Ave Vergil. Gedicht
© 1981 SUHRKAMP VERLAG, FRANKFURT AM MAIN

Ave Virgilio. Carme
traduzione di Anna Maria Carpi
Guanda - Fenice Contemporanea
Prima edizione: 1991 - 89 pagine - 12 x 20 cm.
© 1991 UGO GUANDA EDITORE S.P.A., PARMA
ISBN 978-88-7746-514-6


"Col tanfo di caseificio, col / chiasso degli zoccoli / io sono, ingiustificatamente, / la polvere delle ossa dei miei / indebitati vicini..." Composto verso il 1960, pubblicato nel 1981 , e definito dallo stesso Bernhard come un testo di assoluta pregnanza all’interno della sua produzione narrativa, Ave Virgilio rappresenta l’esito di due tendenze stilistiche apparentemente contraddittorie. Riflessione teorica e concrezione corporea, teologia negativa e ossessione materica, proiezione simbolica e décor regionalistico convergono nella stesura di un manufatto nero ed oracolare. Infatti, benché il libro rechi le tracce di due soggiorni all’estero (Gran Bretagna e Italia), il suo vero cuore sta nel lacerante sentimento di attrazione e odio che l’autore nutre verso la propria terra: "Il mio sapere ce l’ho / dai solchi nei campi di patate, / dall'oscurità del porcile / ho appreso cielo e terra, / nel rotolio dei mucchi di mele ottobrine / ho il mio salmo incessante..."
Osti, parroci, sindaci, mastri birrai, arcivescovi, scrivani comunali, contadini e sposi, figure dell’autorità o del martirio (il Padre contro il Figlio) insieme a baluginanti santi intercessori quali Catullo, Dante, Pascal, o Virgilio, compongono il quadro di un inferno bucolico fatto di sangue, cunei nella carne, mattatoi. Lo si vede ad esempio nell’allucinato Canto del figlio del macellaio: "Tu smembri abilmente il bianco / corpo, / tu fai uso improprio degli strumenti del mio pianto, / affondi entrambi i coltelli / nel cranio ottobrino..." Al fondo di tanti sussulti arde una foga di profanazione, e dunque un senso del sacro, atroce, intollerabile, che culmina in immagini violentemente espressionistiche: "Col mio coltello ben affilato / incisi la tua bellezza / nella cotica del cielo".
In questo "apostolato della carne affurnicata", la sofferenza del torturato si tramuta in accensione lirica e patetica, come in certe strazianti invocazioni: "Ottobre, compare mio; mio vile padre / alcool terribile / che sulle pareti dell’intestino mi scrive / 'pena, pena, pena, pena'", o ancora: "Inverno, mi vergognavo della mia lingua, / e chiamavo, chiamavo". Quello della lingua corrisponde, in effetti, a un tema centrale della raccolta. Profeta dei deformi, l'io narrante erige il suo carme sulla fondamenta della prosa, tra nomi e contronomi. Così, la sua voce del lutto attraversa la realtà creaturale in tutto il suo orrore, fino a produrre, nel cerchio di poche pagine, un'esperienza poetica tra le più originali e convulse del secondo Novecento. (V.M.)

Thomas Bernhard è nato in Olanda nel 1931 ed è morto a Ohlsdorf, in Austria, nel 1989. Di questo autore Guanda ha pubblicato (nella "Prosa contemporanea") Ja, L'italiano e In alto; e su di lui, le Conversazioni di Thomas Bernhard a cura di Kurt Hofmann (nei "Testi e documenti della Fenice").


In copertina: Sandro Chia, Zattera temeraria, 1982 (particolare).