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Classic
Voice - 2 CD - TVO 053/03 - (p) 2003
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Compact Disc 1 |
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Ludwig van Beethoven
(1770-1827) |
Quartetto
per archi in re maggiore, Op. 18
n. 3 |
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22' 43" |
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Allegro |
5' 31" |
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Andante con moto |
8' 55" |
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-
Allegro |
3' 05" |
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-
Presto |
5' 12" |
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Ludwig van Beethoven |
Quartetto
per archi in fa minore, Op. 95 |
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20' 23" |
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Allegretto con brio
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4' 32" |
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-
Allegretto ma non troppo
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6' 38" |
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Allegro assai vivace ma serioso |
4' 04" |
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Larghetto espressivo. Allegretto
agitato |
5' 09" |
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Luigi Boccherini
(1743-1805) |
Quartetto
per archi in mi bmolle maggiore,
Op. 58 n. 2 (G 243)
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17' 20" |
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Allegretto lento
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4' 46" |
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Minuetto |
4' 06" |
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Larghetto |
4' 44" |
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Finale. Allegro vivo assai
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3' 44" |
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Compact Disc 2 |
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Ludwig van Beethoven |
Quartetto
per archi in la minore, Op. 132 |
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43' 10" |
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Assai sostenuto. Allegro |
9' 31" |
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-
Allegro ma non tanto |
6' 22" |
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-
Canzona di ringraziamento. Molto
adagio
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18' 27" |
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-
Alla marcia, assai vivace
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2' 07" |
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-
Allegro appassionato |
6' 43" |
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Luigi Cherubini
(1797-1828)
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Quartetto
per archi in fa maggiore (Op.
posth.) |
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25' 10"
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-
Moderato assai. Allegro |
7' 37"
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-
Adagio
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6' 53"
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Scherzo (Allegro non troppo) |
5' 17"
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Finale (Allegro vivace) |
5' 23"
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QUARTETTO ITALIANO
- Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli,
viola
- Franco Rossi, violoncello |
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Luogo e data
di registrazione |
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Lugano
(Svizzera) - 1970
(Beethoven)
Ascona
(Svizzera) - 1974
(Boccherini
Ascona
(Svizzera - 1958
(Cherubini) |
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Registrazione: live
/ studio |
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live |
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Producer / Engineer |
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Radio Svizzera
Rete Due
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Prima Edizione LP |
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-
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Prima Edizione CD |
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Classic Voice | TCV 053/03 | 2
CDs - 60' 43"
- 68'
12"
| (p) 2003
| ADD
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Note |
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Registrazioni
inedite
dal vivo.
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Anche
se è Franz Joseph
Haydn a essere
solitamente
ricordato come
"padre del quartetto
d'archi", non va
dimenticato che alla
fine degli anni '60
del Settecento,
mentre Haydn
pubblicava le sue
op. 1 e 2
(contenenti
quartetti
abbastanza affini
al genere
d'intrattenimento
del divertimento
per archi), anche
Luigi Boccherini
(1743-1805)
pubblicava i suoi
primi quartetti,
in cui sviluppava
una scrittura già
impegnata a
sperimentare tutte
le possibilità del
trattamento
paritario dei
quattro strumenti.
Valente
violoncellista,
Boccherini si
affermò nel campo
compositivo con
uno stile
personale, erede
della grande
tradizione
strumentale
italiana del
Settecento e, pur
restando a lungo
legato al suo
impiego in Spagna,
riuscì a essere
conosciuto in
tutta Europa e
ammirato dai
contemporanei (tra
cui lo stesso
Haydn). I sei
Quartetti dell'op.
58 risalgono al
1799: era un
periodo abbastanza
sfortunato per
Boccherini dal
punto di vista
lavorativo
(l'impiego in
Spagna non era più
così sicuro e
soddisfacente), ma
l'interesse per la
sua musica era ben
vivo, soprattutto
a Parigi, dove
pubblicò i
quartetti nel
1803. Quasi negli
stessi anni
(1798-99) nasceva
la prima raccolta
di sei Quartetti
op. 18 di Ludwig
van Beethoven
(1770-1827),
pubblicati a
Vienna nel 1801. A
Vienna nel
frattempo, accanto
al filone del
quartetto-divertimento,
Haydn e Mozart
avevano
sperimentato verso
gli anni '80 un
tipo di scrittura
quartettistica più
"colta",
destinata alla
soddisfazione
delle persone di
gusto e di
intelletto
elevato. Nei
Quartetti
dell'op. 18
convivono così
aspetti
ascrivibili sia
all'ambito del
divertimento
galante, sia a
quello del
quartettismo
colto, mentre in
seguito
l'impegno
compositivo di
Beethoven porta
il quartetto
sempre più nel
versante del
raffinato
esercizio
intellettuale:
sia con la
successiva op.
59 (i tre
Quartetti
Rasumovskij),
sia con l'op. 74
(Quartetto delle
arpe) e con il
Quartetto op. 95
(definito
nell'autografo
"Serioso").
Questo, composto
nel 1810 e
dedicato
all'amico
Nikolaus
Zmeskall, fu
scritto
esplicitamente
per un piccolo
circolo di
intenditori:
come spiegò lo
stesso Beethoven
nel 1816
all'editore a
cui lo
proponeva, fino
a quella data
non era mai
stato eseguito
in pubblico, ma
solo in ambienti
privati. La
destinazione
sempre più
"riservata" e la
scrittura sempre
più complessa e
sperimentale
sarà anche
quella che
caratterizzerà
il seguito della
sua produzione
quartettistica:
il gruppo dei
cosiddetti
"ultimi
quartetti".
LUDWIG
VAN BEETHOVEN
Quartetto op.
18 n. 3
Nel
Quartetto op.
18 n. 3 di
Beethoven un
tema
lunghissimo
del primo
violino, di
tono lirico e
quasi intimo,
apre l'Allegro
iniziale. Esso
circola poi
tra i
componenti del
quartetto, ma
è spesso il
primo violino
a proporre gli
spunti
motivici
nuovi. Essi si
succedono
amabilmente,
mentre la
forma articola
una sua forte
originalità
proponendo,
senza traumi,
inattesi
collegamenti
di tonalità.
Nell'Andante
con moto è
invece il
secondo
violino, con
una sfumatura
timbrica
particolare
(sulla quarta
corda), a
proporre il calmo
motivo
iniziale.
Segue
un'intensificazione
espressiva in
cui la
sostanza
melodica
appare
condivisa e
continuamente
scambiata tra
tutti i
componenti
dell'ensemble.
Allo scherzo,
Allegro con i
caratteristici
spostamenti di
accento,
succede un
Trio fluido,
leggero e
misterioso,
costruito con
semplicità su
una linea di
quattro note
discendenti
nel basso. Il
Presto finale
ha il ritmo
quasi di una
giga sfrenata:
conclude
festosamente
il quartetto
con continui
contrasti,
sorprese e
grande varietà
di soluzioni
di scrittura
che utilizzano
con abilità la
tecnica della
frammentazione
tematica.
Quartetto
op. 95
Un
gesto deciso
quanto mai
tipico dello
stile "eroico"
di Beethoven,
apre l'Allegro
con brio del
Quartetto
op.95 di
Beethoven:
esso ricompare
imperiosamente,
come un
"motto"
ricorrente,
nel corso del
movimento, che
sembra seguire
- all'interno
di uno schema
di forma
sonata -
soprattutto la
logica del
contrasto (si
ascolti ad
esempio il
canto dolce e
legato, in
terzine, del
secondo tema).
Anche
l'Allegretto
non troppo che
segue inizia
con un "motto"
(una linea
discendente
del violoncello
solo) che
ricompare per
articolare le
sezioni di una
forma assai
individualizzata:
si succedono
una sezione di
tono
innocentemente
cantabile; un
calmo fugato;
un altro
fugato con
controsoggetto
più vivace e
una ripresa
dell'atmosfera
elegiaca
iniziale.
Immediatamente
collegato è
l'Allegro
assai vivace
ma serioso,
inizialmente
caratterizzato
da uno stile
concitato,
precipitato e
galoppante. La
sezione
successiva
presenta
invece una
figura pacata
e regolare del
primo violino,
sul tappeto
immobile degli
altri
strumenti: il
contrasto fra
le due sezioni
continua
realizzando
un'articolazione
A-B-A-B-A (Più
Allegro). Un
Larghetto
espressivo
calmo e
intenso,
caratterizzato
dalle ripetute
successioni di
crescendo e
diminuendo,
introduce al
finale
Allegretto
agitato. Il
movimento, di
carattere un
po' danzante,
ma soprattutto
ancora pieno
di contrasti
(suono
acuto-suono
grave; ff-pp;
suono-pausa
improvvisa) si
precipita a
sfogare
l'energia
accumulata
nella sezione
estrema
Allegro,
leggera e
velocissima
come
un'imprevedibile
"comica
finale".
LUIGI
BOCCHERINI -
Quartetto op.
58 n. 2
Il
Quartetto op.
58 n. 2 di
Boccherini si
apre con un
Allegretto
lento, dal
piacevole tema
galante e
simmetrico.
Proposto dal
secondo
violino, viene
subito ripreso
dal primo,
mentre il
violoncello
articola una
figura di
accompagnamento
la cui
mobilità
tradisce la
predilezione
violoncellistica
del suo
autore. Anche
il secondo
motivo
principale
viene
amabilmente
scambiato tra
i due violini
e anche
ripreso, in
forma variata,
dal
violoncello
nel registro
acuto. In
seguito anche
alla viola
viene
riservato un
richiamo
tematico e la
chiusa del
movimento
organizzerà
persino un
breve
"stretto" con
entrate
ravvicinate.
Contrappunto e
galanteria si
sposano anche
nel Minuetto,
che presenta
spunti
imitativi e
caratteristici
contrasti
dinamici nel
Trio. Il
Larghetto si
caratterizza,
oltre per
l'elegante
tono
malinconico,
per un
particolare
trattamento
armonico che
determina
improvvisi
cambi di
luminosità.
Molto
originale è
anche la parte
centrale con
le sue
opposizioni di
dinamica, di
registro e di
densità
sonora. Il
Finale,
Allegro vivo
assai conferma
l'interesse
per la
scrittura
contrappuntistica
che
caratterizza
tutto il
quartetto e i
procedimenti
imitativi si
susseguono,
equamente
distribuiti
fra tutte le
voci.
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Sia
nel caso del
Quartetto di
Cherubini che
in quello
dell'op. 132
di Beethoven,
ci troviamo di
fronte a due
"opere tarde",
scritte nella
maturità dei
due
compositori e
per questo fin
troppo
facilmente
leggibili come
testamento
spirituale o
sguardo
visionario
verso il
futuro. Per
quanto
riguarda
Beethoven si
tratta di uno
dei
celeberrimi
"ultimi
quartetti"
(op. 127; 130;
131; 132; 135
e Grande fuga
op. 133)
scritti fra il
1822 e l'anno
della morte
1827: opere
che insieme
alle ultime
sonate per
pianoforte e a
monumenti come
la Missa
Solemnis e
la Nona
Sinfonia vanno
a costituire
il gruppo
delle "ultime
opere" di
Beethoven.
Nati in
seguito a una
commissione
del principe
Nikolaus
Galitzin (cui
sono dedicati
l'op. 127, 130
e 132), i
quartetti
debordano
dalla
richiesta in
ampiezza e
quantità,
diventando per
Beethoven una
palestra
d'esercizio
per uno stile
totalmente
personale ed
estraneo ai
fermenti
romantici che
ormai si
stavano
affermando in
quell'epoca
(era ormai
completamente
sordo). Volti
al passato
(nel recupero
della matrice
contrappuntistica
e talvolta
nell'uso di
"modi
antichi") e
contemporaneamente
ricchi di
straordinaria
modernità,
essi risultano
quasi
incomprensibili
ai
contemporanei:
forse solo
l'op. 132, per
la possibilità
di un appiglio
interpretativo
offerto dalla
Canzona
di
ringraziamento,
ebbe una certa
diffusione,
mentre gli
altri
quartetti e la
grande fuga
venivano
guardati con
riverenza sì,
ma anche con
enorme
diffidenza.
Solo nel
Novecento sono
stati a pieno
rivalutati per
il loro
interesse
strutturale:
sono stati
incisi decine
di volte, ma
ancora oggi
risentono un
po' della
retorica
dell'"opera
tarda" e
dell'aura
mistica di
opera
"difficile"
(che può
interessare
solo i
conoscitori).
Contemporaneo
di Beethoven
(e da lui
molto stimato,
come da tutti
i colleghi
dell'epoca)
Cherubini,
italiano
trapiantato a
Parigi, si
cimentò in
tutti i generi
musicali: oggi
è noto al
pubblico come
operista
(soprattutto
dopo la
ripresa
moderna della
Medea
interpretata
dalla Calals)
o come teorico
(per il suo
trattato di
contrappunto).
Notevole fu
però la sua
creatività
anche nella
musica sacra e
nella musica
strumentale,
cui vanno
ascritti
almeno la
Sinfonia in re
maggiore, un
quintetto e i
sei quartetti
(di cui
alcuni, come
quello in Fa
maggiore,
scritti dopo
il 1834,
quando aveva
già passato i
settant'anni).
I
quartetti di
Cherubini,
poco eseguiti
finché
l'autore fu in
vita,
sicuramente
furono
recepiti come
strani e
difficili dai
contemporanei,
ma
l'itinerario
artistico
perseguito
dall'artista
in queste
opere non
sembra tanto
un testamento
spirituale,
quanto
l'apertura di
una via di
esplorazione
di possibilità
tecniche e
formali
provenienti da
una strada da
tempo
abbandonata:
il tronco
della musica
da camera
italiana
diffusa in
Francia da
Boccherini, da
Cambini a poi
da
Viotti con il
genere del
"quatuor
brillant". E
quando queste
opere
cominciarono a
essere
conosciute,
non sfuggì a
un critico
come Robert
Schumann il
particolare
tono
italo-francese
introdotto da
Cherubini nel
genere del
quartetto (nel
romanticismo
il quartetto
era infatti
sentito come
creatura
assolutamente
austro-tedesca,
scaturita
dalla triade
Haydn-Mozart-Beethoven):
i quartetti di
Cherubini,
affermò, vanno
apprezzati come
creazioni di
un grande
musicista, ma
come se
fossero
scritti in una
lingua
straniera.
LUDWIG
VAN BEETHOVEN
- Quartetto in
la minore, op.
132
Il
Quartetto in
la minore op.
132 di
Beethoven si
apre con un
Assai
sostenuto in
cui viene
lentamente
esposto per
entrate
successive, a
iniziare dalla
voce profonda
del
violoncello,
il breve
"motto" che
costituisce un
elemento
comune,
circolante non
solo fra i
movimenti di
questo
quartetto, ma
addirittura
nell'intero
corpus degli
"ultimi"
quartetti.
Dopo questo
inizio
concentrato,
il primo
violino scatta
in una cascata
veloce
(Allegro) e
apre la
sezione
espositiva
della prima
idea
principale.
Contrasti
dinamici e
improvvisi
scarti ritmici
si succedono
fino alla
dolce e
tranquilla
melodia della
seconda idea
tematica.
Sorprese e
cambiamenti
nel respiro
delle
figurazioni
(ora spaziate,
ora affannate)
continueranno
a succedersi
per tutto il
movimento, che
solo a fatica
si lascia
inquadrare in
una forma
sonata. Segue
un Allegro ma
non tanto, con
carattere di
scherzo (un
po' lento e
danzato) che
con le sue
frasi regolari
e l'alto tasso
di
ripetitività
ristabilisce
un decorso
equilibrato,
seppure
continuamente
messo in crisi
da note
sforzate e
cambiamenti
d'accento. Il
Trio propone
il
tradizionale
topos della
musica di
cornamuse
realizzato con
una
particolare
disposizione
delle voci che
conferisce un
timbro a
tratti
irreale.
Giustamente
celebre è il
seguente Molto
Adagio dal
titolo Canzona
di
ringraziamento
offerta alla
divinità da un
guarito, in
modo lidico.
Strutturato
nelle sezioni
A-B-A-B-A,
alterna
episodi di
scrittura
"antica" da
corale, di
ieratica,
commovente
lentezza, a
sezioni
lievemente più
mosse
(Andante.
Sentendo nuova
forza): oasi
liriche di
sconvolgente
profondità
espressiva.
L'ultima
sezione, Molto
Adagio,
propone ancora
la scrittura
da corale, con
la dicitura
"con
intimissimo
sentimento" in
cui, in una
scrittura
antica e
liberissima,
la melodia
parafrasata
del corale
conclude in
un'atmosfera
piena di
energia e di
forza
rinnovata.
Dopo di ciò
sembra
iniziare un
movimento
baldanzoso e
scanzonato
(Alla marcia,
assai vivace).
In realtà si
tratta di una
parte di
transizione,
articolata da
cambi di tempo
e di tono. Una
sezione quasi
di recitativo
del primo
violino (Più
Allegro-Presto-Poco
Adagio)
si collega poi
direttamente
all'Allegro
appassionato
vero e
proprio, che
mantiene per
tutta la sua
ampia durata
un carattere
d'intensa e
partecipe
cantabilità.
LUIGI
CHERUBINI -
Quartetto in
fa maggiore
Nel
Quartetto in
fa maggiore di
Cherubini
l'introduzione
Moderato assai
parte dagli
abissi del
registro
grave, in un
tono
concentrato e
"sublime".
Segue
immediatamente
il più fluido
Allegro che
mantiene un
tono serio, a
tratti
tragico, con
inflessioni
cromatiche
caratteristiche.
Come spesso
accade in
Cherubini, non
ci sono
melodie o temi
memorabili: vi
è però un
notevolissimo
impegno
strutturale e
contrappuntistico
e si raggiunge
un risultato
timbrico
personalissimo.L'Adagio
si articola su
una specie di
ostinato del
violino che
percorre le
tre parti
A-B-A. Nella
parte centrale
l'enfasi
aumenta, con
figure
singhiozzate e
pause
improvvise,
mentre
nell'ultima
parte le
fioriture
progressive
determinano
l'approfondimento
espressivo. Il
frizzante
Scherzo trova
la sua
caratteristica
nell'uso
esteso
dell'elemento
della scala e
della nota
ribattuta, ma
è soprattutto
il Trio a
distinguersi
per
originalità,
data dal
registro
acutissimo,
unito al
timbro
particolare
dei suoni "al
ponticello".
L'allegro
vivace
conclusivo
inizia con un
gesto tragico
e prosegue con
un moto
giocoso da
perpetuum
mobile,
organizzato
però in modo
complesso (in
uno schema di
forma sonata
si riconosce
anche un
fugato a due
soggetti). Il
tutto è svolto
però con
magistrale
disinvoltura,
in
un'atmosfera
piacevole in
cui le
caratteristiche
principali
dell'autentica
musica per
quartetto sono
rese alla
perfezione:
l'estremo
impegno
costruttivo si
unisce all'elegante
realizzazione
di una dotta
conversazione.
Maria
Grazia Sità
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