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1 LP -
33QCX 10024 - (p) 1953
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1 LP -
33CX 1101 - (p) 12/1953 |
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1 LP -
35062 - (p) 19xx |
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Luigi
BOCCHERINI (1743-1805) |
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Quartetto in la
maggiore, Op. 39 n. 3 (G 213) |
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22' 35" |
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Allegro moderato
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8' 16" |
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Minuetto (Allegro) e Trio |
3' 38" |
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Grave |
5' 36" |
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-
Allegro giusto |
5' 05" |
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Quartetto
in mi bemolle maggiore, Op. 58 n.
3 (G 243) |
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20' 43" |
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- Allegretto lento |
7' 04" |
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Minuetto (Allegro) e Trio |
4' 05" |
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- Larghetto
malinconico |
4' 42" |
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- Allegro vivo
assai - Finale
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4' 52" |
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QUARTETTO
ITALIANO |
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- Paolo
Borciani, violino I |
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- Elisa Pegreffi,
violino II |
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- Piero Farulli,
viola |
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- Franco Rossi,
violoncello |
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Luogo
e data di registrazione |
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Basilica
Sant'Eufemia, Milano (Italia) -
6-8 ottobre 1953 |
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Registrazione: live /
studio |
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studio |
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Producer / Engineer |
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Prima Edizione LP |
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Columbia
(Italia) - 33QCX 10024 - (1 LP) -
durata 43' 18" - (p) 1953 - Mono
Columbia (United Kingdom) - 33CX
1101 - durata 43' 18" - (p) 1953 -
Mono
Angel Records (USA) - 35062 -
durata 43' 18" - (p) 19xx - Mono
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Note |
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Nel grande
processo di revisione musicale
che caratterizza il tempo
moderno, un caso a parte è il
caso di Luigi Boccherini. Quando
parliamo di revisione musicale,
noi intendiamo tutto quel
movimento estetico che ha
portato a comprendere l'immenso
valore della musica antica e
che, per quanto riguarda
parecchi Autori del secolo XVII
ha sostituito a una sentenza di
freddezza e d'ozio decorativo
l'apprezzamento di uno stile
altissimo, di un drammatismo
umano, signorilmente contenuto;
per quanto riguarda la
foltissima schiera di molti
maestri del Settecento, ha ormai
appurato come la frivolezza,
galanteria, leziosaggine
arcadica ed altre qualità
deteriori, ad essi attribuite
dai focosi spiriti del secolo
scorso, costituiscono invece
un'enorme carica di fantasia,
una purezza d'immagini, una
lucentezza di discorso
addirittura eccezionali. Il
novecento è l'epoca che ha
finalmente capito il seicento e
il settecento. Ora come dicevamo
in principio, Luigi Boccherini,
fra i nuovi ricuperi, ha sorte
un poco difficile. La scarsa
fortuna da lui goduta nel corso
dell'esistenza, il fatto d'esser
vissuto a lungo in Ispagna, un
paese dove, a quell'epoca, non
c'erano nè editori di musica
importanti nè regolari
organizzazioni musicali, le
strettezze finanziarie, sempre
assillanti e suadenti, talvolta
vendite affrettate e infelici
dei manoscritti, hanno lasciato
un'enorme confusione nel
repertorio del maestro. Gli
inediti boccheriniani debbono
essere tuttora numerosissimi,
così come i falsi e come,
probabilmente, i lavori che
passano per lavori altrui e sono
lavori di Boccherini. Persino la
biografia di questo grande
artista rimane oscura e sembra
sprofondata nella preistoria,
mentre appartiene alla seconda
metà del Settecento e si estende
ai primi anni dell'Ottocento.
Nato a Lucca il 19 Febbraio del
1743, Boccherini si spense in
Madrid, il 28 Maggio 1805.
Studiò a Roma, violoncello e
composizione, diventando assai
presto un eccezionale virtuoso
ed un geniale autore. Dopo
qualche giro di concerti
nellItalia settentrionale,
Boccherini, che s'era stretto in
fraterna amicizia con il
violinista Manfredi, decise di
espatriare in compagnia di
costui. Nel 1768 i due musici
lucchesi furono a Parigi, assai
festeggiati dagli amatori, e,
poco dopo, in Ispagna. E' là che
Boccherini creò la massima parte
della sua produzione gloriosa;
ma è là, ancora, ch'egli
incontrò le maggiori sofferenze.
Protetto, dapprima, dall'Infante
Don Luigi e dalla contessa
Benavente, il nostro maestro non
durò a lungo nella fortuna.
Accasatosi con una spagnola e
caricato di figli, invano tentò
di ritornare in Francia o di
trasferirsi in Prussia. Mai potè
trovare il necessario denaro.
Così, stentando la vita e
componendo grande copia di
musiche fra continui disagi
chiuse i suoi giorni, miserrimo
e oscuro.
Delle proprie copiose creazioni
Boccherini lasciò un catalogo,
d'altronde incompleto, da cui
appare come la sua cura più
lunga fosse dedicata alla musica
strumentale. Infatti, di fronte
alla "Zarzuela" La Clementina,
ed alcuni numeri di pezzi sacri
e a qualche Aria vocale, stanno
parecchie sinfonie ed ouvertures
per orchestra, sonate per
violino e cembalo, oltre
quaranta trio, circa novanta
quartetti per archi e
centoventicinque, forse più,
quintetti.
Il vero mondo musicale di
Boccherini fu quest'ultimo. Il
complesso per archi rispose
sempre, in modo preciso e
puntuale, alle sue
sollecitazioni fantastiche.
Dei complesso per archi il
maestro lucchese penetrò appieno
la modalità discorsiva, le
possibilita di colori, l'indole
sonora; sicché a fianco del
grande movimento istrumentale
capeggiato da Haydn e da Mozart,
seppe trovare una sua cifra, un
suo carattere personale, e
dimostrò chiaramente come
l'Italia, se non fossero
intervenuti il fanatismo e
l'esclusivismo operistico,
sarebbe pervenuta anch'essa a
produrre, nell'Ottocento
romantico, un proprio stile
sinfonico e da camera.
I quartetti e i quintetti di
boccherini non hanno la densità
contrappuntistica dei loro
confratelli di Haydn e di
Mozart. L'immaginazione
boccheriana per risolversi e per
coneretarsi, cerca le strade
della melodia scoperta del ritmo
luminoso, incalzante. Boccherini
ha un senso acutissimo del
movimento come segno palese
dell'esistenza; e l'esistenza,
non soltanto la propria bensì
ancora l'esistenza d'ogni
creatura, d'ogni cosa, lo
interessa, lo eccita, lo chiama
a interpretarla e a
testimoniarla. C'è qualcosa, in
lui, che ritroveremo poi in
Schubert: questa facilità di
comunicare con la vita e di
rifletterne, affettuosamente, le
infinite cadenze. Per tale
impulso interiore, egli
conchiuse il processo della
musica istrumentale italiana nel
settecento, ponendo termini suoi
propri al quartetto e
sviluppando il quintetto
dall'antica sonata a cinque.
Il quartetto op.39 n.3 (in la
maggiore) appartiene a una
raccolta di dodici, pubblicata a
Parigi dall'editore, compositore
e fabbricante di pianoforti
Ignazio Plejel. Siccome questa
raccolta, dal Plejel,
considerata tutta come opera 39,
contiene, in realtà quartetti di
diverse epoche, è un po'
difficile stabilire la data di
composizione di ciascun lavoro.
Sulla scorta del catalogo già
ricordato, possiamo tuttavia
credere che il quartetto in
parola venisse scritto a Madrid
nel 1787. Esso consta di quattro
"tempi" Allegro moderato,
Minuetto, Grave e Allegro
giusto. L'Allegro moderato è una
specie di tema con variazioni,
dove il tema di carattere
contabile, un poco languido,
come certe frasi dell'opera
comico-sentimentale, e le
variazioni, lungi dal contenere
l'indagine armonica e
contrappuntistica di Haydn o di
Mozart, sono piuttosto vaghi
arabeschi e riprese ornamentali
dei quattro istrumenti. La
didascalia boccheriniana
dell'inizio ("sottovoce e con
smorfia") è molto indicativa di
certe intenzioni psicologiche,
di certi atteggiamenti
rappresentativi, assai cari al
maestro lucchese. Il Minuetto,
di linea semplice e quasi
fanciullesca, val molto bene a
indicare il progressivo
evolversi dell'antica forma
danzistica verso la nervosità e
la intensità espressiva dello
Scherzo. Il suo movimento
"allegro" è ormai già molto
lontano dal passo galante del
Minuetto vero e proprio.
Particolare degno di nota è che
il trio ("Soave assai") conservi
la tonalità di la maggiore
invece che passare alla tonalità
del "quarto grado" o al relativo
minore, come generalmente
prescritto. Il Grave è una
pagina assai concisa, in re
minore, condotta secondo uno
schema assomigliante a quella
della canzone, ma ricca di un
contenuto pensoso (espresso da
incisi cromatici e da rapide
evasioni modulanti) che
preannunziano le inquietudini di
giorni futuri. Il motivo-base
del Finale (Allegro giusto)
arieggia lo stile dell'ouverture
d'opera comica. La sua
elaborazione, che suddivide il
disegno fra i quattro istrumenti
e il suo contrapporsi a un
secondo motivo melodico, lo
innalzano però, rapidamente, nel
clima sonatistico e
aggiungendovi nuovo vigore ne
fanno un tema ideale per
costruirvi sopra il pezzo di
chiusa.
Al 1799 risale invece la
composizione del Quartetto in mi
bemolle maggiore, op.58 n.3. Nel
1799, Boccherini aveva ormai
assimilato, oltre alle varietà
formali della nuova musica
europea, il colorismo acceso, la
forza ritmica, l'immaginazione
profonda del canto e della danza
popolare spagnola. Nel Quartetto
di cui parliamo non si trovano
richiami diretti a tipi precisi
di musica, iberica come ne
occorrono altrove, e
segnatamente in taluni
Quintetti. Ma è palese una
tensione di accenti, che si può
ascrivere, in parte,
all'esperienza spagnola. E ancor
più manifesti, in tale opera
della maturità sono i segni di
una forte introspezione e di
un'acuta indagine sulle
possibilità dei quattro
istrumenti, sia considerati in
se stessi sia considerati come
componenti di un tutto.
L'impiego del violoncello nel
registro acuto, spinto a tal
punto da sovrapporlo alla viola
(primo "tempo") la grande
estensione di certi intervalli,
i rapidi scambi fra maggiore e
minore nella stessa armonia
(secondo "tempo") sono ardimenti
insoliti e vere anticipazioni.
L'indicazione del primo "tempo"
("Allegretto lento") rivela già
un segreto della fantasia
Boccheriniana. Infatti, i due
termini, apparentemente
contradditori in relazione alle
norme comuni, fissando invece,
come meglio non si sarebbe
potuto, l'indole psicologica di
questo splendido brano, la
sottile ambiguità di
espressione, perplessa fra moto
e raccoglimento, la naturalezza
con cui il fondamentale impianto
melodico si risolve in
figurazioni essenzialmente
ritmiche.
Il Minuetto ha un piglio fiero e
deciso, interrotto dall'ansioso
dialogare del Trio. Segue al
Minuetto un Larghetto
malinconico, meditabondo e
sospiroso nell'esposizione
iniziale poi, improvvisamente,
convulso, secondo una maniera
propria agli Adagio di Haydn.
Come quasi tutti i "tempi" lenti
di Boccherini, anche questo
Larghetto è estremamente
stringato. Boccherini conosceva
a fondo l'arte di non chiedere a
un tema più di quanto esso fosse
capace di dare. Il Finale
(Allegro vivo assai) risulta il
pezzo più sviluppato di tutto il
Quartetto. E' impiantato sopra
un soggetto che parrebbe un
soggetto di fuga; ma non tiene,
se non per qualche breve tratto
"a irnitazione", i caratteri
della forma fugata. E' piuttosto
una pagina di straordinaria,
chiara veemenza
discorsiva, centrata su uno
stato d'animo unitario e così
compatto che la posa
regolamentare sulla "dominante",
nonchè l'introduzione di idee
collaterali, quasi non si
avvertono. Non a torto L.
Piquot, il maggior studioso di
Boccherini, pone questo
quartetto, e i suoi confratelli
dell'opera 58, fra i lavori più
importanti del grande Maestro.
Giulio
Confalonieri
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