di Prussia gli
aveva assegnato a titolo di
riconoscenza per le numerose
composizioni dedicategli.
Alla morte di quest'ultimo,
avvenuta nel 1798, il suo
successore non volle però
rinnovare l'impegno.
Boccherini si ritrovò così,
in tarda età, a cercare
nuovamente un mecenate. Per
un breve periodo credette di
averlo trovato in Luciano
Bonaparte, giunto a Madrid
in qualità di ambasciatore
di Francia. L'Op. 58
fa probabilmente parte delle
composizioni dedicate alla
Francia e al suo nuovo
protettore.
Il Quartetto in mi bem.
maggiore appartiene
all'ultima fase compositiva
del nostro. Dopo le
arditezze sperimentali che
avevano contraddistinto
laproduzione mediana, ha il
sapore di un ritorno alla
classicità della trattazione
di quel genere di cui
Boccherini fu assai fecondo
(abbiamo più di 100
quartetti). I quattro
movimenti che lo compongono
esprimono il suo modo intimo
e pacato di guardare alla
realtà e di concepire la
funzione dell'artista nel
contesto culturale delle
corti del tardo Settecento.
Pur essendo ormai vicini al
declino dell'assolutismo e
benché la Rivoluzione
Francese avesse sancito la
fine di un periodo
contrassegnato da privilegi
indiscussi, la musica di
Boccherini sembra rendere
ancora omaggio, forse
l'ultimo, a quel mondo che
lo aveva apprezzato e senza
il quale non avrebbe
potutovivere e scrivere la
sua musica. La nuova
configurazione dell'artista
romantico era ancora lontana
e probabilmente del tutto
inimmaginabile per chi, come
il nostro autore, aveva
trascorso tutta la sua vita
alle dipendenze di un
sovrano. Anche il Minuetto è
ancora un'elegante danza di
corte, carica di compostezza
e di eleganza: il simbolo di
tutta un'epoca. Danza
contadina francese
originaria del Poitou (è
controverso se il termine
derivi dalla popolaresca branle
à mener oppure da menu,
con riferimento ai brevi
passi della danza), il
minuetto fu introdotto alla
corte di Luigi XIV intorno
al 1650; si racconta che il
re in persona abbia ballato
il primo minuetto composto
da Lully appositamente per
lui. Divenuto ben presto la
danza ufficiale alla corte
del Re Sole, soprattutto
nelle sue forme più
ricercate (quelle figurate,
in cui i ballerini dovevano
formare disegni a forma di S
o di Z), si diffuse dalla
Francia in tutta Europa,
sostituendo i tipi di danza
più antichi. In molti casi i
minuetti venivano arrangiati
unendone due, in modo da
ottenere una gradevole
alternanza. Questo fatto è
probabilmente all'origine
dell'inserimento del trio
quale parte centrale del
minuetto, soprattutto nel
periodo classico. La danza
fu introdotta nelle sinfonie
daAlessandro Scarlatti assai
prima di Haydn, cui in
precedenza veniva attribuita
l`innovazione, e da qui
anche nelle composizioni
cameristiche come quartetti,
quintetti o sonate. La prima
parte del minuetto è basata
su idee tematiche
ritornellate spesso
contrastanti; nella parte
centrale, chiamata trio
perché in origine era
eseguita da tre soli
strumenti, vengono
introdotti altri due incisi
tematici; infine, la terza
parte ripete esattamente la
prima, ma privata dei
ritornelli, per chiudere
simmetricamente la
composizione.
Maria
Luisa Merlo
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