Herbert von Karajan


2 LP's - 2707 102 - (p) 1977
1 CD - 419 195-2 - (c) 1987
2 CD's - 419 196-2 - (c) 1987

ANTON BRUCKNER (1824-1896)






Long playing 1 - 2530-918
52' 04"
Symphonie Nr. 7 E-dur
64' 32"
Versione originale


- 1. Allegro moderato 20' 08"

- 2. Adagio. Sehr feierlich und sehr langsam 22' 04"

- 3. Scherzo. Sehr schnell 9' 52"

Long playing 1 - 2530-919
31' 57"
- 4. Finale. Bewegt, dich nicht schnell 12' 28"





Richard Wagner (1813-1883)


Siegfried-Idyll
19' 29"




 
Berliner Philharmoniker
Herbert von KARAJAN
 






Luogo e data di registrazione
Philharmonie, Berlino (Germania) - aprile 1975

Registrazione: live / studio
studio

Production
Dr. Hans Hirsch, Magdalene Padberg

Recording Supervision
Michel Glotz


Balance Engineer
Günter Hermanns

Prima Edizione LP
Deutsche Grammophon - 2707 102 - (2 LP's) - durata 52' 04" & 31' 57" - (p) 1977 - Analogico

Prima Edizione CD
Deutsche Grammophon - 419 195-2 - (1 CD) - durata 64' 32" - (c) 1987 - ADD - (Symphonie Nr. 7)
Deutsche Grammophon - 419 196-2 - (2 CD's) - durata 58' 15" & 43' 47" - (c) 1987 - ADD - (Siegfried-Idyll + Symphonie Nr. 8)


Note
Cover Design: Holger Matthies, Hamburg













Maurice Ravel disse una volta del suo Bolero, una delle più geniali composizioni del nostro secolo, che purtroppo non conteneva musica. Dell'opera sinfonica di Anton Bruckner, invece, si potrebbe dire che vi è racchiuso un eccesso di musica. Paul Bekker, nel suo libro del 1918 "La sinfonia da Beethoven a Mahler", rivendicava per i sinfonisti austriaci - al contrario dei tedeschi - la gioia romantica dei sensi e per quanto riguarda Bruckner e la sua opera, egli vedeva in lui il discendente diretto di Schubert. Ernst Bloch ha detto che con Bruckner era ritornato il canto nel mondo e in più una coscienza tranquilla. Le affermazioni di Bekker e di Bloch sono in fondo simili, se non uguali: nella musica bruckneriana le immagini sembrano avvolte, per così dire idealisticamente, nel canto; da questo nascono non soltanto delle partiture coscienziosamente elaborate, ma allo stesso tempo viene resa sempre avvertibile (non udibile) una coscienza tranquilla.
Le sinfonie bruckneriane sembrano opporsi a delle norme, nonostante si basino, come forse nessun altra sinfonia dal XIX secolo, su delle norme. Hanno caratteristiche da prodotto artificiale, sebbene il loro compositore non cercasse altro che una naturale chiarezza all'espressività e tendesse, secondo la sua natura, verso la devozione totale. Questo diede agli ammiratori della sua musica ottimi spunti per un'interpretazione meno musicale e più metaforico-programmatica. È vero che non esiste niente di più omogeneo che le sinfonie beuckneriane, eppure spesso vi si incontrano evidenti contraddizioni interne. Il direttore del "Parsifal" di Richard Wagner, Hermann Levi, aveva presto criticato lo schematismo delle sinfonie di Bruckner. Hugo Wolf aveva invece caratterizzato il compositore come un "geniale avanguardista", opinione piuttosto inconsueta se si considera l'immagine diffusissima di un Bruckner dagli ideali borghesi e mistico-cristiani. Le sinfonie di Bruckner, in concerto, sono sempre avvenimenti festosi e non sconvolgenti esperienze come le sinfonie di Gustav Mahler. Esse danno l'inconscia sensazione di essere rivolte direttamente all'ascoltatore, di avvolgerlo e di assorbirlo completamente, e di portarlo infine ad una unione metafisica con la musica stessa. Johannes Brahms commentò malignamente che quelle non erano sinfonie, ma un imbroglio; questo illustra bene senza voler considerare l'odio profondo tra lui e Bruckner, la perplessità dei contemporanei verso la musica bruckneriana. Bruckner ha realizzato, al contrario di Brahms, una sintesi di differenti prassi compositive e l'ha subordinata al suo concetto di una musica lenta. Sotto questo aspetto, il problema essenziale del suo sinfonismo non sono le singole opere, anche se una caratterizzazione dettagliata è senza dubbio possibile, ma tutto il discorso artistico.
Questo discorso artistico è basato, dal punto di vista tecnico, su uno stile personale la cui formazione è la somma di svariate influenze. L'interesse di Anton Bruckner andava in egual misura allo stile di Palestrina e alla polifonia bachiana. Si aggiungono poi il suo amore per il grande sinfonismo beethoveniano e il suo entusiasmo pressoché acritico per le opere del venerato maestro Richard Wagner, del quale riprese, nella sua musica, la gamma timbrica. Determinanti per la specificità del sinfonismo bruckneriano sono comunque le esperienze dell'organista Bruckner. Le caratteristiche sonore dell'organo, con i suoi tagli spesso duri derivanti da improvvisi ammassamenti e riduzioni di registri, si incontrano spesso nelle sinfonie bruckneriane. Bruckner ha unificato stilisticamente tale varietà di influenze combinando la forma basilare della classica sinfonia a quattro tempi con l'intreccio polifonico e concentrandola poi in forma di blocchi. Questo dà vita a una vincolante architettura sonora che, nonostante le simmetrie formali riprese dai classici, non giustifica la definizione di classico per il sinfonismo bruckneriano. Bruckner sviluppò la Settima Sinfonia in mi maggiore sulla traccia di un programma ideale determinato dal movimento lento, scritto sotto il presentimento della morte di Richard Wagner. Il tempo iniziale espone un'ampia tematica che viene subito elaborata, prima ancora che inizi il vero e proprio sviluppo del movimento. A questo primo movimento, di ampio respiro ma non lungo, si allaccia l'Adagio in do diesis minore nel quale Bruckner impegna le "tube wagneriane". Ad esse è affidato il tema principale del movimento, che ritorna continuamente in contrasto con il secondo tema, quasi un Allegretto, il primo è un canto elegiaco-romantico che sgorga violento e allo stesso tempo candido in una combinazione che solo Bruckner sapeva realizzare in questo modo. Dopo lo scalpitante Scherzo in la minore con il Trio in fa maggiore, che segue la convenzionale forma classica, nel Finale la forma-sonata viene soltanto accennata. Qui l'arte della modulazione non conosce limiti. Bruckner sposta i piani tonali spesso soltanto di un tono intero e mostra nonostante questi effetti sorprendenti, una lampante logica armonica. Le corrispondenze con il primo tempo della sinfonia diventano evidenti nella scelta dei temi e nella loro trasformazione secondo il principio della variazione da Bruckner continuamente utilizzato.
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Un canto strumentale domina anche larghe parti dell'opera wagneriana. L'Idillio di Sigfrido, che Bruckner ha probabilmente conosciuto, si può definire la quintessenza della cantabilità, soprattutto perchè è basato su temi di canto. La composizione, chiamata in origine "Triebscher Idylle" (L'Idillio di Trebschen), fu offerto da Wagner in copia definitiva alla sua compagna Cosima Liszt il 25 dicembre 1870 per il suo 32mo compleanno. Nel giugno 1869 la nascita del loro unico figlio Siegfried aveva spinto Wagner a riprendere la composizione dell'"Anello". Con il pezzo, Wagner fece a Cosima una sorpresa la mattina del suo compleanno. Ella annotà nel suo diario: "Quando mi svegliai, il mio orecchio percepì un suono che diventava sempre più pieno, non poteva più essere in un sogno, una musica echeggiava, e che musica! ... io ero in lacrime, ma anche tutto il resto della casa".
Accanto ad alcune opere giovanili e ai Lieder su testi di Wesendonck, l'Idillio di Sigfrido, oggi spesso eseguito in concerto, è l'unica composizione libera di Wagner. Ma è in stretta correlazione con la trilogia dell'"Anello". Nel pezzo, strumentato per piccola orchestra, dominano due temi tratti dal "Sigfrido": le confessioni di Brünnhilde "Ewig bin ich, ewig war ich" e "O, Siegfried, Herrlicher, Hort der Welt". Ambedue i temi vengono sviluppati e posti in relazione l'uno con l'altro. Si aggiungono poi altri motivi dell'"Anello", ad esempio il motivo del sonno di Brünnhilde. Alla fine risuona il richiamo del corno di Sigfrido, poi i die temi principali vengono intonati ancora una volta dagli archi. La musica svanisce infine dolcemente. La piccola, delicata composizione illustra il lirismo intimista di Wagner forse nel modo più evidente e più equilibrato.
Hanspeter Krellmann
(Traduzione: Mirella Noack-Rofena)