1 CD - 9031-74881-2 - (p) 1993

Ludwig van Beethoven (1770-1827)






Violin Concerto in D major, Op. 61 42' 57" 42' 57"
- Allegro ma non troppo (Cadenza: Beethoven/Kremer) *
24' 13"
1
- Larghetto 8' 52"
2
- Rondo. Allegro (Cadenza: Beethoven/Kremer) *
9' 52"
3
Romance for Violin and Orchestra in G major, Op. 40 5' 53" 5' 53" 4
Romance for Violin and Orchestra in F major, Op. 50 7' 41" 7' 41" 5




 
Gidon Kremer, Violin


The Chamber Orchestra of Europe
* Vadim Sacharov, piano / Geoffrey Prentice, timpani
Nikolaus Harnoncourt, Dirigent
 
Luogo e data di registrazione
Stefaniensaal, Graz (Austria):
- 14 & 15 luglio 1992 (Op. 61)
- luglio 1992 (Opp. 40 & 50)
Registrazione live / studio
live (Op. 61) / studio (Opp. 40 & 50)
Producer / Engineer
Wolfgang Mohr / Renate Kupfer / Helmut A. Mühle / Michael Brammann
Prima Edizione CD
Teldec - 9031-74881-2 - (1 cd) - 57' 01" - (p) 1993 - DDD
Prima Edizione LP
-

Note
E' sorprendente il fatto che Beethoven abbia cornposto solamente un concerto per violino. Forse il musicista avvertiva di aver cornposto un'opera di tale eccezionale levatura che assai difficilmente avrebbe potuto scrivere un pezzo degno di stare alla sua caltezza. Assai più di quanto volessero ammettere gli interpreti, a Beethoven interessava unicamente di esprimere pensieri poetici e stati d'animo lirici, senza tuttavia perdersi in eccessi romantici. Beethoven si lamentava spesso che la sua epoca fosse così povera di fantasia, motivo per cui in realtà avrebbe dovuto sentirsi in dovere di corredare tutte le sue composizioni con titoli programmatici, cosa che però fece solo molto di rado.
Il fatto che Beethoven abbia fatto cominciare il suo concerto come una sorta di concerto per timponi ha sempre fatto sì che ci si domandasse la ragione di ciò, tanto più che veniva avvertito un netto stacco ripetto al lirismo del pezzo. D'altro canto però non si poteva fare a meno di cogliere un evidente tratto di drammaticità, per lo meno nel primo movimento. Determinante rimase tuttavia il fatto che non si trattava affatto di un concerto virtuosistico, come invece si aspettava il pubblico all'epoca della prima esecuzione dell'opera, avvenuta a Vienna nel dicembre del 1806. In quella occasione sembrò infatti già come se Beethoven, con i colpi di timpano che vanno acquistando ulteriormente importanza nel corso del primo movimento, avesse voluto creare una sorta di contrappunto alla cantabilità del violino, tanto più che il compositore ha dotato i due temi del primo movimento di un carattere fondamentalmente lirico. Il secondo movimento è dominato invece da un dialogo carico d'atmosfera e ricco di fantasia tra l'orchestra e il solista, il quale intona anche un lungo monologo assorto e lontano. Ciononostante, quasi inconsapevolmente, una vibrante eccitazione pervade il canto, quando la melodia variata del violino solo viene parafrasata e sembra quasi andare alla ricerca di qualcosa, in un fluire di immagini evanescenti. Con una cadenza dal carattere meditativo il solista conduce il movimento verso il finale, il quale scorre via con brio ed umore, tuttavia senza far veramente suoi i toni eccessivamente chiassosi e tragici e pervaso invece di quel tipo di umorismo che è caratteristico della musica di Beethoven. Si incontrano quindi degli effetti di sorpresa e dei mutamenti improvvisi, dal carattere quasi buffonesco, dopo i quali questo Rondò sembra quasi estinguersi lentamente su di un tema del primo violino, che, esaurito, si va perdendo in lontananza, tanto che c'è bisogno di due energici accordi per segnalare la fine del pezzo.

Cosa strana oppure no, dopo la prima esecuzione del suo concerto Beethoven ebbe a scontrarsi con aspre critiche. La parte solistica fu eseguita in quella circostanza dal giovane (appena ventiseienne) maestro concertatore del Theater an der Wien, Franz Clement, un violinista assai amato dal pubblico, il quale del resto aveva commissionato il concerto a Beethoven. Il compositore però terminò il lavoro con un così stretto margine di anticipo rispetto alla data fissata per l'esecuzione, che praticamente non rimase più tempo per le prove. Tuttavia quelle osservazioni radicali che un critico presente al concerto ebbe ad esprimere, non dovrebbero essere dipese all''insufficiente bravura degli interpreti, perchè appare evidente invece che già in quella circostanza ci si fosse potuti fare un'idea corretta della composizione. E' probabile allora che al momento della prima esecuzione il pubblico si sia ricordato delle due romanze per violino e orchestra che Beethoven aveva scritto con ogni probabilità solo pochi anni prima. Di esse non si conoscono purtroppo le date della prirna esecuzione e si sa unicamente che i due pezzi furono pubblicati rispettivamente nel 1803 e nel 1805. In essi Beethoven aveva reso omaggio ad una moda allora assai difiusa, che si era sviluppata in seguito alla raccolta di canzoni popolari di Herder del 1779 e che aveva prodotto una ridda di piccoli movirnenti dal carattere di canzone, le romanze appunto. Entrambe le romanze di Beethoven fanno pensare a scene liriche di dimensioni piuttosto ampie scritte in veste strumentale.
Nella Romanza op. 50, che con ogni probabilità è stata scritta prima dell’op 40, si incontra verso la fine uno stile virtuosistico, che evidentemente era proprio ciò che gli appassionati di musica viennesi si attendevano anche dal Concerto per violino e orchestra. Assai significativo appare inoltre il fatto che dopo la prima esecuzione del concerto dovettero trascorrere ancora molti anni prima che il pubblico accettasse veramente quest'opera (ln realtà ciò riuscì unicamente all'allora tredicenne Joseph Joachim, il quale fece divenire veramente "popolare" il concerto beethoveniano eseguendolo a Londra sotto lo direzione di Felix Mendelssohn-Bortholdy.) L'estensione del primo movimento per ben oltre 500 battute non fu quindi più sentita come una sfida alla tradizione, come invece evidentemente ritenne il succitato critico della prirna esecuzione. Questi scrisse infatti:

"Il giudizio degli esperti circa il concerto di Beethoven è unanime: esso gli riconosce una qualche beltà, ma ritiene che nel complesso il concerto appaia spesso assai slegato e che le infinite ripetizioni di alcuni passaggi dozzinali potrebbe stancare facilmente. Esso dice inoltre che Beethoven farebbe bene a impiegare il suo talento indiscutibilmente gronde in maniera più conveniente, regalandoci così delle composizioni che si pongano sullo stesso livello delle sue prime sinfonie in do o in re, del suo grazioso Settetto in Mi bemolle, del profondo Quintetto in re e di numerose altre composizioni giovanili, le quali lo collocheranno sernpre tra i massimi cornpositori. Ma allo stesso tempo si teme che se Beethoven proseguirà per questa strada, ciò finirà per arrecare danno a lui e al pubblico. La musica potrebbe ben presto arrivare a tal punto, che chiunque non sia esattamente dototo di una certa familiarità con le regole e le difficoltà dell’arte, si trovi a non provare più alcun diletto in essa, ma al contrario, a causa di una gran quantità di idee sconnesse le une dalle altre e ammassate alla rinfusa e a causa di un interminabile tumulto di alcuni strumenti, che dovrebbero caratterizzare unicamente l'entrata, abbattuto, con unicamente una sgradevole sensazione di spossatezza, finisca per abbandonare del tutto il concerto...."
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La cadenza è di Beethoven: Si tratta di una rielaborazione della cadenza originale scritta da Beethoven per la versione pianistica del concerto per violino, composta per per pianoforte ovvero per pianoforte e timpani. La rielaborazione di Gidon Kremer è per violino, pianoforte e timpani, mentre i frammenti delle cadenze, corrispondenti in questa versione al manoscritto originale ovvero alla parte del pianoforte, vengono suonati nella esecuzione da concerto da un pianista dietro le quinte e diffuse da altoparlanti. Non si tratta in nessun caso di un arbitrario ampliamento o di una variazione delle strutture del manoscritto originario: l'unico intervento riguarda infatti la strumentazione.

Wolf-Eberhard von Lewinski
Translation: Francesca Farinella-Duodu

Nikolaus Harnoncourt (1929-2016)
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