QUARTETTO ITALIANO


Columbia - 1 LP - 33QCX 10219 - (p) 02/1957
Columbia - 1 LP - 33CX 1408 - (p) 02/1957
Testament - 1 CD - SBT 1124 - (p) 1998
Warner Classics
14 CDs - 0190296739200 - (p) & (c) 2021

"IL QUARTETTO D'ARCHI IN ITALIA NEL XVIII SECOLO"






Baldassare Galuppi (1706-1785)


Quartetto in sol minore
13' 13"
- Grave e adagio 3' 49"

- Spiritoso 4' 16"

- Allegro 5' 08"





Luigi Boccherini (1743-1805)


Quartetto in sol maggiore "La Tiranna", Op. 44 n. 4 (G 223)
10' 31"
- Presto 4' 48"

- Tempo di minuetto 5' 43"





Giuseppe Cambini (1746-1825)
20' 48"
- Allegro affettuoso
8' 25"

- Adagio 6' 36"

- Presto 5' 47"





 
QUARTETTO ITALIANO
- Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli, viola
- Franco Rossi, violoncello

 






Luogo e data di registrazione
Milano (Italia) - luglio 1956

Registrazione: live / studio
studio

Producer / Engineer
-

Prima Edizione LP
Columbia | 33QCX 10219 - (Italy) | 1 LP | (p) 02/1957 | Mono
Columbia | 33CX 1408 - (England) | 1 LP | (p) 02/1957 | Mono


Prima Edizione CD
Testament | SBT 1124 | 1 CD - 76' 19 | (p) 1998 | ADD
Warner Classics | 0190296739200 | 14 CDs [CD11] - 44' 37" | (p) & (c) 2021 | Mono


Note
-












La carriera di compositore di Baldassarre Galuppi detto Buranello è essenzialmente compresa nelle 112 opere da lui scritte su commissione dei teatri di tutta Europa, per cui ne ebbe una fama e un successo che molti musicisti suoi contemporanei dovettero invidiargli. Fosse stato per la musica strumentale, tali onori e relativi utili il Buranello non li avrebbe certo conosciuti: e tuttavia, sarebbe errato trascurare il significato oltre che il valore poetico vero e proprio, che in più di un'occasione assume la produzione per così dire "minore" (almeno in cifre di quantità) di questo artista. Si pensi soltanto all'emozione che in Robert Browing destò una sua Toccata. Il Browing ne descrisse, quasi per battuta, le reazioni sentimentali e fantastiche provocategli, lasciandoci una pagina singolare e suggestiva che più facilmente crederemmo scritta per un pezzo romantico anzichè per il disincantato eloquio del Buranello.
Nello stesso quartetto che compare in questa incisione, del resto, troviamo una serie di motivazioni interessanti e creativamente validissime che non sono solo di carattere stilistico. Sotto questo particolare aspetto, va certamente rilevata la fusione, l'equilibrio fra la polifonia e l'omofonia, che è poi un'osmosi a cui tutta la musica italiana ha guardato nel '700 con crescente volontà realizzatrice, e che va intesa come la sintesi di una naturale attitudine melodica, di canto, con le crescenti esigenze di più complesse e costruite articolazioni del discorso musicale. Oltre a ciò, sempre sotto il profilo stilistico, assume significato, perchè tipico del Galuppi strumentale, il mantenimento della medesima tonalità per i tre tempi; nonchè particolare la disposizione di questi che ad un movimento lento a carattere di fantasia, fanno seguito due movimenti veloci, vivi, palesamente e volutamente contrastanti.
C'è però qualcosa di più da reperire al di là dei valori formali di chiarezza, di linearità, di semplicità armonica del Galuppi: ed è la presenza del musicista di teatro anche in un quartetto o in una toccata, il suo saper dire le cose che sente, la capacità di narrare, di dialogare, di esprimere stati d'animo diversi. Galuppi, nato a Burano nel 1706 e morto a Venezia nel 1785, per quanto vissuto per alcuni anni in Inghilterra e poi in Russia, tuttavia fu compositore che affondò la sua personalità nella Venezia di Goldoni (col quale ebbe a collaborare in più occasioni), dei Gozzi, di Longhi, di Guardi: e di questa Venezia, anche nel Quartetto in do minore, sentiamo pesantissimo il gesto, il costume, il rapporto (spesso convenzionale e artificioso) fra l'artista e il pubblico (che specie alla musica chiedeva larghe concessioni al "rococò", al "galante"). Ma sentiamo anche che alla sostanza - pur tuttavia non toccando certe vette di verità universale come in Goldoni, ossia non arrivando a superare una determinata condizione obbiettiva ambientale per piegarla alle esigenze di un discorso coinvolgente l'intiera umanità -, sentiamo dunque che v'è l'artista capace di cogliere, nella leggiadria e nella vaghezza delle forme richiestegli, i tratti ideali di una società sempre più chiusa nei propri compiacimenti aristocratici. Ossia troviamo nella sua musica la descrizione di un mondo oramai incline agli estetismi, alla ageografia di sè stesso, pago dei traguardi di benessere e splendore raggiunti, e perciostesso sul limitare del proprio disfacimento.
E che in un lavoro strumentale sia rintracciabile così puntualmente una situazione sociale e culturale ben determinata, è di per sè titolo sufficiente di legittimità artistica e quindi di piena cittadinanza in un'antologia del quartetto italiano nel '700.


La scelta del lavoro boccheriniano compiuta per questa incisione, ha tutto il sapore di una preziosità filologica quanto mai benemerita per la diffusione e la conoscenza del grande maestro lucchese. Dei Sei quartettini che compongono infatti l'inedita op.44, è stato scelto il 4° il cui primo tempo, segnato presto, porta come sottotitolo "la Tiranna", cioè l'indicazione di una danza spagnola sul cui ritmo il movimento appunto si costruisce. Boccherini, vissuto a lungo in Spagna alla Corte di Madrid, trasse in ripetute occasioni ispirazioni dal materiale musicale popolare iberico, e il testuale riferimento che qui viene compiuto ne è una conferma e un'indicazione significative. Non bisogna dimenticare che uno dei primi e più acuti studiosi di Luigi Boccherini, Maurice Cristal, scriveva su una rivista francese (Ménestrel 29 agosto 1875), che "Boccherini è il ritratto musicale della Spagna", e che nella sua musica scorre continuo "il carattere tipico degli antichi ritmi spagnoli e l'impressione ora sensuale ora appassionata ed ora dolorosa, e talvolta terribile, della musica atoctona della penisola". Ne La Tiranna, questa fisionomia boccheriniana certamente inacettabile se estesa a tutta quanta la sua produzione immensa, ma attendibilissima se riferita a una pur notevole quantità di sue opere, è particolarmente evidente. Almeno si tende nel primo movimento di questo Quartetto: il quale, scritto nel 1792, si compone soltanto di due tempi, il secondo essendo però un Minuetto dagli scarsi legami espressivi con il primo, ed evidentemente destinato a far corpo in un'opera più vasta, in quattro tempi, poi rimasta incompiuta. Nel 1792, infatti, Boccherini era già giunto alla successione classica dei quattro movimenti Allegro, Adagio, Minuetto e Allegro, che ritroviamo anche in Haydn, in Mozart e insomma nel quartetto formalmente maturato del '700. Boccherini (1743-1805), scrisse in tutto 92 quartetti offrendo un contributo fondamentale alla definitiva sistemazione delle caratteristiche strutturali e formali di questo generere cameristico. Non va infatti dimenticato che ancora oggi la musicologia disputa se tocchi ad Haydn o a Boccherini la priorità dell'invenzione del quartetto per archi come complesso di parti contrappuntisticamente indipendenti, laddove fino ad allora il violoncello fungeva da basso continuo soltanto e la viola suonava per lo più all'unisono con esso.

Quartettista insigne e famoso fu Giovanni Giuseppe Cambini, cui toccò fra l'altro l'onore postumo, ad opera dei musicologi, di essere scambiato in più di un quartetto o quintetto, con il Boccherini. Cambini ebbe vita avventurosa ed agitata, almeno negli anni della giovinezza. Nato a Livorno nel 1746, intraprese gli studi musicali col Padre Martini a Bologna, portandoli a termine fra il '63 e il '66. Catturato dai pirati durante un viaggio per mare, fu venduto come schiavo in Barberia. Fortunatamente acquistato da un mercante veneziano, venne da questi liberato in riconoscimento dei suoi meriti artistici. Si trasferì nel '70 a Parigi, e di qui ebbe inizio la sua fortuna di compositore e di esecutore (era violinista di prima qualità). Le sue Sinfonie (ne scrisse 60) e i suoi Quartetti (ammontano a 144) ebbero subito un successo strepitoso. Manfredi, Nardini e Boccherini stesso, vollero suonare con lui. Fu direttore del teatro di Beaujolais e svolse pure attività di scrittore. Morì a Parigi quasi ottantenne, nel 1825, circondato dall'affetto e dall'ammirazione della città che lo aveva raccolto e innalzato alla gloria. I suoi quartetti, per quanto molti portino le date della stagione romantica, risentono maggiormente della "clarté" settecentesca che degli impeti del primo '800. Tuttavia troviamo in essi. e in specie nel Quartetto in sol minnore compreso nell'incisione, quella disposizione sentimentale sempre incline ai repentini mutamenti di stati d'animo, che già in Boccherini significava un distacco dal convenzionaliamo "galante", e che in lui è ancor più evidentemente in rapporto con le nuove esigenze di espressione umana, non certo estranee alla stessa Francia pur passata attraverso la raggelante esperienza dell'arte napoleonica.
Luigi Pestalozza
(Columbia 33QCX 10219)