1 LP - 33QCX 10199 - (p) 1956
1 LP - 33CX 1367 - (p) 09/1956
1 LP - 35351 - (p) 19xx

Wolfgang Amadeus MOZART (1756-1791)


Quartetto n. 17 in si bemolle maggiore "La Caccia", K. 458
25' 49"
- Allegro vivace assai 8' 30"

- Menuetto 4' 42"

- Adagio 7' 51"

- Allegro assai
4' 46"





Franz SCHUBERT (1797-1828)


Quartetto n. 2 in do maggiore, D 32

18' 11"
- Presto
3' 32"

- Andante 5' 31"

- Minuetto 3' 11"

- Allegro con spirito 5' 56"





 
QUARTETTO ITALIANO
- Paolo Borciani, violino I
- Elisa Pegreffi, violino II
- Piero Farulli, viola
- Franco Rossi, violoncello
 






Luogo e data di registrazione
Milano (Italia) - 1956

Registrazione: live / studio
studio

Producer / Engineer
-

Prima Edizione LP
Columbia (Italia) - 33QCX 10199 - (1 LP) - durata 44' 00" - (p) 1956 - Mono
Columbia (United Kingdom) - 33CX 1367 - durata 44' 00" - (p) 1956 - Mono
Angel Records (USA) - 35351 - durata 44' 00" - (p) 19xx - Mono


Note
-












E' nota la centralità della figura di Joseph Haydn nella storia dell'evoluzione del quartetto d'archi; Haydn introdusse nel quartetto quel principio dell'elaborazione tematica che i predecessori non vi avevano utilizzato, riconobbe cioè appunto nel quartetto per archi lo strumento più indicato ad accogliere ed a sviluppare il nuovo principio. Ne scrive Adolf Scandberger (Zur Geschiclite des Haydschen Streichquartetts): "Finchè dominava come voce principale il primo violino, il secondo, la viola ed il violoncello facevano d'accompagnamento, in modo interessante e vario, per vita d'armonia e di ritmo, ma accompagnavano. Questo procedimento, anche al di fuori delle parti tematicamente elaborate, è approfondito, altresì, dal lato di una condotta indipendente delle voci. Comincia così quel dialogare musicale degli strumenti che oggi andiamo cercando come carattere tipico, nei vari quartetti; lo stile della fine conversazione, che il Kretzschmar paragona allo stile degli Enciclopedisti francesi, prende possesso definitivo del quartetto. In tale modo di dialogare, nessuno può parlare troppo a lungo; la dialettica dei motivi è quella che conduce questa conversazione; essa concede la parola ad ognuno, ma la sua deve essere al primo posto. Al posto dell'amabile schieramento dei pensieri musicali si presenta ora la rielaborazione organica dei motivi. Così il quartetto è, nello stesso tempo, omofono e polifonico".
Giustamente dunque i contemporanei individuarono in Haydn il creatore del quartetto d'archi moderno; giustamente ancora il contemporaneo Mozart volle dedicargli una serie di sei quartetti, composti tra il 1782 ed il 1785, che vanno appunto sotto il nome di Quartetti dedicati ad Haydn. Il Quartetto in si bemolle maggiore K.458 è il quarto di tale serie. La dedica, scritta da Mozart il 1° settembre 1785 dice: "Un padre avendo risolto di mandare i suoi figli nel gran mondo, stimò di doverli affidare alla protezione ed alla condotta di un uomo celebre; il quale, per buona sorte, era inoltre il suo migliore amico. Ecco del pari, celebre uomo ed amico carissimo, i sei miei figli. Essi sono, è vero, il frutto di una lunga fatica, ma ho la speranza, condivisa da molti amici, che mi daranno un giorno qualche consolazione. Tu stesso, amico carissimo, nell'ultimo tuo soggiorno in questa capitale, me ne dimostrasti la tua soddisfazione. Questo tuo suffragio mi incoraggia sopra ogni altro a raccomandarteli, e mi fa sperare che non ti sembreranno del tutto indegni del tuo favore. Piacciati dunque accoglierli benignamente ed essere loro padre ed amico. Da questo momento io ti cedo i miei diritti sopra di essi, ti supplico però di guardare con indulgenza i difetti, che l'occhio parziale di padre mi puo aver celati, e di continuare, loro malgrado, la generosa tua amicizia a chi tanto l'apprezza mentre sono di tutto cuore il tuo sincerissimo amico...".
Di fatto Haydn aveva avuto già modo di ascoltare i nuovi quartetti ed aveva in quell'occasione riaffermato a Leopoldo Mozart la sua infinita ammirazione per il giovane Wolfango "il più grande compositore che io conosca di persona e di nome".
Non tutti però condivisero gli entusiasmi del dedicatario; il Wiener Zeitung del gennaio del 1781 trovava ad esempio i 6 quartetti tanto drogati da renderne impossibile l'ascolto, dato il pur lodevole intento di Mozart di voler divenire un innovatore ad ogni costo; il Dittersdorf si sentì disorientato dalla "eccessiva abbondanza di magnifiche idee"; il Sarti, per parte sua, deprecò che barbari assolutamente privi d'orecchio, continuassero a scrivere musica. Ed è giusto convenire che a quei tempi un linguaggio quartettistico tanto "costruito" poteva facilmente riuscire difficile; si è già detto della funzione innovatrice di Haydn nella struttura del quartetto: conviene chiarire che i quartetti haydniani che costituiscono il vero momento della trasformazione, sono i sei quartetti chiamati russi, che il compositore portò a termine nel 1781, poco prima dunque che questi quartetti mozartiani, che gli furono dedicati, fossero composti. Di qui dunque la scarsa attitudine dei contemporanei all'ascolto di musiche di questo genere. Gli sviluppi ottocenteschi dell'arte del quartetto avrebbero dimostrato la validità, anche sul piano storico oltre che su quello estetico, degli orientamenti di Haydn e di Mozart.

Quindici quartetti per archi furono composti da Schubert tra il 1812 ed il 1826, ma soltanto uno di essi fu pubblicato in quel periodo, vivente l'autore. L'editore Peters pubblicò altri nove quartetti prima del 1870, ma soltanto nel 1890, quando Breitkopf pubblicò l'edizione completa delle musiche di Schubert, apparvero tutti i quindici quartetti.
Uno di essi però, quello contrassegnato dal numero 2, aveva soltanto, nell'edizione completa di Breitkopf, due tempi, un Presto e un Minuetto, entrambi in do maggiore. Qualche anno dopo, nel 1897, un'altra parte del quartetto fu pubblicata, nel cosiddetto Revision-Bericht; si trattava esattamente dell'ultima parte del Finale (Allegro in do minore); su tale pubblicazione era scritto: "Schubert scrisse il Primo tempo di questo quartetto alla fine della partitura del Kyrie in Re minore. Alla fine del tempo vi sono le parole Finis primae partis. Gli altri tempi sono stati scritti su fogli staccati. Più tardi Schubert numerò i tempi a matita. Evidentemente uno di questi è scomparso e manca inoltre l'esposizione del Finale". Il quartetto era pur sempre incompleto.
L'8 febbraio 1953, finalmente, il quartetto è stato eseguito nella sua interezza al Museo di Storia Musicale di Stoccolma, grazie al ritrovamento delle parti mancanti nella raccolta di manoscritti schubertiani di proprietà del console Otto Taussing a Malmö. Taussig., che abitò a lungo a Praga prima di trasferirsi in Svezia, dispone oggi della più importante raccolta privata di materiale schubertiano.
Secondo quanto è scritto, in articolo apparso su "Music and Letters" (ottobre 1951), da Maurice E. Brown, ("Recent Schubert discoveries") il quartetto fu probabilmente consegnato da Schubert al suo editore Diabelli; questa casa passò in seguito ad altri proprietari e nel 1876 si fuse con la casa editrice Cranz di Lipsia che aveva pure una succursale a Bruxelles; dopo la guerra, in seguito alla divisione della casa tra vari membri della famiglia Cranz, le sedi di Vienna e di Bruxelles vennero ad acquistare piena autonornia, divenendo due ditte diverse. La parte di materiali di Schubert e di Diabelli rimasta a Vienna fu sempre ben conservata, mentre la parte rimasta a Bruxelles fu dispersa. Appunto da tale dispersione il manoscritto del secondo tempo del quartetto e dell'inizio dell'ultimo tempo, giunse nelle mani del Taussig. Il Quartetto in do maggiore, fu composto da Schubert all'età di quindici anni.
Memo Zambrini