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1 CD -
GMD 1/8 - (c) 1989
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I MAESTRI DELLA
MUSICA |
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Georg
Friedrich HÄNDEL (1685-1759)
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Concerto
Grosso in Fa maggiore, Op. 3 N. 4a |
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10' 10" |
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Largo
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2' 08" |
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1
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Allegro
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3' 20" |
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2
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-
Largo
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3' 02" |
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3
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-
Allegro
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1' 40" |
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4 |
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Concerto
Grosso in Re minore, Op. 6 N. 10
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15' 47" |
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Ouverture · Allegro
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5' 06" |
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5
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Air: Lentement
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4' 10" |
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6
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Allegro
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1' 30" |
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7 |
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- Allegro
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3' 16" |
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8
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Allegro moderato
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1' 45" |
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9 |
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Concerto
Grosso in Do maggiore "Alexander's
Feast"
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12' 40" |
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-
Allegro
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3' 54" |
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10 |
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Largo |
2' 04" |
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11 |
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Allegro |
3' 26" |
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12 |
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Andante |
3' 16" |
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13 |
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Concerto
Grosso in La minore, Op. 6 N. 4 |
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11' 40" |
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Larghetto affettuoso
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3' 20" |
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14 |
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Allegro |
3' 16" |
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15 |
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Largo e piano |
2' 24" |
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16 |
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Allegro |
2' 40" |
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17 |
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Orchestra della
Radio Bavarese di Monaco / Carl
Schuricht, direttore |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert
Hall | M 2266 | (p) 1963
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 1/8 | 1 CD - durata
51' 34" | (c) 1989 | ADD |
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Note |
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Händel
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4
CONCERTO GROSSI
All'inizio del
Seicento, assistiamo in
Italia a una prima decisa
comparsa di piccoli gruppi
orchestrali posti in
contrasto musicale. La
tecnica, che andrà
perfezionandosi e
sviluppandosi lungo il corso
del secolo, metterà in luce
la tendenza a isolare gli
strumentisti più esperti dal
resto dell'orchestra,
riservando loro parti più
adeguate e virtuosistiche.
Toccherà essenzialmente ad
Arcangelo Corelli, a cavallo
col secolo successivo, dare
definitiva forma a quello
che da allora si chiamerà
concerto grosso, in cui alla
massa dell'orchestra (tutti)
si oppone il gruppo assai
più ridotto dei solisti
(concertino).
Il progressivo appannamento
del fulgore culturale delle
corti italiane, causato dal
parallelo venir meno di
certezze economiche e
commerciali, causò l'esodo,
a cui assistiamo durante
tutto il Settecento, di
musicisti ed esecutori
italiani verso Paesi
stranieri: Vivaldi morirà a
Vienna durante uno dei suoi
disperati viaggi alla
ricerca di una fortuna
musicale che Venezia ormai
gli negava e, per fare solo
altri due nomi, Francesco
Geminiani si spegnerà a
Dublino e Pietro Antonio
Locatelli ad Amsterdam.
Mentre in Italia la musica
colta si chiudeva sempre più
aristocraticamente dietro i
portali di palazzi privati,
la diaspora musicale
italiana innestava le
proprie forme
sull'attivissima cultura
musicale della borghesia
rampante che, in Francia,
Germania e Inghilterra,
stava prendendo corpo e
spirito in società musicali
che proponevano i primi
concerti pubblici per
spettatori paganti.
A Londra, in questo senso
caso lampante e simbolico,
dal 1713 opera stabilmente
Händel. Il musicista
componeva per il grande
pubblico non solo opere e
oratori, ma anche cicli di
composizioni strumentali,
trapiantando nelle grandi
sale londinesi un modello di
musica nato essenzialmente
per essere eseguito in
ambienti ristretti. Il
contatto del compositore con
le forme musicali italiane
era stato diretto, senza
intermediari, e risaliva già
al suo primo viaggio
compiuto in Italia dal 1706
al 1709. A Roma aveva
conosciuto personalmente
Corelli; supporre che abbia
discusso con lui della
contemporanea messa a punto
della forma del concerto
grosso è lecito.
Il ciclo dei Sei
concerti grossi op. 3
di Händel fu pubblicato per
la prima volta a Londra da
John Walsh nel 1734, ma, in
realtà, raccoglieva
composizioni scritte
all0incirca tra il 1710 e il
1733. Il Concerto n. 4a
in fa maggiore compare
solo in questa prima
edizione ed è considerato
ancora oggi da molti una
composizione spuria; nella
controversia
sull'attribuzione, si è
proposto con una certa
decisione il nome di
Francesco Geminiani. Nelle
successive edizioni, il Concerto
è stato sostituito con un
altro, sicuramente di
Händel, sempre in fa
maggiore (HWV 315) ma dai
tempi differenti, diventato
oggi a tutti gli effetti il
n. 4. Nel primo tempo, un
breve Largo, lento e
solenne, è subito
individuabile una
caratteristica dell'intera
raccolta, ossia la rilevanza
affidata nel concertino ai
due oboi. Questi hanno modo
di mettersi in evidenza
anche in una serie di brevi
incisi del successivo
ritmatissimo Allegro, mentre
nel Largo che segue assumono
un ruolo decisivo nel
ricreare uno stato di
trasparente e distesa
affettuosità. Troviamo
infine un nuovo Allegro,
caratterizzato dall'estrema
semplicità di una struttura
tripartita, dove, nella
sezione mediana, è un
violino a proporre un breve
assolo.
In uno spazio di tempo
ridottissimo, dal settembre
all'ottobre del 1739, Händel
compose i Dodici
concerti grossi op. 6,
senza alcun dubbio la
vettadi tutta la sua
produzione puramente
strumentale. La raccolta fu
edita l'anno seguente a
Londra da Walsh. La
struttura formale dei
concerti grossi prende
spunto e risponde appieno al
classico modello corelliano,
con un'orchestra che procede
a quattro voci, subordinata
od opposta al concertino,
regolarmente composto da due
violini e un violoncello. Il
panorama di tipologie
musicali che il compositore
vuole offrire
al1'ascoltatore è
estremamente vario e fa
ricorso a un'ampia gamma di
espedienti formali,
strutture e metodologie di
scrittura, con una libertà
nel procedere dal piglio
deciso e del tutto
caratteristico.
Il Concerto n. 10 in re
minore è distribuito
nella successione di sei
tempi, che suggeriscono una
fusione tra la struttura del
concerto e quella tripartita
dell'ouverture
francese. Il primo tempo,
denominato proprio
Ouverture, è esplicita
dimostrazione, oltre che di
una tipica architettura
musicale barocca, possente e
pomposa, della ricerca, da
parte di Händel, di
un'ampiezza della concezione
formale, di una totale
ricchezza e pienezza sonora.
Questi lineamenti rendono
del tutto originale il suo
produrre musicale, che,
anche quando declama in modo
magniloquente e solenne, è
sempre dotato di un'estrema
facilità nella comunicazione
dell'espressione (dato per
nulla irrilevante al fine di
spiegare le ragioni della
straordinaria popolarità di
cui ha sempre goduto la
musica di Händel). Il
movimento è dipanato in due
parti da un largo fraseggio
dell'orchestra carico di
sentimento; in questo caso,
un riferimento all'arte
bachiana non ci pare del
tutto improprio. L'Allegro
fugato successivo interessa
per l'espressivo
rallentamento che il fluire
del discorso, fino a quel
momento rapido e molto
ritmico, subisce sul finire
del tempo. Il procedimento
porta l'espressione su un
registro di sentita
drammaticità, che non
rinuncia comunque alla
tipica opulenza musicale
händeliana. Il tempo che
segue è un Air: Lentement,
dove il tutti prosegue con
rapidi sbalzi dinamici a
terrazze, con l'intento di
intensificare ulteriormente
l'atmosfera di fondo, mentre
il concertino esibisce tre
episodi carichi di un
introspettivo e doloroso
affetto. Il tempo va
lentamente a sfumare
nell'ultimo lievissimo
intervento degli archi. Dopo
uno scattante Allegro che
procede nella proposta di un
identico materiale tematico,
incontriamo un nuovo Allegro
di tutt'altre pretese.
L'organizzazione formale
diventa più complessa e
ambiziosa: i due violini
solisti hanno l'occasione,
oltre che di esprimersi in
brevi episodi, di lanciare
con un segnale l'ingresso
pulsante del tutti,
caratterizzato a sua volta
dal rapido sovrapporsi di
più voci. L'ultimo tempo, un
Allegro moderato, mostra una
fisionomia ancora una volta
differente dai precedenti
movimenti, dominato com'è da
un procedere leggero e
aggraziato su un passo di
danza,che acquista però via
via un tono più deciso e
dimensioni più ampie.
Nel 1719 Handel assunse a
Londra il ruolo di Master
of orchestra
(direttore musicale) della
Royal Academy of Music, per
la quale iniziò subito a
comporre e a mettere in
scena opere. Dopo mille
risvolti artistici ed
economici, che lo portarono
a investire il proprio
capitale per continuare le
rappresentazioni, con
l'inizio degli Anni Trenta
il compositore decise di
tornare alla creazione di
oratori. È in quest'ambito
che Händel sperimentò, e poi
rese stabile, l'inserimento,
nelle stagioni d'opera, di
oratori dotati, tra le varie
parti, dell'esecuzione di
brani interamente
strumentali con la funzione
d'intermezzi musicali.
Nacquero così i concerti per
organo, che Händel stesso
suonava in pubblico e, nel
1736, il Concerto grosso
in do maggiore
'Alexander's Feast',
così detto dal titolo
dell'oratorio, eseguito per
la prima volta il 19
febbraio 1736 al Covent
Garden di Londra, per cui
era stato composto.
L'organico del Concerto,
sicuramente tra i più
popolari ed eseguiti del
musicista, comporta
l'utilizzo di due violini e
un violoncello come
concertino e di due oboi,
due violini, una viola e
basso continuo come tutti.
Il primo tempo (Allegro)
mette subito in mostra un
tessuto musicale che fa suo
un ideale compositivo nobile
e di serena brillantezza,
tutto giocato sul
virtuosismo dei solisti e su
una facilità e naturalezza
di tono. Probabilmente, è
anche a causa di questa
volontà di messa in rilievo
del concertino che la
composizione si sviluppa con
una chiarezza di scambi fra
tutti e solisti esemplare
nella sua regolarità e
trasparenza. Da notare,
nell”ultimo episodio di
questo tempo, un breve ma
deciso assolo del
violoncello sui luminosi
filamenti di colore dei
violini. ll Largo, che segue
levigatissimo, mostra una
continua alternanza
tutti-solisti, con il tutti
che tende a concludere,
addensandolo, ogni seppur
breve inciso del concertino.
Il terzo tempo (Allegro) è
il movimento più
interessante del concerto.
La struttura musicale è
riferibile alla forma di un
Rondò, nel quale il gruppo
dei solisti espone per primo
il tema principale, di cui
s'impadronisce poi
esclusivamente il tutti, che
lo esibirà in continuazione
su tonalità sempre nuove; al
concertino resta l'impegno
di eseguire gli episodi
intermedi. Conclude
l'ascolto un Andante, non
presto interamente giocato
su un aggraziato ritmo
lombardo, in un'aura
luminosissima dove un senso
musicale aristocratico si
fonde in modo quasi
spettacolare a una
gestualità di proposta
sonora leggera e sempre
comprensibile.
Lßultimo brano proposto è il
Concerto n. 4 in la
minore della già
citataOp. 6, che, nella sua
suddivisione in quattro
tempi, segue lo schema della
sonata da chiesa di stampo
corelliano. Il Concerto
esordisce con un Larghetto
affettuoso lentamente
cadenzato e caratterizzato
soprattutto dall'iterazione
di ritmate frasi ascendenti,
che ottengono un
innalzamentoespressivo del
clima del brano. Il secondo
tempo (Allegro), che procede
incessantemente in maniera
fugata, è esempio della
tendenza di Händel a
inserire episodi di più
accentuato polifonismo con
l'intento di spezzare
l'uniformità della scrittura
musicale di questa raccolta,
dove regna un'omogeneità
essenzialmente omofonica.
Ascoltiamo poi un Largo e
piano, breve ma intensissimo
nella sua concentrata
espressione di un sentire
carico di sofferte, ma nel
contempo nostalgiche,
istanze emozionali. Una
breve transizione porta
all'ultimo tempo (Allegro),
caratterizzato anch'esso da
una progressiva
accentuazione
dell'agitazione del discorso
musicale; in parallelo,
emerge sempre più evidente
una cellula ritmica,
allßinizio ben mascherata
nel flusso musicale, che
diventa nel finale l'unica
protagonista di un fraseggio
ormai stilizzato al massimo,
in una serie di rapidi e
concisi richiami tra le
varie parti del tutti e del
concertino.
Massimo
Rolando Zegna
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