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1 CD -
GMD 1/4 - (p) 1989
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Antonio
VIVALDI (1678-1741)
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Concerto
per Flauto, Archi e continuo in fa
maggiore, Op. 10 N. 1 "La Tempesta
di Mare" |
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6' 48" |
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-
Allegro
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2' 42" |
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1
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-
Largo |
1' 48" |
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2
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-
Presto |
2' 18" |
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3
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Concerto
per Flauto, Archi e continuo in
sol minore, Op. 10 N. 2 "La Notte" |
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9' 10" |
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-
Largo
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2' 15" |
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4
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-
Presto
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3' 16" |
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5
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-
Largo |
1' 39" |
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6 |
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- Allegro |
2' 00" |
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7
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Concerto
per Flauto, Archi e continuo in re
maggiore, Op. 10 N. 3 "Il
Gardellino" |
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9' 30" |
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- Allegro
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3' 39"
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8
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- Cantabile |
2' 57" |
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9
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- Allegro |
2' 54" |
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10
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Concerto
per Flauto, Archi e continuo in
sol maggiore, Op. 10 N. 4 |
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6' 54" |
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- Allegro
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2' 45" |
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11
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- Largo
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1' 57" |
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12
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- Allegro |
2' 12" |
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13
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Concerto
per Flauto, Archi e continuo in fa
maggiore, Op. 10 N. 5 |
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8' 06" |
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- Allegro ma non
tanto
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3' 42" |
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14
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- Largo e
cantabile
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2' 48" |
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15
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- Allegro |
1' 36" |
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16
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Concerto
per Flauto, Archi e continuo in
sol maggiore, Op. 10 N. 6 |
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8' 54" |
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- Allegro |
4' 00" |
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17
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- Largo |
2' 39" |
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18
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- Allegro |
2' 15" |
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19
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Musici di Praga
/ Josef Jelinek, flauto / Frantisek
Xaver Thuri, clavicembalo / Milan
Munclinger, Direttore |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Supraphon
| (?) | (p) 1981
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 1/4 | 1 CD - durata
50' 48" | (p) 1989 | ADD |
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Note |
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6
CONCERTI PER FLAUTO,
ARCHI E CONTINUO OP. 10
Nell'ampia
produzione strumentale di
Vivaldi sono da distinguere
le opere composte per flauto
diritto da quelle per flauto
traverso. All'inizio del
Settecento, il primo fra
questi due strumenti era
ancora considerato come
dotato di una sonorità più
discreta e, di conseguenza,
assai più aristocratica.
Questo non evitò che in
pochi anni il flauto
traverso lo spodestasse
rapidamente dai repertori,
conquistando prevalenza
numerica anche nel catalogo
vivaldiano. Questa
situazione è in parte
esemplificata dalle vicende
storico-compositive dei 6
Concerti per flauto
traverso, archi e basso
continuo Op. 10,
stampati per la prima volta
ad Amsterdam tra il 1729 e
il 1730 per i tipi di Le
Cène. Alcuni manoscritti
della collezione vivaldiana,
conservati nell'Archivio
Giordano di Torino,
testimoniano infatti che
soltanto il quarto concerto
della serie fu composto ex
novo da Vivaldi per la
pubblicazione. Quattro
numeri sono adattamenti di
suoi precedenti concerti da
camera (tre con flauto
traverso, uno con flauto
diritto), mentre il numero 5
è la trascrizione di un suo
concerto per flauto diritto
e archi.
Anche per questa raccolta
Vivaldi si attenne alla
tipologia del concerto
solistico settecentesco,
elaborata da Torelli sul
finire del Seicento, che
presenta una chiara
alternanza tra gli
interventi del tutti
orchestrale e i vari episodi
del solista, di regola
accompagnato dal solo basso
continuo. Vivaldi assimilò
questa forma soprattutto con
i concerti per violino, ma
successivamente non rinunciò
a elaborarla e
caratterizzarla sul filo
della sua ricerca
compositiva. In tal modo, le
architetture musicali
divennero più elastiche e
più evidente e libero il
virtuosismo, grazie al quale
il solista assunse una nuova
carica di sentimento ed
espressione, in totale
opposizione all'imperante
corrente arcadica.
I primi tre concerti
dell'opera, di carattere
descrittivo, seguono i
principi e il linguaggio
musicale settecentesco
tipico della musica a
programma, costituito da una
serie di formule
ritmico-melodiche di origine
rinascimentale. Nonostante
ciò, troviamo in queste tre
composizioni solo una tenue
aderenza a una narrazione
vera e propria. Il primo
numero della serie è in fa
maggiore e porta, come altri
tre concerti e un interludio
operistico di Vivaldi, il
sottotitolo di "La tempesta
di mare". Possiamo notare,
tra le caratteristiche
compositive che percorrono e
unificano il pezzo, l'uso
ricorrente, soprattutto nel
primo tempo, di rapide scale
che si alternano e si
rispondono. Diffusa è anche
la tendenza a enfatizzare i
toni drammatici grazie
all'ausilio dell'unisono
degli archi, come nel
potente e teatrale disegno
musicale del finale
dell'Allegro o all'inizio
del secondo tempo (Largo),
dove alla melodia del flauto
si alternano solenni gli
archi, o infine all'apertura
del Presto conclusivo, in
cui le interrogazioni degli
archi si contrappongono alle
risposte del flauto solo. È
quindi il rapporto
dialettico solo-tutti che
viene messo in luce, ma non
dalla struttura musicale,
bensi dal peso fonico, dallo
spessore tímbrico-sonoro
diverso. Al di là della
locuzione descrittiva, è il
suono stesso l'elemento
generatore della fantasia
vivaldiana.
Nel Concerto n. 2 in sol
minore “La notte”, il
musicista abbandona la
tradizionale tripartizione
dei tempi per presentare una
serie di episodi conchiusima
molto liberi, dove la forma
frammentata si dissolve
impressionisticamente in un
bozzetto (procedimento che
ha uno stretto parallelo
pittorico in alcuni e quasi
contemporanei dipinti del
Guardi). Il primo tempo è un
Largo, in cui il flauto
emerge dopo che le
figurazioni teatrali degli
archi hanno creato
un'atmosfera di attesa. Da
notare l'uso drammatico' del
silenzio e la tipologia
costruttiva del brano,
composto da una successione
di armonie dissonanti. Tutto
il movimento è un vero e
proprio sipario al
successivo Presto
('Fantasmi'), dove la resa
musicale delle visioni
notturne, attraverso
velocissime apparizioni
luminose degli strumenti, è
semplicemente superba. Segue
un Largo, una breve pausa
serena e lirica, in cui il
flauto s'impegna in una
melodia senza ritorni
sull'accompagnamento delle
sole parti di viola e
violini. Ascoltiamo poi un
nuovo rapidissimo Presto,
cui fa seguito un Largo ("ll
sonno"). Qui Vivaldi
prescrive un'esecuzione
senza clavicembalo; gli
archi creano una
straordinaria e magica
atmosfera di sospensione, a
cui si sovrappone il flauto
che ripercorre,
frazionatissimo, il
riposante divagare della
mente durante il sonno. La
composizione è conclusa da
un pulsante e vivo Allegro,
dove ritroviamo, anche se
libera, la forma del
concerto solistico, quasi a
sottolineare con voluta
asimmetria l'irrazionalità e
il mistero dei tempi
precedenti.
Il Concerto n. 3 in re
maggiore porta come
sottotitolo “Il gardellino'
ed è uno dei più
straordinari composti da
Vivaldi. Qui il musicista
rievoca gli usignoli e i
cucù meccanici, così in voga
tra i nobili del Settecento.
Il concerto è un gioiello
d'invenzione, oltre che nel
virtuosismo onomatopeico del
solista, nella ricerca
timbrica e nell'impasto
sonoro tra flauto e violini.
Nel primo tempo (Allegro),
gli archi riprendono
alternativamente con trilli
il cinguettio di altri
uccelli e il canto del
solista. Il Cantabile che
segue, diviso in due parti,
procede con un ritmo di
siciliana e mantiene un
lieve carattere pastorale,
mentre è solo il continuo ad
accompagnare il flauto.
Nella terza sezione
(Allegro), il primo violino
si associa al solista in una
fusione timbrica tipicamente
barocca.
Il Concerto n. 4 in sol
maggiore è l'unico fra
i sei numeri di quest'opera
del quale non esiste una
precedente versione.
Probabilmente Vivaldi lo
scrisse espressamente con
l'intenzione di completare
la raccolta in vista della
pubblicazione. S'inizia con
un Allegro, nel cui
ritornello iniziale
interviene anche il flauto a
declamare brevemente con il
tutti, mentre nel suo primo
episodio di solista,
graziosamente sorretto da
floreali disegni di
ornamentazione dei violini,
si mantiene aderente al
materiale appena esposto.
Nei successivi assoli è
proposto gradualmente un
materiale tematico via via
sempre più personale:
dapprima in un intervento
dalle caratteristiche
virtuosistiche assai
accentuate, poi in due
episodi accompagnati o, come
nel secondo caso, anche
interrotti dall'intervento
del tutti. Il Largo che
segue è una limpida pausa
nella quale la densità
sonora tende a rarefarsi.
Vengono qui contrapposti, da
una parte, il dolcissimo
discorrere del flauto,
sorretto dal continuo, e,
dall'altra, le intenzioni
ostinate, e quasi ingenue,
di una semplicissima
cantilena degli archi, che
soltanto nell'ultima frase
si riuniscono al solista.
L'ultimo tempo (Allegro)
procede con la gioia e il
ritmo di una danza leggera
ma piena di energia. Il
flauto ha qui occasione di
mettersi in evidenza anche
nei due ritornelli di
apertura e di conclusione,
da dove emerge con acuti
incisi.
All'inizio del primo
movimento (Allegro ma non
tanto) del Concerto n. 5
in fa maggiore
troviamo scritto sulla
partitura «Tutti gli
stromenti sempre sordini››
(cioè dotati di sordina). Il
procedimento dona agli archi
una timbrica più soffusa e
raccolta, che meglio si
adegua all'espressione di
amorosa dolcezza che pervade
questa composizione.
Caratteristica principale
del primo tempo, oltre agli
evidenti interventi del
flauto all'interno dei
ritornelli, è l'importanza
che Vivaldi affida agli
archi nell'unirsi al flauto
durante gli episodi, nei
quali ci viene offerto, come
in controluce, un
leggerissimo e finissimo
intreccio musicale. Il Largo
e cantabile successivo è uno
dei tempi lenti più belli
composti da Vivaldi. Il
lungo e meditativo assolo
del flauto è anticipato e
poi concluso da un episodio
del tutti, che immerge
l'intero brano in una luce
di profondo e religioso, ma
non per questo meno
melodico, raccoglimento.
Anche nell'ultimo tempo
(Allegro), seppur con
maggiore vitalità, non si
rinuncia a un'espressione
giocata su un registro di
trasparenza e descrizione.
Il sesto e ultimo
concerto, in sol maggiore,
ha il compito di chiudere,
con briosità e perfetto
equilibrio formale, l'intera
raccolta. Nell'Allegro che
inaugura questa composizione
incontriamo un vigoroso
ritornello, nel quale gli
archi all'unisono sono
contrastati da brevi ma
puntigliosi interventi del
flauto. Questo ha modo di
amplificare le sue capacità
solistiche in una serie di
freschissimi e scattanti
episodi. Segue quindi un
Largo di malinconica grazia
che richiama alla mente un
lento e soffice minuetto.
Qui il continuo resta
silenzioso ed è soltanto la
parte della viola a offrire
l'unico supporto sonoro al
pezzo, che procede in
un'atmosfera di gentile e
squisita delicatezza. Il
concerto si chiude con un
ultimo Allegro, che non è
altro se non una travolgente
serie di brevi variazioni su
un tema. Gli archi offrono
la pulsione armonica
necessaria al solista, che
si congeda definitivamente
dall'ascoltatore mettendo in
mostra tutto il suo
repertorio di eccitante e
pirotecnica bravura. Qui
emerge appieno nella
scrittura del flauto il
rapporto di estrema tensione
che l'autore pretende tra
l'esecutore e il suo
strumento, in un
coinvolgimento totale e
spasmodico: è questa una
delle misteriose e segrete
ragioni del fascino musicale
di Vivaldi.
Massimo
Rolando Zegna
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